Eolico in Basilicata. Energia pulita e soldi sporchi?

21 aprile 2019 | 19:42
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Eolico in Basilicata. Energia pulita e soldi sporchi?
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Eolico in Basilicata. Energia pulita e soldi sporchi?
Eolico in Basilicata. Energia pulita e soldi sporchi?

Il business del vento è una matassa che bisogna sgrovigliare

L’eolico nel corso di circa 10 anni si è trasformato in una crociata d’affari del Nord verso il Sud. Decine di Società con sede legale tra la Lombardia, il Trentino e il Veneto, hanno conquistato interi territori del Mezzogiorno, specie in Basilicata, usando l’arma del denaro. Io ci metto i soldi e il know how, tu ci metti il resto. E il resto sarebbe il territorio, i paesaggi, le autorizzazioni facili, le compiacenze della pubblica amministrazione, i faccendieri locali. Parchi eolici anche laddove il vento non muove foglia. È il business bellezza.

Non è l’energia alternativa o rinnovabile o pulita ad essere al centro di questo business ma il business tout court. Un affare che fa proliferare società di progetto o esecutrici, gemmate da altre società, tutte a carattere locale legate a gruppi di business che a loro volta sarebbero legati anche a riferimenti politici. Una lobby che in questi anni ha lavorato in silenzio tra le prerogative della UE e quelle del governo nazionale. Una lobby che a livello territoriale ha ottenuto più di quanto sperasse.

Un giro d’affari di centinaia di milioni di euro nel quale personaggi e clan di dubbia affidabilità hanno imposto le loro regole. È il caso, non l’unico, di Vito Nicastri in Sicilia a cui si lega la storia giudiziaria recente di Paolo Arata e Armando Siri.

In Basilicata a partire dal 2010-2013 i soldi (e la compiacenza) ce li ha messi anche chi in loco aveva una certa influenza sul sistema di relazioni nella sfera della pubblica amministrazione e in quella bancaria. Ecco il vero asso nella manica dei faccendieri del Sud: le relazioni, la capacità di influenzare funzionari pubblici e uomini politici per ottenere norme di favore o addirittura il silenzio sulla violazione di leggi.

L’Eolico facile e selvaggio ha rintuzzato l’olfatto di chi annusava l’affare dal nord e cercava alleanza nel sud.  In alcune occasioni, tanto per dirne una, abbiamo assistito alla violazione o al raggiro palese della legge n. 1 del 3 gennaio 1978. Quella legge sancisce che “gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza ed indifferibilità cessano se le opere non hanno avuto inizio nel triennio successivo all’approvazione del progetto”. Se in Basilicata qualcuno avesse fatto rispettare quella norma quanti parchi eolici e quante opere connesse sarebbero cessate già da tempo? L’ultimo tentativo di “favoreggiamento”, il raddoppio della potenza di energia installabile da fonte eolica sancito con una legge regionale probabilmente incostituzionale.

Ma il business è il business. E decine di funzionari, imprenditori, sportelli bancari, studi di progettazione, società veicolo e società esecutrici, coperti da un ombrello politico spesso invisibile, hanno fatto strage di paesaggi e di terreni agricoli di qualità. Costruendo un labirinto di società nel quale qualcuno potrebbe aver giocato altri interessi che nulla avrebbero a che fare con l’energia pulita.

In questa giostra non è escluso che siano saliti anche uomini, legati ad ambienti malavitosi, in giacca e cravatta interessati a riciclare proventi da attività illecite. Intorno all’eolico, si muoverebbero fatti e personaggi di dubbia reputazione. E si sarebbero mossi uomini politici di ieri e di oggi.

La matassa prima o poi dovremo pure sbrogliarla.

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