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Basilicata e scorie nucleari. Oltre 3mila metri cubi di materiale radioattivo

5 aprile 2019 | 17:15
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Basilicata e scorie nucleari. Oltre 3mila metri cubi di materiale radioattivo

E’ stato pubblicato nei giorni scorsi l’Inventario nazionale dei rifiuti radioattivi dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin)

Non di solo petrolio o discariche irregolari (23 su tutto il territorio regionale) muore la Basilicata. No. A destare preoccupazione anche la presenza di scorie nucleari e radioattività. E per averne la conferma basta dare un’occhiata all’Inventario nazionale dei rifiuti radioattivi, pubblicato nei giorni scorsi, dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin). L’Ispettorato nazionale, istituito nel 2014, è pienamente operativo dall’agosto 2018. 

L’Inventario, aggiornato al 31 dicembre 2017, è disponibile sul sito web dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione – Isin. Il documento contiene informazioni relative a volumi, masse, stato fisico, attività specifica,  contenuto radioattività e condizioni di stoccaggio dei rifiuti, compresi il combustibile esaurito e le sorgenti dismesse. 

Ma vediamo nel dettaglio qual è la situazione in Basilicata fotografata dall’Inventario dell’Isin

Per quel che concerne il materiale ad alta attività- si legge nel documento- va premesso che più del 90% del combustibile irraggiato delle quattro centrali nucleari nazionali dismesse non si trova più in Italia. E’ stato inviato in Francia e in Gran Bretagna, dove è stato riprocessato. Una quota è diventata materiale riutilizzabile, la parte residua, considerata rifiuto radioattivo, è stata stoccata in contenitori che faranno rientro nel nostro Paese. Del restante  combustibile esaurito, non inviato all’estero e che ammonta oggi a sole 16 tonnellate, una parte si trova all’Itrec di Rotondella

Il combustibile irraggiato è quel rifiuto che, rimosso dal nocciolo di un reattore, può essere considerato una risorsa riutilizzabile o può essere destinato allo smaltimento, se considerato radioattivo. L’attività radioattiva di queste sostanze, espresse in TBq (Terabequerel – 1012 Bequerel), vedono il Piemonte detenerne il valore maggiore (31.137 TBq), seguito da Lombardia (4.278), Basilicata (1.562) e Lazio (42).

Su un totale di 30.497,3 m3, è il Lazio la regione con la maggiore “quantità” di rifiuti, con 9.241 m3, pari al 30,30% del totale; a seguire, la Lombardia, con 5.875 m3 (19,26%), il Piemonte, con 5.101 m3 di rifiuti radioattivi (16,73%), l’Emilia Romagna (3.211 m3 e una percentuale del 10,53%), la Basilicata (3.150 m3, pari al 10,33%) e la Campania (2.913 m3, pari al 9,55%).

Itrec Rotondella. Nell’impianto, in provincia di Matera, sono depositate 64 barre di combustibile irraggiato di uranio-torio, stoccate all’Itrec di Rotondella, e provenienti dal sito americano di Elk River. Le barre, 84, arrivarono dagli Stati Uniti, in Basilicata, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta. Venti sono state riprocessate e hanno dato origine a rifiuti radioattivi di terza e seconda categoria. Le 64 barre di uranio attualmente presenti a Rotondella, si legge nell’Inventario Isin, hanno un’attività pari a 1.562 migliaia di miliardi di Becquerel (Unità di misura dell’attività delle sostanze radioattive ndr)

Il deposito unico di scorie radioattive. Le scorie radioattive lucane, insieme a quelle disseminate in tutt’Italia dovranno essere stoccate in un unico deposito nazionale. Nel marzo 2018, il ministro uscente dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, annunciò imminente la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ad ospitare il deposito in cui far confluire le scorie nucleari e i rifiuti radioattivi.

Va ricordato che la Cnapi, sarebbe stata consegnata nel 2015 al Governo da Sogin, la società che si sta occupando del decommissionig, ossia dello smantellamento degli impianti nucleari, presenti sul territorio nazionale. Dopo diversi annunci del Governo, l’elenco delle aree potenzialmente idonee ad ospitare i veleni radioattivi resta chiusa in un cassetto. Nel frattempo c’è chi ha ipotizzato lo stoccaggio unico anche fra la Puglia e la Basilicata. Notizia che, nonostante fosse priva di fondamento, ha generato preoccupazione e riportato alla mente la grande mobilitazione di Scanzano Jonico del 2013, contro la costruzione di un sito di scorie nucleari.

L’ombra nera del nucleare. In Basilicata i timori legati alla presenza di barre radioattive continuano ad agitare il sonno dei lucani in considerazione anche di quanto accaduto nella primavera del 2018 quando, proprio all’Itrec di Rotondella, la magistratura ha disposto il sequestro di tre vasche di raccolta delle acque di falda e di una condotta di scarico in un’inchiesta su una presunta contaminazione delle acque sversate in mare.

Dall’indagine è emersa la presenza di sostanze cancerogene – cromo esavalente e tricloroetilene – in una falda acquifera che attraversa l’area dell’impianto e mediante una condotta finisce nello Jonio. I due agenti cancerogeni, in base alla ricostruzione degli investigatori, sarebbero stati utilizzati per il “riprocessamento” delle barre di uranio, custodite all’interno dell’impianto. 

In Basilicata, radioattività anche nell’ex area industriale di Tito Scalo. Se non bastasse quanto già scritto a proposito dell’impianto di Rotondella, e certificato dall’Isin, vale qui la pena ricordare che presenza di radioattività è stata rilevata anche all’interno dell’area industriale di Tito Scalo, alle porte di Potenza. Le vasche dell’ex Liquichimica di Tito, contenenti fosfogessi, hanno sprigionato Radio 226 in misura quattro volte superiore ai limiti consentiti. A confermarlo le indagini radiometriche effettuate da Arpab. Questo accadeva nel 2013. Nel giugno 2018 è stato affidato il servizio di caratterizzazione dell’intera area, inserita tra i Siti nazionali in attesa di bonifica nel 2002.

Ma questa è un’altra storia che attende ancora la parola fine e che conferma, se ve ne fosse bisogno, quanto la Basilicata sia stata maltrattata in nome di false promesse di sviluppo e benessere che hanno lasciato il posto a cimiteri pieni di veleni.