La Lega di Pittella, l’agitatore Salvini e il trasformismo lucano
Gli ex fedelissini del governatore uscente hanno preferito migrare verso un posto sicuro abbandonando “la lotta progressista” per una “poltrona leghista”
In questi giorni il numero uno della Lega, Matteo Salvini, sfila tra le strade del potentino e del materano, in testa ai sondaggi e in barba al suo ruolo istituzionale che gli imporrebbe un certo codice etico/comportamentale.
Il centrodestra vola però, ed è questo il bello, non solo per il successo del messaggio leghista e del suo ingombrante leader. Sono cinque le liste a sostegno dell’ex “numero due” della GdF, Vito Bardi, scelto da Berlusconi secondo una precisa strategia elettorale di redistribuzione delle regioni italiane tra i partiti di centrodestra. In queste cinque liste però prolificano gli ex de fedelissimi di Marcello Pittella, l’ex governatore di centrosinistra, indagato nell’inchiesta giudiziaria “Sanitopoli”.
In poche parole gli ex, facendo un’attenta “analisi costi-benefici”, hanno preferito migrare verso un posto sicuro nel consiglio regionale abbandonando “la lotta progressista” (per citare l’encomio del PD a Pittella) per una “poltrona leghista”.
Inequivocabilmente, il caso giudiziario di Pittella pesa sul voto ma soprattutto sulle liste. La candidatura del farmacista di turno, Carlo Trerotola, non ha risolto i problemi di credibilità del Partito Democratico, uscito fortemente condizionato dall’inchiesta che ha visto coinvolto il suo “uomo di punta” in Basilicata. La spaccatura con Liberi e Uguali che ha bocciato il Pittella-bis ne è un esempio.
Ecco perché molti ex fedelissimi, come Nicola Benedetto (ex assessore dei Trasporti) o Carmine Cicala (fratello del sindaco di Viggiano) la cui famiglia è vicinissima a Pittella, hanno preferito abbandonare la causa pittelliana per sposare quella di Vito Bardi. Anche Franco Cupparo e Piergiorgio Quarto, prima uomini della causa progressista, hanno preferito ritagliarsi un posto nelle liste di centrodestra. Non sono in pochi.
Ovviamente, l’ex governatore non ci sta e ha lanciato un’invettiva: “A chi mi ha tradito auspico il perdono di Dio”. Il trasformismo, però, non scoraggia l’ex governatore che seppur uscito sconfitto dal braccio di ferro per ricandidarsi ha deciso di correre in un’altra lista per il consiglio regionale.
Il Pd, dal canto suo, non se la passa meglio. Oltre alle altre due fazioni politiche (centrodestra e M5S), dovrà vedersela anche con una crisi interna che lo ha costretto a presentarsi con un simbolo minuscolo all’interno della lista “Comunità democratiche”. Tutto il contrario, invece, per la Lega che, muovendosi in una terra straniera, ha preferito puntare più sul proprio uomo di fiducia (Matteo Salvini, sollevatore del popolo) e sul marchio che in questo periodo “tira”, anche e paradossalmente in una regione dell’estremo sud.
Il centrosinistra non potrà nemmeno contare sulla sua trentennale strategia elettorale in Basilicata: candidare uomini ramificarti nel territorio e capaci di recuperare il più alto numero possibile di voti. Perché? Per il semplice motivo che la Lega, con gli uomini di Pittella, è riuscita a duplicare questa tattica.
Il brand “Salvini”, gli uomini di Pittella e tanti slogan, queste sono le armi in mano al centrodestra che tra Potenza e Matera è stato accolto festante dalla maggior parte degli elettori. Le contestazione, invece, provengono da coloro che non dimenticano, soprattutto gli sproloqui della Lega Nord contro i terroni. A Policoro e a Potenza manifestazioni contro i migranti e contro la Lega hanno accolto Salvini al grido di “Viva i terroni”.
Anche Luigi Di Maio, meno presente del suo alleato di governo, ha fatto quello che ha potuto per presentare Antonio Mattia, 47 anni, potentino e in corsa anche come consigliere. Quest’ultimo particolare, non è un dettaglio ma un’indicazione di aspettativa. La nuova legge elettorale oltre a blindare il candidato presidente eliminando il voto disgiunto permette solo ai primi due classificati di entrare in consiglio: il presidente eletto e il miglior perdente. Di Maio parla di ambiente e petrolio, chiede il voto per cambiare “da vecchia a nuova politica”, al contrario di Salvini che ci si allea, e lancia un appello: “Il Movimento è l’unica alternativa al disastro economico e ambientale della regione”.
Un disastro ambientale perpetrato dal centrosinistra, con il tacito consenso di chi, a Palazzo Chigi, proponeva decreti ed emendamenti per raddoppiare l’estrazione petrolifera mentre le persone si ammalavano di cancro. Per 150 milioni l’anno di royalties (una mancia), la nostra classe dirigente ha venduto la salute di centinaia di lucani a multinazionali del petrolio che, in barba al diritto alla salute costituzionalmente garantito, ha sversato 400mila tonnellate di rifiuti nelle falde acquifere.
In vent’anni di governo Berlusconi, alleato regionale di Salvini, e in cinque di Marcello Pittella (ricordiamo anche che non ha mosso un dito) non è cambiato nulla in Basilicata, anzi. I dati Bankitalia parlano chiaro: la situazione è tragica, sia a livello economico che sociale. Sono migliaia i giovani che lasciano la propria terra in cerca di fortuna, a causa della disoccupazione giovanile (al 33%) e della scarsa speranza di assistere ad un cambiamento.
Il centrosinistra e il centrodestra, nonostante i proclami di Zingaretti e Salvini, nascondono ancora molte contraddizioni che partono dalla base stessa del partito che, unite all’ambiguità degli stessi uomini, non sembrano ispirare molta fiducia. Soprattutto per coloro che, pur votando contro Pittella, si ritroverebbero i suoi uomini nel consiglio regionale seduti su poltrone differenti (quelle della Lega).
Il Movimento Cinque Stelle, dal canto suo, guidato da quell’intramontabile (e condivisibile) sentimento anti-establishment, pecca ancora di interpreti e di esperienza. Non sono una giustificazione, soprattutto per coloro che si fanno portavoce di un radicale cambiamento al quale gli elettori hanno il diritto di credere o meno. Il messaggio, però, è chiaro: “Il Movimento Cinque Stelle è pronto ad intraprendere un lungo cammino avente il fine di sradicare il vecchio sistema, corrotto e colluso, per consegnare ai lucani il futuro che meritano”.
Le elezioni regionali lucane saranno un referendum tra nuova e vecchia politica.
La Basilicata, terra bellissima, ha bisogno di certezze per poter sopravvivere, di progetti a lungo termine che non cadano preda dei gruppi di pressione da sempre presenti all’interno della regione e rafforzati dalla cattiva politica locale e nazionale.
La Basilicata, in poche parole, ha bisogno di coerenza.
Donatello D’Andrea blogger