Elezioni regionali. Quasi quasi mi faccio una lista

23 gennaio 2019 | 12:39
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Elezioni regionali. Quasi quasi mi faccio una lista

Quest’anno sarà un anno di svolta in Lucania. O si parte con un meraviglioso progetto di riscatto economico e sociale oppure assisteremo alla nascita dei nuovi cacicchi

“Una brutta giornata/ chiuso in casa a pensare/ una vita sprecata/ non c’è niente da fare / non c’è via di scampo / mah, quasi quasi mi faccio uno shampoo”.

Questo il testo di una vecchia canzone del grande Giorgio Gaber.

Finalmente, la giunta regionale capitanata da Flavia Franconi ha convocato le elezioni per il consiglio regionale della Regione Basilicata e a me, girando per i social e chiacchierando con qualche amico ben informato, non mi viene nulla altro in mente che la canzone di Gaber, ma con un finale diverso: quasi quasi mi faccio una lista! La fanno tutti! Che so’ fesso io? Direbbe l’immenso Totò.

Parecchie pare che ne faccia l’uscente governatore Marcello Pittella. Già, logico. La famiglia è assediata nella ridotta di una Salò del potere lucano plasticamente evidenziato nella passerella televisiva dell’inaugurazione di Matera 2019. Un’immagine di potere in declino, auto celebrante con vecchi e corrucciati arnesi incapaci di far festa e dove il nuovo che avanza viene accolto con freddezza, ma non dai materani. Urge chiamare a raccolta sia i vecchi miracolati sotto le bandiere di delibere fatte in articulo mortis dalla giunta uscente sia i nuovi miracolati che, come i nobili della scaletta, sperano che dalla raschiatura del barile delle pubbliche provvidenze lucane esca qualcosa anche per loro.

Neanche abbiamo finito di disfare albero e presepe e la mai tanto attiva giunta Pittella / Franconi sforna delibere a ritmo forsennato con nomine, protezione del tartufo, ambulatori odontoiatrici, questioni di terreni e di usi civici e, giusto per strizzare l’occhio a qualche utile idiota che ancora non ha capito che nella sedicente sinistra (Pittella, LEU, PD e affini) nulla rimane di sinistra, ecco la delibera per il ricorso in cassazione sulla legge sull’immigrazione.

Nel PD il caso politico sconfina ormai nel caso umano. Una famiglia vede sgretolarsi dopo 60 anni le radici del proprio potere e, dopo la legnata del 4 marzo che ha visto Gianni senatore grazie ai salernitani, si chiude nella ricotta della speranza di un riscatto nelle elezioni regionali. Sia mai che Marcello e Gianni debbano tornare a fare il medico! Chissà se ricordano ancora quanto avevano appreso sui banchi dell’università? È un caso umano anche quello della giunta che si espone al rischio di pesanti conseguenze personali per le continue delibere a rischio di illegittimità fatte per soddisfare i bisogni di un signore che interpreta la politica con piglio feudale. Più che caso umano si rasenta lo squallore in sindaci, vassalli, valvassini e valvassori che all’improvviso pontificavano sulla data delle elezioni con eccentriche argomentazioni. Per pietà non ne ricordo pubblicamente i nomi, ma i loro ragli d’asino, fatti con prosopopea da Azzeccagarbugli, come ovvio non sono saliti al cielo. Dei servi sciocchi di un padrone senza vie di scampo mi rimbombano ancora nelle orecchie le strampalate teorie, piene di amor patrio e rispetto dei soldi pubblici da risparmiare accorpando le elezioni, stracciate come fuffa farlocca e inqualificabile senza appello dalla sentenza del T.A.R.

Si evidenzia in questo modo che il PD, o quel che ne resta, in specie per la componente renziana, è al Sud proprietà privata di cacicchi impresentabili con segretari regionali e presidenti di giunta facenti funzione.

Mentre scrivo ancora non sono chiari gli antagonisti alla carica dell’unico candidato che da agosto prosegue la sua corsa solitaria: Antonio Mattia. Mentre il M5S da mesi affina il programma gli altri schieramenti non sembrano in grado al momento di esprimere una sintesi. Poco male perché la cosiddetta società civile di sintesi e di liste ne sta preparando diverse. Una per ogni leadership di associazione o movimento e una per ogni leadership per carriera al termine da mettere al servizio di un manipolo di sostenitori. Per carità! Ci si sacrifica per il bene comune. Non lo fo per amor mio ma per dare un figlio a Dio! Questa è però una cosa che mi dispiace.

Non ne capisco il senso. Non capisco a quali personali necessità, oltre quelle enunciate da Gaber, risponde l’esigenza di fare una lista civica. Quali ambiziosi programmi di rinascita economica e sociale rendono imperativa la creazione di queste liste? Dove sono esposti questi complessi e articolati programmi?  A quali narcisistici bisogni risponde la necessità di frammentare quadri e opportunità?

Eppure delle associazioni e delle competenze lontane e equidistanti dalla politica e dai partiti c’è un forte bisogno. C’è in queste un’importanza sociale primaria. C’è bisogno di cani da guardia che proteggano i cittadini dal potere e che chiedano l’impossibile. Il bisogno di queste associazioni è fortissimo nella battaglia contro i petrolieri. Ci vogliono movimenti che pretendano la cacciata dei petrolieri che hanno ucciso la nostra terra. Senza questi movimenti o, mai sia, con questi movimenti mortificati dalle urne, che possibilità avrà chi governerà la regione di spingere al massimo possibile lo stop alle estrazioni? Non conosco le carte che hanno in mano i petrolieri, queste saltano fuori solo al momento opportuno. Al momento in cui sono utili per spegnere ogni velleità. L’ambientalismo duro e puro e irresponsabile, nel senso di privo di responsabilità della gestione della cosa pubblica, è necessario per dare forza all’ambientalismo che si sporca le mani cercando il minor male possibile. È indispensabile per far tenere la rotta migliore a chi, per compiti istituzionali, dovrà fare pesanti bagni di realtà.

La situazione del prossimo governo regionale sarà complessa sul piano economico e ambientale. Da anni sono convinto che la regione possa intraprendere la via dello sviluppo ma per farlo occorre cambiare paradigma, occorre che la società civile si scelga un interlocutore privilegiato con cui litigare ma costruire. Se le prossime elezioni saranno vinte, Dio Guardi! ancora dalla sinistra o dalla storica sponda di destra all’ignobile potere che ha condotto la regione nel baratro attuale, la prossima occasione ci sarà tra venti anni.

C’è bisogno di sparigliare tra Benedetto, Viceconte, Pittella e i tanti sindaci e sindachicchi che passano con faccia di duro bronzo dalla sinistra di governo alla Lega anche per un poco di sottogoverno. Franza o Spagna purché se magna!

Quest’anno sarà un anno di svolta in Lucania. O si parte con un meraviglioso progetto di riscatto economico e sociale oppure assisteremo alla nascita dei nuovi cacicchi. O la società civile trova e costruisce una sponda nel governo regionale o la nostra terra per quanto ipocritamente amata sarà realisticamente abbandonata.