Il ragù Star di Salvini. Estetica e liturgia della politica leghista

4 dicembre 2018 | 18:03
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Il ragù Star di Salvini. Estetica e liturgia della politica leghista
Il ragù Star di Salvini. Estetica e liturgia della politica leghista
Il ragù Star di Salvini. Estetica e liturgia della politica leghista
Il ragù Star di Salvini. Estetica e liturgia della politica leghista

L’esaltazione dell’egoismo familiare, dello status di cittadino primigenio, di nuove forme di conservatorismo e di nazionalismo, possono dirigersi verso la rifondazione di un’inquietante ideologia

La politica negli ultimi anni ha subito profonde trasformazioni strutturali, nell’organizzazione, nelle relazioni con la base dei cittadini. In larghi strati della popolazione (classi medie e operaie, precari, disoccupati, pensionati) sono penetrati simboli e percezioni che esaltano paura e insicurezza insieme a valori pre-moderni legati alla famiglia tradizionale alla tutela della piccola proprietà privata, dei confini familiari e nazionali, della patria, della divisa, delle tradizioni religiose cristiane. Gran parte di questa operazione “politica e culturale” si gioca sui social network e in televisione. In questi campi emerge un’estetica della politica che esalta la semplicità del leader (capo, capitano). Abbondano i post gastronomici che rappresentano Salvini in veste di papà, di uomo, di cittadino medio che mangia la nutella, gli spaghetti, un bicchiere di vino rosso.

Il ricorso a miti e simboli unificanti, quelli della famiglia tipo italiana, pasta Barilla, sugo Star, vino rosso, nutella, trasforma l’azione politica in una rappresentazione drammatica della quale il popolo si sente attore, partecipe di qualcosa che percepisce eppure non capisce fino in fondo. Abbondano i post con il linguaggio mediocre dell’utente medio di facebook e twitter. Una liturgia a basso costo che si affida più che alla parola scritta alle immagini e ai piccoli miti del quotidiano. “Il capitano è uno di noi”.

Ordine, sicurezza, pulizia. Da ultimo la campagna di promozione della manifestazione leghista a Roma l’8 dicembre in piazza del popolo. “Lui non ci sarà”, “Loro non ci saranno”, sono le parole che accompagnano immagini di persone o gruppi che non appartengono all’ideologia salviniana. Un ragazzo con gli orecchini, un gruppo di ragazzi che manifesta, alcuni personaggi noti al pubblico per essere “sinistroidi” o “radical-chic”. “Lui non ci sarà e tu?” E’ la conquista degli spazi del conflitto sociale che in questi anni è cresciuto silenzioso e insidioso. E’ il tentativo di aggregare masse per disgregarle, di separare il noi dal voi. Il tentativo di creare comunità di massa da avviluppare nella cultura ostile alla civiltà, alla modernità alla società aperta.

Il mito della legittima difesa, il mito della tutela dei confini e della cultura nazionale, dei costumi e delle leggi, sono mitoidi, surrogati necessari alla compensazione dei vuoti di saperi e di socialità, allargati dall’inquietudine dei tempi. Salvini indossa e abbraccia i simboli che alleggeriscono quell’inquietudine che alberga nella fragilità di una società malata e impaurita. La maglia della polizia, dei carabinieri, dei vigili del fuoco, la ruspa, i campi rom, la stupidaggine degli sbarchi, la narrazione sugli immigrati, la strumentalizzazione e l’appropriazione indebita dei simboli religiosi, il racconto contro delinquenti, ladri e spacciatori.

Drammatizzazione, liturgia ed estetica a basso costo sono i nuovi connotati del leghismo nella società di massa informe che costruisce la realtà attraverso l’interazione metalinguistica sui social network. L’esaltazione dell’egoismo familiare, dello status di cittadino primigenio, di nuove forme di conservatorismo e di nazionalismo, possono dirigersi verso la rifondazione di un’inquietante ideologia. Ideologia che può originare una rivoluzione dell’anima in quel pezzo di popolo che si percepisce Volk e che non ha bisogno di minacce economiche per ribellarsi perché ha trovato tutti i nemici di cui aveva bisogno.