Marcello Pittella e l’omicidio preterintenzionale della Basilicata

12 dicembre 2018 | 12:11
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Marcello Pittella e l’omicidio preterintenzionale della Basilicata
Marcello Pittella e l’omicidio preterintenzionale della Basilicata
Marcello Pittella e l’omicidio preterintenzionale della Basilicata
Marcello Pittella e l’omicidio preterintenzionale della Basilicata
Marcello Pittella e l’omicidio preterintenzionale della Basilicata
Marcello Pittella e l’omicidio preterintenzionale della Basilicata

La vicenda giudiziaria del presidente ha forse meno a che fare con la giustizia e molto a che fare con una grave questione morale e politica

Il tribunale del riesame di Potenza “non ha individuato elementi indiziari dai quali desumere che Pittella abbia fatto sorgere” o “rafforzato il proposito criminoso nei co-indagati”. In sostanza non è motivato nell’ordinanza il pericolo di inquinamento delle prove. Quanto al pericolo di reiterazione, basato sulla possibilità di ricoprire nuovi incarichi, il giudice non può spingersi fino a “ritenere adeguata una misura cautelare per comprimere l’esercizio del diritto costituzionale di elettorato passivo”. Lo scrive la quinta sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con la quale, il 26 novembre, ha accolto il ricorso del presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella contro le esigenze cautelari emesse a suo carico nell’ambito dell’inchiesta sulla sanità lucana.

Avevamo espresso in tempi non sospetti i nostri dubbi sulla misura cautelare che appariva evidentemente ingiustificata. E questi dubbi sono ora confermati dalla Cassazione.

Fin qui siamo d’accordo. Non c’erano motivi gravi per arrestare Pittella. Lo avevamo scritto chiaramente.

Smontato però anche il concorso morale. I giudici della Cassazione scrivono che “la partecipazione psichica a mezzo istigazione richiede che sia provato che il comportamento tenuto dal concorrente morale abbia effettivamente fatto sorgere il proposito criminale” o la abbia anche soltanto rafforzato, ma “la mera ‘raccomandazione’ o ‘segnalazione’ non costituisce una forma di concorso morale nel reato, in assenza di ulteriori comportamenti positivi o coattivi che abbiamo efficacia determinante”, in quanto il “soggetto attivo” è libero di aderire o no alla segnalazione.

E qui non siamo affatto d’accordo. Come dire: io segnalo ma poi sei tu presidente della commissione, direttore amministrativo, direttore generale, che decide. Si dà il caso che chi avrebbe dovuto decidere di aderire o no alla segnalazione è stato nominato dal segnalante. Vi sembra forse un dato di poco conto? E quale libertà di scelta aveva uno qualunque dei decisori di fronte al gentil volere del capo?

Non siamo affatto d’accordo perché la vicenda giudiziaria di Pittella ha forse meno a che fare con la giustizia e molto a che fare con una grave questione morale e politica.

I fatti delle ultime settimane

Che Pittella abbia raccomandato vincitori di concorsi sembrerebbe accertato. Che in seguito al suo arresto e fino a 24 ore prima della scadenza della legislatura la Giunta regionale abbia compiuto atti discutibili sia sul piano politico sia sul piano amministrativo è accertato. Che la Giunta regionale sia indagata per la nomina presunta illegittima dei commissari nella sanità è un fatto. Che la vice presidente Franconi abbia nominato i nuovi dirigenti nella sanità e confermato il direttore dell’Arpab a pochi giorni dalla fine della legislatura in spregio alla correttezza istituzionale e forse alla legge, è evidente. Che la stessa Franconi abbia provato, forse anche illegittimamente a spostare la data del voto a maggio è un fatto. Che nel frattempo ci siano stati scatti di carriera e promozioni di amici degli amici in diversi enti regionali e sub regionali, è un fatto. Mai visto un tasso di arroganza della politica così elevato, un abuso di potere così sfacciato.

Il problema è un altro e riguarda questi cinque anni di governo regionale

Che questi cinque anni di Governo Pittella siano stati tra i peggiori della storia della Basilicata, è un’evidenza inconfutabile. Il peggio del potere fatto sistema si è radicato in ogni anfratto della gestione pubblica. Occupati tutti i luoghi vitali delle decisioni e del governo delle risorse. Una fabbrica tecnologicamente avanzata di produzione del consenso e una rete efficiente di distribuzione delle prebende. Tra gli annunci programmatici di Pittella e del suo Pd nel febbraio del 2014 e la Basilicata di oggi c’è un abisso che, col senno di poi, possiamo definire un inganno in grande stile, una truffa politica a danno dei lucani. Avevamo lanciato l’allarme in tempi non sospetti: Pittella è un bluff. E’ tale si è rivelato in questi anni.

Il bluff della rivoluzione pittelliana

In quel triste giorno di febbraio 2014 lui disse: “Agricoltura e agroalimentare di qualità, Biochimica per l’area industriale della Valbasento, lo sviluppo di un polo di green energy e di green economy, automotive (facendo sia sul radicamento delle attività produttive di Fiat, sia su un migliore sviluppo dell’indotto, di prima e seconda fascia), una nuova strategia industriale per ripensare il polo del mobile imbottito di Matera e turismo, sono questi i pilastri su cui rifondare l’economia della Basilicata nei prossimi anni, insieme a un “utilizzo intelligente delle risorse petrolifere e del territorio”. 

La Basilicata oggi, al contrario, deve registrare fatti e condizioni che smentiscono palesemente quegli slogan senza fondamento. Sappiamo com’è andata in val d’Agri. Sappiamo delle inchieste e dei disastri ambientali derubricati a “inquinamento”. Sappiamo dei dati sulla disoccupazione e sulla disoccupazione giovanile. Conosciamo i dati sulla povertà, sullo spopolamento, sulle infrastrutture. Sappiamo dello scempio dell’eolico selvaggio e dello spreco colpevole dell’acqua. Sappiamo delle politiche di promozione del precariato. Sappiamo tutto ormai. Altro che green, qui è tutto black.

A quei proclami, che per lui erano capitoli di un programma, ne aggiunse altri: “Non è chiusa la partita del Memorandum Stato/Regione”. In questo senso, …noi chiederemo a viva voce, in tutte le sedi, e con tutti i nostri rappresentanti, che ci vengano assegnati i 200/300 milioni in più all’anno che ci spettano”.  

Non so se qualcuno ha visto questi milioni di euro. Certamente abbiamo visto la decadenza di una Regione che senza l’elemosina dei petrolieri sarebbe morta.

Immaginare oggi che senza quei soldi la Basilicata non sarebbe in grado di mantenere il suo sistema sanitario e di welfare, non sarebbe in grado di mantenere la sua Università e di garantire il trasporto pubblico, è allucinante. Nonostante i miliardi di euro dell’Unione Europea. Ciò vuol dire che abbiamo fatto solo passi indietro. Ci pensate? Quando quell’elemosina scarseggia il bilancio regionale prende la forma di uno scolapasta.

E lui, il rivoluzionario senza rivoluzione, parlava di “ri-costruire opportunità, recuperare la vivacità delle idee e dei sogni che animano le teste brillanti dei nostri giovani.

Teste brillanti? Certo, fuggite dalla Basilicata. Questo è il risultato della vivacità delle idee e dei sogni di Pittella e della sua maggioranza. Oggi sappiamo che non erano sogni ma incubi.

Saranno i cittadini a decidere

Pittella, oltre la vicenda giudiziaria che, per via della sentenza della Cassazione oggi fa scatenare i suoi tifosi interessati, ha ben altre responsabilità. Pittella è una questione morale mai risolta. E’ il responsabile della morte della politica, già gravemente ferita da decenni di malgoverno. E’ il capo di un sistema di potere che ha distrutto la Basilicata.

Dovranno essere i cittadini a decidere alle prossime elezioni se la Basilicata debba resuscitare o morire definitivamente. Dovranno decidere i cittadini se organizzare il funerale e accompagnarla al camposanto o se organizzare il battesimo di una nuova nascita e accompagnarla verso il futuro.

I cittadini dovranno stabilire se Pittella, il suo Pd, i suoi alleati, i suoi scudieri siano colpevoli o meno dell’omicidio politico, economico, sociale della Basilicata. Altro che Cassazione!