Violenza di genere. Ci aspettano tempi duri

24 novembre 2018 | 14:39
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Violenza di genere. Ci aspettano tempi duri
Violenza di genere. Ci aspettano tempi duri
Violenza di genere. Ci aspettano tempi duri
Violenza di genere. Ci aspettano tempi duri

Dobbiamo chiederci perché il fenomeno è in crescita nonostante le leggi, nonostante l’associazionismo, anch’esso in crescita, impegnato nel contrastare questa vergognosa piaga sociale?

E’ vero. Ti hanno preso i sogni e li hanno buttati alla rinfusa sull’asfalto, come vecchi copertoni li hanno bruciati, vivi. Tu ora sai come soffre un sogno nel rogo. Ti hanno preso il futuro, lo hanno scorticato come un porco al macello. Tu ora sai come soffre il futuro scuoiato vivo. Ti hanno rubato il sorriso e lo hanno preso a morsi come cannibali affamati. Tu ora sai come soffre un sorriso preso a morsi. E poi neanche il tuo sguardo hanno lasciato in pace, soffocato da quelle mani schifose. Le tue lacrime, quelle le hanno prese subito. Le hanno ingoiate come larve, una a una, per vomitarle sui tuoi occhi chiusi. Ti hanno presa tutta com’eri, viva e brillante, sorgente di vita. Ti hanno presa tutta per lasciarti nel nulla.

E adesso sei sola nella tua confusa incredulità. Il tuo corpo sul selciato come uno straccio calpestato. Le tue ossa si muovono come lucertole in fin di vita. Vorresti lacrime per piangere e sai che le hanno già prese. Provi schifo e vergogna per l’umanità assassinata in quel vicolo di bestie. E tu che volevi amare e adesso non sai come fare.

Ecco che arrivano loro, con le sirene accese. Ti portano via. E poi arrivano quelli della stampa. E vedi quel rogo riprendere fiato. Parlano di te, della gonna che indossavi, di quando eri ribelle e stravagante. Scavano nei tuoi cassetti e nelle tue lucide passioni. E all’alba di un giorno che odierai per sempre, scopri che te la sei cercata. Leggerai di te racconti che non ti appartengono. Non sarai tu la vittima ma quei balordi problematici, vittima loro di una vita difficile.

Arriveranno gli altri. Ti inviteranno ai convegni, a parlare della tua esperienza. Ogni anno, ovunque. A dire le stesse cose, a sentire le stesse cose, sempre.  Intanto nulla cambia e tutto peggiora.

Mi vergogno di essere uomo, Marisa.

Ecco, questa è una lettera che potremmo scrivere a tutte le donne vittime di violenza. Quante ancora dovremo scriverne?

Dobbiamo chiederci perché la violenza basata sul genere è di gran lunga la prima causa di morte violenta per le donne. Dobbiamo chiederci perché il fenomeno è in crescita nonostante le leggi, nonostante l’associazionismo, anch’esso in crescita, impegnato nel contrastare questa vergognosa piaga sociale. Forse perché dovremmo smetterla di utilizzare le tragedie per colmare i nostri vuoti di visibilità, di protagonismo. Dovremmo smetterla con le chiacchiere. In questa società che mortifica i sentimenti e banalizza l’educazione noi continuiamo a parlare di dati, di leggi, di sensibilizzazione, di “cultura che deve cambiare”.

Siamo ridicoli, colpevolmente ridicoli. Investiamo lo zero virgola nella scuola, rendiamo marginali i luoghi e gli spazi dell’educazione, consideriamo residuale la felicità delle bambine e dei bambini. Li circondiamo di vanità, di bruttezze, di emozioni evanescenti. Quanta speranza abbiamo che i ragazzi o gli uomini di domani, oggi bambini, non diventino violenti, prepotenti? Tra venti o trent’anni le statistiche ci racconteranno scenari mostruosi. Oggi è domani.

Ed è oggi che bisogna agire sulle cause strutturali di culture e società malate. In questi anni tutto si è mosso a posteriori con provvedimenti e iniziative di contrasto al fenomeno e di tutela delle vittime. Giusto, ma briciole spesso inutili. Convegni, seminari, parolai nelle scuole. Nulla si è mosso in prevenzione e quindi in costruzione di fondamenta educative, culturali ex ante. Tutti addossati sull’ex post.

Occorre denaro, certo, ma non quegli spiccioli ai telefoni, ai centri di ascolto, all’associazionismo.  Occorrono investimenti sul futuro. Investimenti fatti di senso, di intelligenza, di volontà, di competenza. Di umanità vera. Investimenti nella scuola, nella felicità delle bambine e dei bambini, nell’educazione, nella bellezza, nell’intelligenza sociale, nell’uguaglianza delle opportunità. Occorre sconfiggere il cretinismo dei media, dei mezzi di comunicazione digitale, del consumismo da Black Friday, del banalismo culturale. Proteggere i bambini da tutte queste schifezze quotidiane. Per farlo, occorre tutto il tempo che abbiamo impiegato per arrivare a questo punto di quasi non ritorno. Decenni. Bisogna cominciare, ora.