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Inps, braccianti agricoli del Materano tartassati e quelle tabelle vecchie di quasi 50 anni

28 novembre 2018 | 10:20
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Inps, braccianti agricoli del Materano tartassati e quelle tabelle vecchie di quasi 50 anni

I giudici stanno danno ragione ai lavoratori, ma chi risarcirà gli interessati delle giornate perse ad inseguire la vicenda nei tribunali, delle spese legali, dello stress?

Quest’anno l’Inps celebra i suoi 120 anni dalla fondazione. Dopo le iniziative del 25 gennaio, il 29 e 30 novembre proseguono le celebrazioni anche in Basilicata, per ricordare l’anno della sua fondazione.

Per onorare la verità storica va detto che nel 1898 vi fu la fondazione della Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai su base volontaria con un contributo dello Stato e degli imprenditori. Nel 1919 divenne invece obbligatoria con la denominazione di Cassa nazionale per le assicurazioni sociali.

Solo con il governo Mussolini e con regio decreto-legge del 27 marzo del 1933 n.371 essa divenne l’ Istituto Nazionale Fascista della Previdenza sociale (INFPS). Nel 1943 fu solo cassata la parola “fascista”. Questo aspetto storico è stato dimenticato sia da Tito Boeri che dai suoi epigoni regionali e provinciali.

Sin dalla sua fondazione lo scopo dell’Istituto è stato quello di rappresentare operativamente il welfare state e di sostenere operai, braccianti. disoccupati, donne in maternità, invalidi, ecc..ecc..

Purtroppo in alcuni realtà e in particolari vicende l’Inps più che nel suo aspetto protettivo, si è rivelato come controporta irragionevole. Come nella diatriba che interessa molti braccianti agricoli del materano.

I suoi ispettori per il calcolo delle giornate necessarie a condurre i terreni agricoli, utilizzano ancora delle tabelle del 1971, in virtù della legge n.83 dell’11/03/1970, quando la meccanizzazione del settore era allo stato nascente e nei campi si impiegavano ancora muli, asili, cavalli e buoi.

E’ successo così che alcuni piccoli proprietari terrieri, che non riescono a vivere con il raccolto delle  loro produzioni e sono costretti ad andare a lavorare per conto terzi, regolarmente assunti, hanno versato le giornate e percepito poche centinaia di euro di indennità di disoccupazione, sono stati però pesantemente sanzionati dall’ Inps.

Si sono visti, infatti, recapitare ingiunzioni di pagamento per 30,40, 50 mila euro e sono stati costretti a rivolgersi ai legali per dimostrare che la loro attività di bracciantato per conto terzi è prevalente rispetto a quella per conto proprio e quindi non sono tenuti ad iscriversi come coltivatori diretti, non raggiungendo le 104 giornate di lavoro autonomo. Si tratta di veri lavoratori e non di falsi braccianti.

Anche un funzionario di media intelligenza avrebbe capito che se i  ricavi dalla loro terra fossero sufficiente al sostentamento del nucleo familiare, non avrebbero sicuramente voglia di andare a spaccarsi la schiena in terreni altrui. Nella loro situazione ce ne sono a migliaia, ma, altro elemento discutibile, la maggioranza non è stata controllata.

Per l’Inps, invece, dal 2006 avrebbero dovuti iscriversi come coltivatori diretti, pagare i relativi contributi all’ente previdenziale e non percepire l’indennità di disoccupazione. Secondo l’Inps per condurre i terreni, in base ai loro calcoli, derivanti dalla citata arcaica tabella, avrebbero bisogno di oltre 400 lavorative.

Gli interessati hanno contestato il provvedimento, alcune cause sono in corso, sostenendo che invece hanno bisogno di meno di 100 giorni. Il giudice ha nominato un tecnico terzo di sua fiducia, il quale ha stabilito che in effetti servono meno di 100 giornate, dando in tal modo torto all’Inps.

Per la vetusta tabella utilizzata dagli ispettori,  la conduzione di un appezzamento con 100 alberi di olivi, ad esempio, necessita di mezza giornata ad albero, cioè 50 giorni. Oggi invece con le attrezzature di cui si dispongono ne servono molto meno della metà. Senza calcolare la variabile indipendente delle condizioni climatiche che quest’anno hanno distrutto il raccolto.

I giudici stanno danno ragione ai lavoratori, ma chi risarcirà gli interessati delle giornate perse ad inseguire la vicenda nei tribunali, delle spese legali, dello stress? Possibile che in tanti anni a nessun politico, assessore, sindacalista, sia venuto in mente di chiedere un aggiornamento delle citate tabelle all’Inps?

Vincenzo Maida Centro Studi Jonico DRUS