Pace fiscale o condono? La stupidità e lo sciacallaggio della politica

20 settembre 2018 | 13:09
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Pace fiscale o condono? La stupidità e lo sciacallaggio della politica
Pace fiscale o condono? La stupidità e lo sciacallaggio della politica
Pace fiscale o condono? La stupidità e lo sciacallaggio della politica
Pace fiscale o condono? La stupidità e lo sciacallaggio della politica

Siamo in uno Stato sado-maso che perseguita i cittadini onesti. Uno Stato che ti picchia quando sei già incatenato

Lui è Giovanni, uno dei tanti professionisti con la partita iva. Ha sempre dichiarato tutto e pagato il dovuto all’erario. Quell’anno maledetto le spese, per causa della malattia di suo figlio, crescono. La moglie è costretta a chiedere il part-time e lui deve rallentare il ritmo di lavoro rifiutando spesso le richieste dei committenti. Le entrate diminuiscono. In quel maledetto anno per la prima volta non paga le tasse sul reddito dichiarato. “Appena possibile ricorrerò al ravvedimento operoso”, pensa. Quell’appena possibile non arriva. Arriva, invece, la prima cartella esattoriale. “Pagherò a rate, ce la farò”, pensa. Ma non ce la farà. Riesce solo a pagare le tasse correnti ma quelle arretrate ancora no, non ce la fa. Un anno decide di non pagare quelle correnti e pagare le rate degli arretrati. Arriva la cartella anche per quell’anno. Il debito cresce, tassi di interesse fino al 22-24% e sanzioni esorbitanti. Doveva 15mila euro, oggi deve 55mila euro. Gli sequestrano tutto. Non può avere un conto corrente bancario, una carta di credito, non può lavorare. E’ disperato. “Ho sempre dichiarato tutto, semplicemente non ho potuto pagare”. E’ vero. Tuttavia, lo Stato lo ha trattato come il peggiore degli evasori, perseguitato, umiliato, distrutto umanamente e professionalmente. Eppure non era un evasore. Quelli sono da un’altra parte, dove nessuno li vede, dove l’Agenzia delle entrate non arriva, dove lo Stato è incapace di agire.

Nelle condizioni di Giovanni, con storie e circostanze simili, ci sono centinaia di migliaia di italiani: commercianti, artigiani, piccoli imprenditori, liberi professionisti. Qualcuno non c’è più, morto suicida. Molti di loro, da produttori e consumatori, sono diventati un costo sociale. Gente che non potrà mai pagare quelle cifre a uno Stato che non potrà mai incassarle. Come possiamo definire questi cittadini “incatenati” dal fisco? Potremmo definirli, alla maniera italiota, “fessi”. Perché il furbo, quello che non vuol pagare le tasse, evade, non dichiara. E non conosco gente che dichiara fedelmente al fisco i suoi redditi con lo scopo di non pagare le tasse. Ecco, quindi non sono fessi ma onesti. Eppure lo Stato li ha trattati come pericolosi delinquenti. In questa faccenda c’è un misto di sadismo e masochismo. Uno Stato sadico che tortura i suoi cittadini e masochista perché sa che da quel sadismo nulla otterrà. Uno Stato che ti picchia quando sei già incatenato.

Capisco l’indignazione contro “il condono” o “la pace fiscale” ipotizzata dal Governo. I condoni non sono mai una cosa giusta, sono un colpo al cuore all’equità, alla giustizia, al diritto, alla coesione sociale e alla convivenza civile. Sono culturalmente abominevoli. Tuttavia, il problema di Giovanni esiste. E sarebbe auspicabile che sia il Governo, sia tutti coloro che si oppongono, giustamente, a possibili condoni, trovino una soluzione che sia socialmente accettabile. Accettabile non nelle parole ma nella sostanza dei provvedimenti.

In fondo, l’unica pace fiscale possibile è quella di uno Stato che mi renda i servizi che pago con le mie tasse, è quella di uno Stato capace di abbassare la pressione fiscale per tutti e che colpisca seriamente i veri evasori. Uno Stato capace di braccare corrotti, corruttori e truffatori. Torturare Giovanni è da stupidi. Usare Giovanni per fare propaganda politica a favore o contro il Governo è da sciacalli.