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Madri detenute, serve decreto d’urgenza che vieti la permamenza dei bambini in carcere

21 settembre 2018 | 10:46
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Madri detenute, serve decreto d’urgenza che vieti la permamenza dei bambini in carcere

Le solite lacrime di coccodrillo dopo l’infanticidio a Rebibbia

L’italia è un Paese un po’ strano, che normalmente suole aspettare un’emergenza per poi affrontare e risolvere problemi di un certo spessore, quasi al livello di uno studente svogliato, che si dedica allo studio solo il giorno prima di quello fissato per il compito in classe. Si parte dalle emergenze del passato remoto, che videro ampliate a dismisura le norme in tema di libertà dei detenuti, con l’adozione della cd Legge Valpreda, per arrivare, in tempi più recenti, alla normativa antilibertaria ed antidemocratica sui poteri dell’autorita in tema di fermo di polizia di ‘Kossighiana’ memoria.

Ci si trova oggi di fronte all’ennesimo problema relativo alla condizione di migliaia di vittime della carcerazione giudiziaria in Italia, prive di qualsiasi valida autorità di controllo, realmente terza e quindi indipendente. Il fatto che dei fanciulli, loro si realmente innocenti per natura e per definizione, siano ospitati nelle indecenti galere italiane solo perché figli di donne detenute in espiazione di pena appare incommentabile e disgustoso se non inconcepibile ed assolutamente inaccettabile, in una Nazione che pure ama fregiarsi degli attributi di democratica e civile se poi la tutela delle condizioni fisiche e psichiche di queste sfortunate creature manca o comunque è assolutamente carente allora non possiamo che prendere atto, dopo le decine e decine di condanne subite dall’Italia da parte degli organi della Giustizia Europea per le inumane condizioni di vita cui soggiacciono migliaia di persone detenute, che in questa Nazione le indicazioni di cui alle centinaia di trattati internazionali, peraltro recepite nella nostra Costituzione, a tutela dei superiori interessi dei fanciulli nel Mondo sono solo carta straccia di cui prendere atto senza dare contezza alcuna, versando le famose lagrime di coccodrillo, dopo che si verificano luttuosi eventi del tipo di quello che ha visto morire ben due bambini, uccisi in un carcere italiano dalla madre, una donna reclusa di razionalità tedesca, per cui peraltro nel recente passato era stata segnalata l’opportunita di effettuare verifiche di natura psichiatrica.

Forti dubbi e grandi perplessità ci pervadono nel momento in cui tale evento, già di per se triste ed inaccettabile in un Paese civile, non sembra avere sortito alcun effetto di reale autocritica da parte delle istituzioni che, invece di darsi da fare presto e subito per prevenire il recidivarsi di fenomeni del genere, attraverso l’emanazione di decreti di urgenza che vietino, senza se e senza ma la permanenza di fanciulli all’interno della case circondariali, sembra si stiano dedicando solo a manovre di retroguardia, consistenti nell’individuazione e punizione dei presunti responsabili di tali decessi, annoverabili nella categoria dell’infanticidio.

Al cittadino italiano, cari governanti del presente e del passato, non interessa affatto sapere i nomi ed i cognomi dei responsabili dei crimini e delle morti da cui è quotidianamente costellata l’informazione, essendo di effettivo e reale interesse solo sapere come e quando tali tristi notizie non angosceranno più le nostre quotidiane esistenze. Un provvedimento ministeriale di sospensione del direttore del carcere in cui si è verificato l’evento, l’inizio di un’inchiesta diretta ad accertare eventuali responsabilità connesse ad inerzie dei medici dell’apparato carcerario sono forse fatti assolutamente inevitabili e normali nell’ambito del vigente sistema burocratico, ma non sono assolutamente idonei e sufficienti per rimarginare l’evidente lesione arrecata al tessuto democratico di uno Stato che, in modo assolutamente carente di sensibilità e di rispetto per la dignità dei minori, si permette di raggruppare in un unico contesto detentivo adulti e bambini, in assoluta assenza di efficaci e pregnanti strumenti di tutela dell’integrità di questi ultimi.

Ricordiamo a noi stessi che fare giustizia non è solo arrestare un ladro o un assassino ma è anche e soprattutto tutelare persone deboli e senza tutela dagli arbitri e dalle prepotenze dei cosidetti forti e dei loro poteri, forse legittimi ma non sempre realmente umani.

Gaetano Bonomi già Sostituto procuratore generale presso la Corte d’Appello di Potenza