Marcello Pittella e quella strana decisione dei giudici

23 agosto 2018 | 13:31
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Marcello Pittella e quella strana decisione dei giudici

La barbarie mediatica e “webetista” che si è scatenata in seguito al deposito delle motivazioni del Riesame

Su Marcello Pittella ho scritto, dal suo insediamento alla presidenza della Regione ad oggi, circa un centinaio di articoli e editoriali. Critici, spesso sarcastici, “cattivi”. Tutti contro il suo governo e la sua politica. Il nostro giornale è stato ed è il maggiore oppositore dell’amministrazione pittelliana. Tranne in due occasioni. Una me la ricordo bene. Venne attaccato da un titolo “disonesto” di un giornale e scrissi un’editoriale a sua difesa. Oggi sono costretto non a difendere Pittella, che è indifendibile almeno sul piano politico, ma a riflettere sulla barbarie mediatica e “webetista” che si è scatenata in seguito al deposito delle motivazioni del Riesame di conferma della carcerazione del sospeso presidente.

Non riesco ad immaginare un magistrato che tiene agli arresti un cittadino accusato di concorso in abuso d’ufficio e falso.  Né riesco a capacitarmi del fatto che nelle motivazioni del riesame, così come nell’ordinanza di carcerazione, ci siano di qua e di là valutazioni politiche sull’operato del presidente. In alcuni passaggi i giudici sembrano dei giornalisti, in altri assumono la veste oltre che di accusatori, anche di chi sentenzia prima che sia celebrato un regolare processo. A tratti appaiono come raffinati sociologi e ingenui osservatori che solo oggi scoprono il malaffare.

“Pittella non si faceva scrupolo, in modo sistematico e sprezzante, di asservire il potere istituzionale, che derivava dal suo mandato popolare, ai propri interessi elettorali e personali”, scrivono i giudici spiegando che “si è visto che l’indagato, mercificando le sue funzioni, ma anche spendendo una autorevolezza ed un potere più generici conseguiti dopo anni di militanza nel Partito democratico, avendo maturato amicizie conoscenze e appoggi in bacini elettorali non solo regionali, era in grado di governare procedure amministrative conducendole secondo i suoi desideri senza esporsi in prima persona, profittando di personaggi satelliti mossi con i fili sottilissimi ma tenaci della promessa di avanzamenti di carriera o di benefici vari, in uno scambio sinallagmatico sempre perfettamente funzionante grazie alla abilità dialettica ed alla astuzia delle parti interessate”.

Insomma il signor Pittella, fuori dai domiciliari, può reiterare il reato.

Non sono un giurista e quindi, nonostante le argomentazioni del Riesame, faccio fatica a capire quali siano le vere motivazioni che giustificano la carcerazione di Pittella. Al contrario di chi proclama sentenze sui social e sui giornali. A naso, da profano, sono abbastanza convinto che la Cassazione annullerà l’ordinanza di carcerazione. La certezza non posso averla perché a volte certi giudici decidono sulla base del padrone di turno e della direzione del vento mediatico e popolare.

Questa vicenda mi appare torbida. Nasce dal luogo in cui le archiviazioni sui casi di malasanità sono state all’ordine del giorno. Nasce in un groviglio di ombre che solo il tempo, forse, riuscirà a dipanare.

Il malaffare in questa regione è sotto gli occhi di tutti. Eppure assistiamo ad arresti di ragazzi con 4 grammi di cannabis, conferenze stampa per un ladro di biciclette. Mentre il naso negli affari veri, dai rifiuti all’eolico, dagli appalti nella sanità alle archiviazioni facili di certi magistrati, appare mal funzionante.

Io voglio mandare a casa Pittella e i suoi ufficiali, con il voto, non con gli scoop giudiziari. Non mi fido di questa magistratura che mette e toglie la benda a seconda che si tratti di un povero cristo o di un potente. Quella magistratura che vende le case all’asta a prezzo vile, che insabbia o archivia procedimenti a carico dei giudici senza alcuna motivazione, che appesantisce la macchina della giustizia con dibattimenti inutili, che ordina rinvii a giudizio infondati o assoluzioni altrettanto infondate.

Ha ragione il procuratore antimafia Nicola Gratteri quando afferma: “Bisogna fare pulizia anche tra i magistrati e tra certi giornalisti.”

Dietro questa vicenda, a parte tutto, non si può escludere lo zampino di poteri forti che hanno rotto il patto con Pittella e il suo seguito. Adesso vedremo chi sono i nuovi interlocutori di questi poteri.

Perché, torno a dirlo, se i cambiamenti politici e sociali, culturali, non passano dalla consapevolezza dei cittadini, dalla loro forza rinnovatrice, invece che dagli scossoni giudiziari, la gente sceglierà sempre tra la brace e la padella. La storia di tangentopoli ci spiega molte cose. Sappiamo tutti come, da quel momento in poi, il Paese è peggiorato sotto tutti i punti di vista: morale, etico, economico, sociale, politico. Quella rivoluzione giudiziaria nel momento in cui ha assunto un carattere politico, sostituendosi suo malgrado, alla società civile, ha prodotto Berlusconi e tutto il resto a seguire. Non certo è stata colpa dei magistrati i quali hanno fatto il loro dovere. La responsabilità era ed è di un Paese di ignavi, di mediocri, di falsi rivoluzionari, di cittadini senza palle con la bocca aperta pronti ad azzannare l’osso sedativo. In Basilicata oggi quella storia va riletta, alla luce di quanto sta accadendo. Chiunque si pone come alternativa al sistema di potere pittelliano ha il dovere di fornire contenuti al dibattito politico. Contenuti che non si vedono in un dibattito che non esiste. Al contrario abbonda tutto ciò che è “contro”, che è pettegolezzo e cattiveria, insulto e stupidaggine.

Che Pittella si sia reso responsabile di una politica della devastazione, al pari o peggio dei suoi predecessori, è noto. Che Pittella si sia reso responsabile di una politica clientelare, al pari o peggio dei suoi predecessori, è noto. Che la maggioranza dei lucani abbia fatto da sponda e da spalla a questo sistema, è noto. Perché dunque, cari oppositori, continuate a urlare contro il detenuto Pittella, annoiandoci, anziché dirci che cosa volete fare, come lo volete fare, con chi lo volete fare e perché lo volete fare?

I lucani questa volta devono evitare di andare a votare solo per cambiare padrone. Devono andare a votare per liberarsi dalle catene che essi stessi hanno costruito e indossato. Per essere artefici consapevoli del loro destino. Basta con gli inganni. Lasciate stare Pittella e mettetevi al lavoro.