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Dati Istat giugno dimostrano che si è verificata una forte frenata del mercato del lavoro

1 agosto 2018 | 13:11
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Dati Istat giugno dimostrano che si è verificata una forte frenata del mercato del lavoro

Lavoratori sempre più precari, e sempre più giovani in cerca di occupazione

Nel mentre il governo Giallo- Verde prosegue nella sua incessante campagna elettorale, i dati diffusi ieri dall’ Istat relativi al mese di giugno, dimostrano che si è verificata una forte frenata del mercato del lavoro rispetto all’inizio del 2018. Stando ai dati dell’Istat, infatti, mancano 49.000 occupati e soprattutto si registra un decremento dei dipendenti stabili che raggiunge un flessione di 56.000 unità.

Lavoratori sempre più precari, e sempre più giovani in cerca di occupazione. Queste le due piaghe del mercato del lavoro italiano, che continua a registrare dati peggiori rispetto alla media europea, la costante ripresa dell’occupazione continua a caratterizzarsi per il costante aumento dei contratti a termine e per la riduzione dei tempi indeterminati segno della debolezza e della scarsa fiducia nel nostro sistema produttivo.

Quello che cresce rispetto al trimestre precedente è il lavoro precario e quindi a termine frutto di politiche neoliberiste e di destra, in piena continuità con le politiche degli ultimi anni che noi abbiamo sempre fortemente contrastato. La volontà politica del Governo di reintrodurre i voucher va esattamente nella direzione della precarizzazione del lavoro, altro che dignità come la definisce Di Maio nel decreto in discussione in questi giorni.

Il Governo non reintroduce l’art.18 come dichiarato da Di Maio in campagna elettorale e fa registrare un passo indietro allarmante in merito alla reintroduzione dei voucher rimettendo in discussione e annullando nei fatti la riforma dei voucher fatta dal governo Gentiloni, nel marzo dell’anno scorso proprio allo scopo di evitare il referendum proposto dalla Cgil, e a sostegno del quale avevano firmato un milione e mezzo di italiani, il ricorso ai buoni lavoro si è drasticamente ridotto e le aziende che prima li usavano perché più convenienti si sono indirizzate su altre forme di contratti”.

Il Decreto Dignità con l’avanzare dell’idea sempre più realistica di una nuova liberalizzazione dei voucher rispetto al regime attuale, riprende la semplicistica idea secondo cui una maggiore flessibilità viaggia parallelamente con un aumento occupazionale.

Sbandierare l’obiettivo di voler ridurre la precarietà del mercato del lavoro e poi reintrodurre i voucher che sono l’emblema della precarietà più spinta è insensato oltre che, rende bene l’idea di quella che è la scarsa caratura di questo governo che indossando l’abito del populismo non fa altro, nei fatti di perseverare in politiche neoliberiste e che nulla hanno nei fatti a che vedere con un contrasto vero alla precarietà.

In agricoltura come nel turismo ci sono diverse forme di contratto di lavoro dipendente che rispondono in maniera efficace al bisogno di flessibilità di questi settori. Ricorrere ai voucher, come il Governo intende fare, è un modo per ridurre ancora i diritti dei lavoratori e le ragioni, non hanno a che fare con il bisogno di flessibilità di assumere, ma con la volontà di risparmiare sui costi di attivazione dei contratti di lavoro”.

In Italia c’è bisogno di incentivare lavoro dignitoso, contrattualizzato, con tutele, e non di lavoro occasionale che si trasforma in sfruttamento.

La sfida della sinistra deve partire da qui, dalla necessità di costruire una forza politica unitaria, progressista e riformista che metta al centro il lavoro e i diritti dei lavoratori.

Serve investire in infrastrutture, nell’avanzamento tecnologico delle aziende per renderle più competitive nel mercato globale, serve sostenere chi assume partendo dal principio che la dignità dei lavoratori e del lavoro in senso ampio, non può essere barattata in nessun modo, consapevoli che la stabilità del lavoro, il non essere assillati dal termine del contratto, determina serenità ed aumenta la stessa produttività del lavoro stesso.

Giannino Romaniello, consigliere regionale