L'Intervista |
Cronaca
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Chi ha paura dei precari della ricerca?

23 luglio 2018 | 09:34
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Chi ha paura dei precari della ricerca?

Ne abbiamo parlato con Giuseppe Garofalo, Coordinatore della Flc Cgil del Politecnico di Bari

La Flc Cgil del Politecnico di Bari ha deciso di sostenere i precari della ricerca, facendoli emergere dalla propria condizione di evidente marginalità. Si tratta di almeno 70000 lavoratori, negli atenei italiani. Talvolta privi dei diritti goduti da colleghi con le medesime mansioni. Abbiamo interpellato, a tal proposito, Giuseppe Garofalo, Coordinatore della Flc Cgil del Politecnico di Bari, con delega della Segreteria Provinciale.

Quali iniziative avete intrapreso?

Il nostro impegno si inquadra nella strategia nazionale della Cgil e della Flc diretta a rilanciare la missione costituzionale dell’Università Pubblica e superare il precariato inteso come condizione strutturale e, prima ancora, con l’idea che sta alla base della Cgil nel suo complesso di sindacato generale che rappresenti tutti i lavoratori, anche di fatto, subordinati, iscritti e non iscritti. Ci siamo dati una piattaforma per la contrattazione di Ateneo con la quale chiediamo meccanismi selettivi di proroga e stabilizzazione dei ricercatori a tempo determinato, degli assegnisti e dei collaboratori di ricerca, la riserva del 50% dei posti disponibili ai precari anche della ricerca che chiediamo siano banditi per un congruo di unità di personale tecnico amministrativo e servizi sociali anche per i precari della ricerca, ad esempio l’estensione della polizza sanitaria agli assegnisti di ricerca.

Abbiamo aperto, come ci ha invitato a fare la Segreteria Generale Nazionale della Cgil, Susanna Camusso, in una bella iniziativa della Cgil Puglia, le porte della nostra organizzazione ai ricercatori precari perché il sindacato è i lavoratori che si organizzano per tutelare i propri interessi, per conquistare e difendere diritti a fronte dell’ineguale distribuzione di potere nei processi produttivi tra lavoratore e datore di lavoro anche pubblico: pensiamo alla ineguale distribuzione di potere tra il singolo ricercatore precario da un lato e le gerarchie accademiche…insomma il sindacato eroga anche servizi ma non deve ridursi al ruolo di ente di servizi, perché perderebbe la capacità di rappresentare gli interessi dei lavoratori.

Fatalmente, sarebbe guidato da altri interessi e, senza il coinvolgimento diretto di chi vive una determinata condizione lavorativa, non riuscirebbe a conoscerla in profondità al di là del dato formale: pensiamo allo scarto ineliminabile tra diritti e doveri sulla carta, compiti formalmente attribuiti e realtà, scarto che, se non contenuto dall’azione collettiva, diventa intollerabile. Abbiamo aperto le porte, dicevamo, del sindacato e, con diversi ricercatori precari, abbiamo incominciato a ragionare insieme e alcuni hanno scelto di iscriversi alla Flc Cgil e tra loro c’è chi ha scelto impegnarsi. Alle Elezioni della Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU) del Politecnico 2018/2021, tenutasi ad aprile scorso, abbiamo candidato, d’intesa con il nostro Segretario Generale Nazionale Francesco Sinopoli, un ricercatore a tempo determinato e un borsista post dottorato che sono stati esclusi, come era prevedibile, dalla competizione elettorale, in virtù delle norme che vengono direttamente in rilievo e della lettura che se ne fa (la circolare dell’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Amministrazioni Pubbliche, l’Aran espressamente li escludeva). Si tratta di una iniziava che rientra in una campagna nazionale della Flc che vede Bari-Politecnico come esperienza pilota.

La Rsu – spieghiamo – sia nel pubblico che nel privato è eletta da tutti i lavoratori, con contratto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato dell’unità produttiva, li tutela collettivamente nei confronti del Datore di Lavoro, controllando l’applicazione delle norme contrattuali e legali, trasformando in vertenze le esigenze dei lavoratori e partecipa alla contrattazione collettiva integrativa. Il senso della candidatura dei ricercatori precari, è quello di affermare il loro diritto alla contrattazione collettiva e garantire l’effettività della loro libertà di organizzarsi sindacalmente per concorrere alla determinazione delle loro condizioni di lavoro, conquistare quei diritti sociali dai quali di fatto o diritto sono esclusi, richiamando l’attenzione sulla loro condizione materiale e giuridica e sul loro ruolo cruciale per la tenuta del sistema universitario.

Infatti, già in occasione delle trattative per il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro “Istruzione e Ricerca” 2016/2018, chiuso a febbraio, avevamo provato a ricondurre nell’ambito di applicazione del Contratto i precari della ricerca senza successo, parlando di “inclusività”.

E’ evidente che le norme di legge che regolano il rapporto di lavoro dei ricercatori precari debbano essere interpretate in maniera costituzionalmente orientata, in base agli articoli 3 (eguaglianza formale e sostanziale) e 39 (libertà sindacale) della Costituzione, stante la natura manifestamente privatistica meglio contrattuale del loro rapporto, che viene instaurato con la stipula di un contratto individuale di lavoro, con la conseguenza di ricondurli nell’ambito dell’efficacia soggettiva della contrattazione nazionale e integrativa. Delle due, l’una: o tali norme sono interpretabili in maniera compatibile con la Costituzione o vanno dichiarate incostituzionali.

Chi ha paura dell’inclusione dei precari?

Gran parte della classe dirigente politica, economica e accademica converge, direi collude, nel mantenere lo status quo, perché il sistema universitario può contare su lavoratori molto qualificati, a basso costo in quanto privi spesso dei diritti dei lavoratori che svolgono analoghe mansioni e comunque non in grado di farli valere, di fatto illimitatamente disponibili o quasi al di là dei loro compiti in una logica di sfruttamento e auto sfruttamento. Ricercatori precari che stanno progressivamente e strutturalmente sostituendo professori, ricercatori e personale tecnico-amministrativo di ruolo, rendendo possibile di fatto l’attività e didattica di ricerca nei nostri Atenei nel quadro del blocco del turn over e di sotto-finanziamento del sistema. I precari, non solo nell’Università, costituiscono una maggioranza senza voce perché in grandissima parte si astengono dall’azione collettiva nel timore dell’essere sanzionati con il mancato rinnovo, di cadere in disgrazia presso coloro che hanno le loro vite in mano.

Paradossalmente, proprio coloro che più avrebbero bisogno del sindacato per conquistare e difendere diritti, nella stragrande maggioranza se ne tengono lontano. Tutto ciò rimanda alla funzione genuina e originaria del sindacato, di contro potere collettivo che solo è in grado di bilanciare lo strapotere del datore di lavoro nei confronti del singolo lavoratore, costringendolo a negoziare le condizioni di lavoro non solo economiche ma anche normative (orario e ambiente di lavoro, carriera, ecc.), evitando che i lavoratori si facciano concorrenza al ribasso tra loro: ciò che fatalmente è precluso al singolo, diventa possibile quando sono in molti ad organizzarsi. Anche al potere politico ed economico fa paura l’inclusione dei precari, perché il precariato concilia il sotto-finanziamento del sistema universitario pubblico con la continuità dei servizi, consentendo i tagli di spesa, la bassa pressione e l’evasione fiscali. L’inclusione dei precari fa paura inoltre, spiace dirlo, ad alcuni sindacati che, organizzando solo il personale tecnico amministrativo strutturato, sono impreparati e temono di perdere forza e potere contrattuale.

Cosa farete ora?

Continuiamo la battaglia per affermare il diritto alla contrattazione collettiva dei ricercatori: lanceremo una petizione nazionale e stiamo valutando l’idea di ricorre giudizialmente contro l’esclusione dei candidati precari alle elezioni della Rsu e torneremo alla carica in occasione del rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale che scade a dicembre, incalzando il nuovo Governo. Vogliamo mettere mano agli Statuti di Ateneo per rafforzare il loro ruolo negli Organi di Governo e ci battiamo per un piano nazionale straordinario di stabilizzazioni dei ricercatori precari, con risorse statali aggiuntive, in deroga alla legge Gelmini.