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Nessun capo è mai potuto esistere senza sostegno esterno

24 luglio 2018 | 09:38
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Nessun capo è mai potuto esistere senza sostegno esterno

La figura dell’eroe nel nostro inconscio

Nessun capo è mai potuto esistere senza sostegno esterno e senza aver dato prova di meritare il titolo di vincitore. Il capo tribù doveva dimostrare di essere molto forte, coraggioso, impassibile di fronte al pericolo, a quanti osservavano le sue prestazioni. Si trattava, in effetti, di una partecipazione a concorso visibile a tutti, in cui la prova di forza non poteva contenere trucchi, nè bastava al concorrente vantare l’appartenenza a padre distintosi per coraggio o a famiglia nota.

Non veniva richiesta abilità nell’uso della parola, anzi, di nessuna parola c’era bisogno, ma di fatti, di azioni portate a termine con successo da corpi prestanti, dai piedi alla testa bagnati di sudore e lucenti per questo. E  non per creme o uso di gel.  Il villaggio, dopo aver visto, constatato ed ammirato, decideva chi dovesse essere il proprio capo. Bisognava che l’ingombrante e feroce Orso nero fosse ucciso e che l’acqua del fiume venisse ripulita del suo sangue e restituita alla sua purezza e freschezza.

Per questo Quanah (Aquila) poté meritare di guidare i suoi uomini, assicurando loro cibo, incontaminato, acqua pura, miele trasparente ricavato dalle cave profondità del tronchi degli alberi. Salvaguardando la propria gente da ogni forma di schiavitù. La figura dell’eroe nel nostro inconscio ha queste caratteristiche: difende il prossimo dal male. L’eroe ha amore.

Che cosa sarebbe successo se si fossero richieste prove simili nelle nostre società evolute? In particolare nella nostra cittadina (Potenza ndr)? Il ricordo mi porta ad un giovane democristiano dalle lenti spesse – e già questo sarebbe stato motivo di esclusione dal Concorso -, capelli neri e riccioluti perfettamente domati e resi lucidi dalla brillantina ( i nostri padri usavano la Linetti), delicato nell’essere una creatura di sesso maschile, fine ed ottimo diplomatico, garbato e rassicurante nel ricevere i numerosi postulanti che si recavano in casa sua con qualche prodotto dell’orto o qualche gallina ruspante. Non avrebbe avuto i requisiti di forza fisica richiesti dalle tribù. Tuttavia, forte è l’eredità nei caratteri dominanti della quasi totalità dei lucani; ha lasciato un’impronta, un marchio ereditario assai pervasivo, dati i risultati conseguiti per avere reso felici i fruitori dei suoi munera.

Gli baciavano le mani durante le processioni, cui non mancava mai, fedele e rispettoso nei confronti del sacro connubio Politica- Chiesa. Talmente pervasivo che quella magia che irradiava la sua figura curata, elegante, mentre passava tra la folla, con quella leggerezza da colomba, foriera di pace e serenità, ha ispirato le notti d’amore dei lucani. Influendo sul latte materno, ricco di tutto l’indispensabile per crescere bambini sani e forti: sono i padri e i nonni di oggi. E’ risaputo che alle puerpere davano da mangiare brodo di colombo, colomba, volgarmente detto piccione. Dopo di lui? Uccellacci, uccellini, tra cui nessun corvo parlante ha mai chiesto ai lucani quali siano i loro sogni. Il nero pennuto era più umano, in Pasolini.

Maria Teresa D’Aiuto