Inchiesta sanità. Il degrado civile fomentato dalla politica

24 luglio 2018 | 20:26
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Inchiesta sanità. Il degrado civile fomentato dalla politica

Nessuno, pare, abbia ancora capito la differenza tra meritocrazia e medaglie al merito dell’appartenenza al partito

Chiedere la pubblicazione della presunta lista dei raccomandati è un gesto incivile che dovrebbe inquietare le persone assennate. Sarebbe come frustare nella pubblica piazza il supposto colpevole di chissà quale violazione morale. Ormai siamo tutti venditori di onestà un tanto al chilo. L’etica pubblica sembra misurata con un nuovo codice medievale scritto da chicchessia “a come mi pare”. Il degrado civile sta assumendo contorni preoccupanti e non basta una risata ironica a contrastarlo. Invocare a vanvera, come ha fatto qualcuno, l’allontanamento dei “raccomandati dalle istituzioni” è un esercizio di insulsa retorica.

Rovesciare parole di odio sul terreno del confronto equivale ad inquinare le relazioni sociali. Occorre moderazione e senso civile. E la civiltà si misura anche con la capacità di evitare strumentalizzazioni a fini elettorali di un’odiosa pratica sociale antica sulla quale quasi nessuno può scagliare la prima pietra: le raccomandazioni.
In queste settimane abbiamo assistito all’elogio del merito contro i raccomandati da parte di chi è stato escluso dai concorsi non perché meritevole ma semplicemente perché non era raccomandato a sua volta.

Nel dibattito pubblico si è inserita una strana dialettica, una guerra tra raccomandati e mancati raccomandati. Tra chi aveva santi in paradiso e chi li aveva in purgatorio. Molti di quelli che meritavano davvero sono già da qualche altra parte.

Se davvero si vuole cambiare questa Regione è dall’onestà intellettuale che bisogna ripartire. Chi oggi promuove la caccia alle streghe, chi pubblica conversazioni telefoniche di persone e cose che nulla hanno a che fare con la vicenda giudiziaria, chi oggi sventola la bandiera della verginità e invoca il pubblico ludibrio non può promettere nulla a questa terra. Certo, chi ha sbagliato deve pagare, sia sul piano giudiziario sia sul piano morale. Truccare i concorsi è un reato.

Tuttavia c’è chi oggi sale sul carro trainato dagli avvoltoi per salire sull’altare e proporsi come il nuovo santo dei nuovi affamati di raccomandazioni. Perché da queste parti i raccomandati sono sempre quelli degli altri: “I miei sono amici che vanno aiutati, militanti di cui ci si può fidare, laureati di grande talento”. E nessuno, pare, abbia ancora capito la differenza tra meritocrazia e medaglie al merito dell’appartenenza al partito.