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Trialometani nell’acqua, Isde: “Problema potrebbe non essere risolto”

22 giugno 2018 | 10:51
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Trialometani nell’acqua, Isde: “Problema potrebbe non essere risolto”

Il presidente del comitato scientifico di Isde-International Society of doctors for environment, scrive al sindaco di Policoro

E’ con una lettera inviata al sindaco di Policoro lo scorso 7 giugno che il presidente del comitato scientifico di Isde-International Society of doctors for environment, il dottor Agostino Di Ciaula, espone una dettagliata riflessione sulla presenza dei trialometani nell’acqua potabile, sui rischi e sulle attività di monitoraggio svolte sino ad ora. Ricordiamo che nei mesi scorsi per, due volte, i sindaci di alcuni comuni del Metapontino, Policoro compreso, avevano vietato l’uso di acqua potabile per scopi alimentari per la presenza proprio di trialometani.

Ecco cosa scrive Di Ciaula

Caro Sindaco, in seguito a Sua sollecitazione ho letto con interesse i rapporti relativi alle concentrazioni di trialometani (THM) in acqua potabile nei Comuni della fascia ionica, pubblicati sul sito web del Comune di Policoro.

I rapporti resi disponibili documentano concentrazioni variabili di THM in vari punti della rete idrica, con superamento dei limiti previsti dal D.Lgs. 31/2001 ripetutamente riscontrati almeno nel periodo Settembre 2016 – Maggio 2018. Nonostante le discrepanze tra le concentrazioni riportate da ARPAB (tendenzialmente maggiori) e acquedotto lucano (AQL, più basse), alla luce delle evidenze presenti nella letteratura scientifica internazionale il range di concentrazioni di THM rilevate potrebbe comunque essere responsabile di un aumento di rischio sanitario nella popolazione esposta per le seguenti motivazioni: – Le concentrazioni di THM presentano tipiche e vistose variazioni cicliche stagionali, oltre che spaziali: sono maggiori in estate, basse in primavera, autunno e inverno. Le cicliche variazioni stagionali trovano riscontro in studi di biomonitoraggio, che hanno confermato la presenza di concentrazioni più elevate di THM urinari in comunità esposte durante i mesi estivi.

Nel caso dei Comuni della fascia ionica, la maggior parte delle rilevazioni sono state eseguite in primavera. Acquedotto lucano ha eseguito rilevazioni solo nei mesi di Aprile-Maggio 2018. Arpab ha eseguito una sola rilevazione estiva (luglio 2017, concentrazione massima 35 μg/L), una sola autunnale (ottobre 2017, rilevando la concentrazione maggiore dell’intera serie, 48.4 μg/L) ed una sola invernale (febbraio 2018, 32 μg/L). Questo potrebbe aver comportato, in generale, una sottostima delle concentrazioni massime raggiunte nella rete idrica esplorata.

In considerazione di ciò sarebbe dunque consigliabile organizzare un piano di monitoraggio continuo (non estemporaneo) su diversi punti della rete e durante tutti i mesi dell’anno, in tutti i Comuni nei quali sono stati sino ad ora registrati superamenti dei limiti di legge.

Le concentrazioni di THM possono essere da 2 a 4 volte maggiori al rubinetto rispetto agli impianti di trattamento. Le rilevazioni eseguite da Arpab e Acquedotto Lucano sono state eseguite, a livello urbano, su campioni provenienti da fontanini o da serbatoi cittadini. Sarebbe utile completare le indagini con campionamenti eseguiti da impianti idrici domestici (rubinetti di casa).

A parità di concentrazioni idriche di THM, dal punto di vista del rischio sanitario ciò che davvero conta è l’esposizione totale individuale (e, di conseguenza, la concentrazione “interna” di THM), che può essere molto diversa da soggetto a soggetto, in quanto dipende da numerosi fattori fisio-patologici (età, assunzione idrica, massa corporea, eventuale presenza di condizioni patologiche, durata totale dell’esposizione a basse dosi cronicamente assunte, accumulo etc.) e persino da abitudini personali, soprattutto nei bambini.

L’inalazione e il contatto cutaneo attraverso la doccia contribuiscono all’esposizione totale in percentuali variabili tra il 25 e il 60%. Altrettanto variabile può essere la percentuale di esposizione legata all’ingestione di THM con acqua potabile. Il rischio sanitario non è dunque uguale per tutti ma, a parità di concentrazioni idriche, è diverso in soggetti con diversa suscettibilità individuale, anche per motivi legati all’esistenza di differenti polimorfismi genici.

In considerazione dei superamenti rilevati, dunque, la sola quantificazione delle concentrazioni di THM in acqua potabile non è sufficiente ad ottenere una definizione adeguata del rischio sanitario nelle comunità esposte. Sarebbe consigliabile, oltre che importante, avviare protocolli di biomonitoraggio (ad es. dosaggio THM urinari) e di analisi epidemiologica in un adeguato campione di soggetti. – I diversi THM hanno differenti profili di rischio. Il rischio, in particolare, è circa 4 volte maggiore per i THM bromurati.

A questo proposito, nella maggior parte delle analisi eseguite (Arpab) non è stata indicata la composizione analitica dei diversi THM (in particolare dosaggio THM bromurati) nei campioni esaminati ma solo la concentrazione totale di THM. La speciazione dei THM è stata eseguita dal solo AQL con apparente prevalenza, in media, proprio dei composti bromurati. Tuttavia, il ridotto numero dei campioni e il ristretto intervallo temporale delle determinazioni non consentono di esprimere valutazioni complete e adeguate. Sarebbe opportuno che, nelle future serie di campionamenti, sia ARPAB che AQL dessero indicazioni sulla speciazione dei THM. –

Indipendentemente dai rischi di tipo oncologico, l’esposizione a THM è stata messa in relazione a condizioni patologiche non oncologiche come alterazioni spermatiche, disturbi dello sviluppo neuro-cognitivo infantile, possibili conseguenze epatiche e metaboliche, ritardo di crescita fetale, aborti spontanei, malformazioni, basso peso alla nascita. Le alterazioni della gravidanza e del periodo perinatale, in particolare, sono state associate anche ad esposizione a concentrazioni di THM in acqua potabile medio-basse (10-20 μg/l[23]), di molto inferiori al limite previsto dal D.Lgs. 31/2001 e simili a quelle registrate nell’area geografica esplorata.

Da quanto sino ad ora esposto appare evidente che il solo rispetto del limite di legge non è utile a tutelare la salute umana. I THM sono sostanze tossiche non naturalmente presenti nell’acqua e tutelare la salute umana comporta da un lato indagare sulle effettive cause della loro presenza e del loro eccesso (aspetti ancora non del tutto chiariti) e, dall’altra, porre in essere tutte le misure necessarie per un adeguato monitoraggio e, soprattutto, per garantire concentrazioni idriche assenti o le più basse possibili, indipendentemente dal rispetto del limite imposto dalla legge.

Un autorevole ente istituzionale ha ripetutamente rilevato superamenti di tale limite in un ampio intervallo temporale (almeno due anni). Questo rafforza la necessità di affrontare rapidamente e con ogni mezzo un problema probabilmente ancora irrisolto. In base alle evidenze disponibili esiste la possibilità che un’inadeguata gestione del problema comporti un ulteriore prolungamento del periodo temporale di rischio sanitario al quale sono sottoposte le Comunità interessate, soprattutto nelle sue parti più suscettibili all’esposizione (donne in gravidanza, età pediatrica).

Questo sarebbe ovviamente inaccettabile dal punto di vista etico, oltre che da quello del rispetto del diritto alla salute e all’accesso ad acqua non contaminata. Infine, indipendentemente dalla presenza e dall’eventuale prosecuzione di una condizione di aumentato rischio sanitario, una ricognizione esaustiva dei possibili danni sanitari già subiti dalla popolazione esposta dovrebbe essere condotta mediante valutazioni epidemiologiche di coorte adeguatamente disegnate, che tengano in considerazione appropriati e specifici indicatori sanitari da correlare con risultati di biomonitoraggio individuale, escludendo l’influenza di fattori di confondimento