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Quei fusti sepolti di cui è meglio non parlare

8 giugno 2018 | 10:35
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Quei fusti sepolti di cui è meglio non parlare

Bocche cucite sullo studio del Cnr, che nel 2003 parlò di “presenza di bidoni metallici interrati nel sottosuolo” lungo la Pista Mattei di Pisticci

Volare controsenso. Lungo la pista Mattei a Pisticci Scalo, da tempo si pensa a nuovi piezometri di monitoraggio della falda sotterranea. Una decisione semplice in un Sito di interesse nazionale a livello di bonifica ambientale (SIN, ndr)? Pare di no. Eppure anni fa politici e WinFly srl a Pisticci raccontavano l’aeroporto nazionale. Ma alle manifestazioni in pompa magna sono seguite, a febbraio 2018, le minacce di risarcimenti per milioni di euro dell’amministratore unico della WinFly, che ha parlato di lassismo di Regione e Consorzio industriale (Asi, ndr). Assurdo che in un’area dissequestrata contro il volere dei Carabinieri all’epoca di Celestina Gravina a capo della Procura di Matera, oggi invece di spendere soldi per una bonifica seria si andrebbe a gravare sui fondi pubblici per beghe tra una società privata e Regione. Per capire i motivi dei nuovi piezometri e le difficoltà nel farli su un luogo intossicato di cui ci occupiamo da tempo, dobbiamo partire dalle analisi fatte lungo la pista.

Storie scomode. Nel 2009 Nedo Biancani, ex consulente tecnico-scientifico della Provincia di Matera, in un’intervista mi raccontò irato dei lavori appaltati alla pista Mattei. Precisò che se non autorizzati dal Ministero dell’Ambiente e con una corretta procedura di Valutazione di impatto ambientale non si poteva far nulla nel SIN. Ma non c’è stato verso. È arrivata la WinFly. Raccontò pure d’una discarica nell’area della pista di volo individuata in un lavoro di indagine commissionato dall’Asi di Matera nel 2001 in cui era stato scoperto di tutto, della dura reazione dell’Asi, e di come lui e il suo staff divennero “persone scomode” in Basilicata. Perché rilevare inquinamento in Basilicata è scomodo? Nello studio fatto da Biancani si parla di inquinamento diffuso, e si riporta tra i documenti di uno scavo fatto sino a 4 metri in cui sono stati riscontrati fusti corrosi. Tra 2007 e 2008 arrivarono altre analisi. Le fece l’Arpab, che produsse una “Relazione sull’intervento di caratterizzazione eseguito sul sito della Syndial spa”, e le fece la Environ Italy srl per conto della Syndial di Eni.

La contaminazione dell’acqua sotto la Pista. Sia Arpab che Environ Italy rilevarono in alcuni campioni di terreno rame e idrocarburi pesanti fuori norma (foto 1).

Abbiamo comparato poi i risultati di Arpab e Environ Italy per le acque di falda che scorrono sotto la pista, mappando i superamenti (foto2) della Concentrazione Soglia di Contaminazione (CSC, ndr).

Tutti i 16 piezometri vedono manganese e solfati oltre CSC. In tutti c’è la stessa impronta di metalli pesanti, alcuni superano le CSC. In otto vi sono idrocarburi totali, in cinque alifati clorurati che in qualche caso superano la CSC. E tutto diventa più interessante se mettiamo assieme questi dati di contaminazione alle discariche presenti lungo la pista (discarica 1 e discarica 2 in foto 2, ndr), e a un altro studio del 2003 del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR, ndr), che ha individuato tre aree molto particolari (sito 1, sito 2, e sito 3 in giallo in foto 2, ndr). Per leggere il quadro della situazione di inquinamento dell’acqua sotterranea bisogna tener conto delle linee isopiezometriche, quelle che permettono di capire il deflusso della falda idrica, e cioé che l’acqua si muove dal sito 1 individuato dal CNR verso la discarica 2.

Probabili fusti interrati. Il CNR si servì d’una tecnologia geofisica per trovare fusti con rifiuti pericolosi o liquidi tossici per terreni, falde, catena alimentare, e salute umana. Nel sito 1 risultò un’ampia anomalia magnetica nella parte centrale, dovuta probabilmente a materiale a forte magnetizzazione, e in una sezione un’anomalia ben definita dovuta alla presenza d’un vasto corpo magnetizzato. L’elevata suscettibilità magnetica era dovuta a una “sorgente allocata a grande profondità”, tra 8 e 10 metri. Altre misure mostrarono tra 4 e 6 metri risultati chiari collegati alla forma degli oggetti interrati. Nel sito 3, altra area adiacente alla pista, lunga come una piscina olimpionica e larga la metà, venne fuori un’anomalia che in una zona circoscritta rivelò un’intensità di 9.000 nano tesla/metro, trentuno volte più alta dei test effettuati per capire il segnale rimandato da venti bidoni sepolti verticalmente a 4/5 metri. Per il CNR ciò era probabilmente causato dalla “presenza di bidoni metallici interrati nel sottosuolo”.

Il corso delle cose. “Concentrazioni di cobalto, rame, nichel, piombo e zinco – scrisse il CNR – sono state misurate nei campioni di suolo raccolti negli stessi punti di campionamento in cui era misurata la suscettibilità magnetica”. Mettendo in relazione il deflusso dell’acqua, le analisi di Environ e Arpab, e i risultati del CNR, si nota che l’acqua sotterranea si muove dal sito 1, dove il CNR ha individuato la probabile presenza di fusti interrati tra 4 e 10 metri, e grazie a pendenze scorre verso il sito 3 che presenta l’anomalia magnetica più elevata. È abbastanza particolare che proprio le analisi dell’acqua sotterranea effettuate sul piezometro collocato dal lato opposto ai siti indicati dal CNR, oltre a presentare metalli pesanti come cobalto cromo totale nichel e arsenico sotto CSC, e manganese circa 48 volte oltre CSC, solfati 10 volte oltre, alluminio circa 14 volte oltre, triclorometano due volte e mezzo oltre, presenti anche ferro 14 volte oltre CSC. Ci sono fusti in corrosione?

Cosa hanno interrato nella discarica 1? I tre piezometri attorno la discarica 1 presentano contaminazione. Il piezometro sul lato Basento, oltre CSC registra manganese, solfati e 1,2-dicloropropano, sotto CSC cobalto nichel piombo idrocarburi cis 1,2-dicloroetilene e 1,2-dicloroetilene. I due piezometri nell’area opposta, poco più a valle, presentano vanadio che non è normato nelle acque sotterranee, è un metallo raro diffuso in basse concentrazioni in minerali di ferro, titanio, uranio, piombo, petrolio e carbone. E ancora, cobalto nichel piombo cromo totale sotto CSC. In particolare poi, il piezometro dal lato pista presenta arsenico sotto CSC, e manganese solfati oltre CSC, mentre quello che da’ sul Basento piombo, nichel, cobalto, cromo totale, e oltre CSC manganese solfati e ferro, quest’ultimo, ben 52 volte oltre il limite. Sui sedici piezometri il ferro è presente solo nei piezometri adiacenti queste due discariche. Anche in questo caso non monitorato dal CNR ci sono fusti in corrosione?

Spiegare o insabbiare? Il piezometro interno della discarica 2 mostra arsenico, cobalto, cromo totale, nichel, piombo sotto CSC, solfati e manganese oltre. Il piezometro esterno dal lato pista, arsenico cobalto cromo totale piombo sotto CSC, nichel manganese solfati e 1-1 dicloroetilene oltre CSC (quest’ultimo 166 volte oltre, ndr). Presenta anche 1.1 dicloroetano sotto CSC e vanadio, col valore più alto rispetto a tutti i 16 piezometri. Parliamo di acqua, di qualcosa che non sta ferma. Abbiamo provato a sentire le persone coinvolte nello studio del CNR, per alcune domande, e per l’importanza che assume l’argomento. Hanno declinato. Qualcuno in modo drastico, qualcun altro perché si tratta di un lavoro datato, o perché all’epoca era solo un dottorando. Vista la tecnologia usata appositamente per trovare fusti e il segnale elevato di riscontro ottenuto, ci siamo rivolti a uno studioso del CNR che di questa tecnologia è esperto per l’uso ambientale che ne dovrebbero fare gli inquirenti. Inizialmente ci ha riferito di poterne parlare. Poi però, quando bisognava entrare nel merito, non ha dato più segni di vita. Chiudiamo con le parole usate nello studio. Una tecnologia si scrive, utile a caratterizzare depositi di rifiuti, cercare cavità di seppellimento, e fusti sepolti.