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In Italia ha vinto il fronte di “resistenza”, se ne facciano una ragione i tecnocrati dell’Ue

26 maggio 2018 | 11:37
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In Italia ha vinto il fronte di “resistenza”, se ne facciano una ragione i tecnocrati dell’Ue

M5S e Lega hanno saputo rappresentare in modo più adeguato il disagio creato da processi di globalizzazione di stampo neo-liberista che stanno impoverendo la middle-class

Il nuovo governo ormai sembra che stia arrivando in dirittura d’arrivo. Formato da un’ alleanza Giallo-Verde inaspettata ed inedita. Al netto delle tante ingenuità, “ignoranza” e goffaggini della nuova compagine, temo che i maggiori analisti politici non abbiano piena contezza circa i segnali forti venuti dalla consultazione elettorale di marzo. In sostanza chi e perché ha vinto ? I vincitori (chi) ovviamente sono il M5S e la Lega. Hanno vinto (perché) hanno saputo rappresentare in modo più adeguato il disagio creato da quei processi di globalizzazione di stampo neo-liberista che stanno impoverendo la middle-class occidentale nata , sviluppatasi e prosperata all’ombra del “Welfare State”. Un “Welfare” che, paradossalmente, viene oggi picconato dalla stessa Europa Unità ed il suo euro che, di fatto, si sta rivelando più una potente cassa di risonanza di quella globalizzazione consumistica, dettata dai grandi gruppi industriali multi-nazionali, piuttosto che la casa condivisa dei popoli europei. Se vogliamo sono gli stessi motivi che hanno portato alla vittoria Trump in America.

Insomma in Italia ha vinto questo fronte di “resistenza” a certe forme malate e perverse della globalizzazione neo-liberista veicolate da certe politiche dell’UE. Se ne facessero una ragione coloro che dell’UE tecnocratica e dei mercati ne hanno fatto un mantra dogmatico ed indiscutibile. Non sono ragazzi allo sbaraglio, ingenui sì, a volte moralisti, con punte anti-scientifiche inquietanti. Certamente sovranisti e chi più ne ha più ne metta! Ma l’orientamento del popolo italiano è forte e chiaro: rivedere l’Europa ed i suoi trattati così come sta scritto nel contratto. Ma dobbiamo buttare all’aria l’Europa ed il suo processo di unificazione ? Certamente no. Non dobbiamo mai dimenticare che l’U.E. è stata la soluzione geniale per chiudere una volta per tutte con le guerre fra nazioni sul suo suolo.

Oggi questo processo è ancora più cogente perché solo strutture statuali meta-nazionali possono realmente avere la forza politica necessaria di governare ed educare i processi di globalizzazione in atto. Una singola nazione è troppo debole per contrapporsi ad essi. Occorre che i paesi cedano quote pesanti della loro sovranità come la politica estera, la difesa, la sicurezza, la ricerca e sviluppo ed una economia finanziaria e monetaria realmente unitaria dove si condividono i surplus come i debiti. Dare tutti questi poteri al parlamento votato dai popoli europei e sottrarli al Consiglio d’Europa che è ormai diventata la camera di compensazione dei corti interessi particolaristici delle singole nazioni (dove la Germania la fa da padrona!).

Questa architettura deve essere la terra promessa per fondare una nuova Europa. Se non si ha voglia di andare in questa direzione allora è meglio che si rompano le fila. Rischieremmo altrimenti di trasformare l’Europa in una polveriera. Da parte di questo governo, se acquisisse la forza e l’autorevolezza necessaria, potrebbe far diventare il nostro paese la locomotiva che traina e guida questo processo verso la nuova europa. La smetteremmo con quegli odiosissimi vertici a due Germania-Francia nei quali si decidono gli indirizzi di politica europea. Ma ai singoli stati cosa rimarrebbe allora ? Ai singoli stati sembra che rimanga ben poco dal punto di vista statuale, ma non è così. Potrebbero curare la “Nazione”. Ovvero cercare di riscoprire, curare ed esaltare quei valori materiali ed immateriali sui quali si basa la convivenza in un paese. Governare le bellezze naturali, ambientali, architettoniche, artistiche, la storia, la cultura, le sue religioni, la sua cucina. Insomma lavorare perché si riscopra la bellezza ed il gusto di un’appartenenza ad un popolo.

Questo è un modo sano di inserirsi nei processi di globalizzazione (quella per intenderci che l’India sta inseguendo!) e per poter restituire il pallino del destino dei nostri territori alla politica. La Touche parla non a caso di una globalizzazione che deve mettere in dialogo le diversità. Se questa nuova compagine e questo nuovo governo avesse contezza di questa missione (e questo seme c’è in tutte e due le forze che si sono affermate oggi!) entreremmo realmente nella terza repubblica ma, soprattutto, in una seconda Europa!

Francesco Vespe