Il voto a Sud e la reazione al tradimento politico

29 aprile 2018 | 10:43
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Il voto a Sud e la reazione al tradimento politico

La morbosa attenzione italica per il formalismo, in cui si nascondono torme di raccomandati e inetti è uno degli scandali più gravi

Non è più un fatto di destra o sinistra. Di conservazione o progressismo. La questione è ormai etica (ed estetica?). Il cittadino italiano è chiamato a decidere tra decenza e indecenza. Alcuni candidati sono obiettivamente inguardabili. Ma in troppi votano senza guardare. Manipoli

di elettori “impresentabili” riescono a non rendersi conto di nulla, costituendo – senza saperlo e neanche volerlo –  il nocciolo della questione italiana. Questo, al netto del tentativo di screditare il voto del Sud salvando come puro e immacolato il resto del paese, con inchieste dotate di gusto e sostanza discutibili. Come quella sul voto meridionale appiattito sul reddito di cittadinanza. Non è falsa la notizia. Piuttosto, è tendenziosa la narrazione che la notizia sottende. Carica di una dose di razzismo latente che tuttora attraversa, strisciando, lo Stivale. Fosse anche vera (ammesso e non concesso), tale narrazione evidenzia anziché attenuare le responsabilità di decisori incapaci per anni di vedere il dramma del divario economico in Italia. Denunciato da chi ha raccolto, in quegli anni stessi, offese gratuite come quella della vocazione al piagnisteo.

La nostra incapacità di cogliere il nesso degli scandali è un prezzo alto che stiamo pagando. Un politico in vista finanzia per anni la mafia e il suo elettore non compie la dovuta revisione, non prova alcun senso di colpa, per aver votato senza la dovuta riflessione. Intanto, stiamo per ricordare nuovamente le stragi dei grandi magistrati che hanno versato il sangue per dimostrarci che non tutto il paese, e, soprattutto, non tutto il Sud sono persi per sempre.

Da quel sangue bisogna ripartire. Non per vendicare o per escludere. Ma per illuminare e includere.

La morbosa attenzione italica per il formalismo, in cui si nascondono torme di raccomandati e inetti è uno degli scandali più gravi. È questo l’ampio margine di agibilità del brutto in politica e nella pubblica amministrazione. Che consente a una classe dirigente fallimentare di incrementare la propria rendita di posizione. Costruita sul sacro basamento della distrazione di massa. Sull’inclusione selettiva e clientelare che agisce da tombino piombato sulla possibilità di alzare la testa e parlare. La democrazia della distrazione non ammette che si focalizzino i problemi.

La gente, semplicemente, dimentica. Rimuove.
Il voto del Sud è stato, sì, un voto di reazione al tradimento politico dei precedenti delegati. Ma su quale altare verrà sacrificato? Con Quali obiettivi e programmi? Giovi ricordare i dati. scomodi e veri. Ad esempio, molto interessante il rapporto noi-italia, curato da Istat.
Tra l’altro, vi si legge che “La spesa per la rete territoriale dei servizi sociali, in rapporto al Pil, è mediamente più alta nel Nord-est e nel Centro” e che “Nelle regioni del Mezzogiorno i livelli di spesa pro capite dei comuni sono decisamente inferiori rispetto alle regioni del Centro-Nord”.

Quello che si coglie nelle 100 statistiche Istat (Rapporto Noi Italia) è che al Sud si spende meno in ambiti nevralgici come i servizi per l’infanzia, interventi e servizi sociali, la spesa sanitaria pubblica per abitante. e che molto spesso si spende molto male, vanificando persino il senso di un investimento più cospicuo. E si legge che aumenta al Sud il numero dei Neet, ossia i giovani che non studiano, non hanno lavoro e neanche lo cercano. Un fenomeno grave, da affrontare con tempestività, coraggio ed efficacia.

Non lo dice il sottoscritto, per filantropia. L’ONU nel 2015 ha stilato una serie di obiettivi (Sustainable Development Goals), la cosiddetta Agenda 2030, per il conseguimento di una maggiore inclusione, entro quell’anno, misurata attraverso una serie di indicatori, come le disuguaglianze sociali, l’accesso all’istruzione, condizioni di vita eque e dignitose per tutti.

Nel nostro Paese, il coefficiente di Gini, (che, lo ricordiamo, misura la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza in un Paese) è oggi più alto della media europea. Tuttavia, quel che fa più male, è dover osservare il suo sensibile aumento dal 2010 al 2016. Il segno della necessità di cambiare rotta. Con investimenti mirati in formazione, innovazione, inclusione sociale.

Ridurre le disuguaglianze, anziché accentuarle. è questo l’obiettivo che il nostro paese deve porsi.