Eni ha usato l’incenso per vendere fumo. Disertare, rifiutare, disobbedire

14 aprile 2018 | 13:59
Share0
Eni ha usato l’incenso per vendere fumo. Disertare, rifiutare, disobbedire
Eni ha usato l’incenso per vendere fumo. Disertare, rifiutare, disobbedire
Eni ha usato l’incenso per vendere fumo. Disertare, rifiutare, disobbedire
Eni ha usato l’incenso per vendere fumo. Disertare, rifiutare, disobbedire

Il falso problema delle caramelle distribuite agli studenti, l’inaffidabilità della multinazionale e il tradimento della politica a danno dei cittadini

Nei giorni scorsi l’Eni ha distribuito braccialetti e caramelle per lanciare il “Bootcamp #energia per la nazionale a Villa d’Agri: fantasia e creatività in campo”. Che cos’è questa iniziativa?

“E’ una sfida rivolta ai giovani del territorio di età compresa tra i 18 e i 25 anni: organizzati in team, 40 ragazzi si sfidano il 21 aprile nella realizzazione di video educational ispirati alla semantica del calcio per parlare di valori che sono alla base della collettività. La giornata si svolge presso l’Istituto Omnicomprensivo Marsicovetere di Villa d’Agri, in provincia di Potenza, ed è guidata dai divulgatori della Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM). In palio per i primi classificati l’opportunità di volare a Nizza con la Nazionale per assistere all’amichevole Francia-Italia del 1° giugno 2018.”. 

Il tema dunque non è perché e “come si sia permesso l’Eni di distribuire caramelle nelle scuole”. Si tratta al contrario di affrontare una riflessione sulle strategie di marketing e comunicazione del cane a sei zampe in territorio lucano.

Lo scopo di queste ed altre iniziative è la creazione di relazioni positive con il territorio e con i suoi abitanti. Il cliente dell’Eni è l’opinione pubblica e il prodotto da piazzare è la reputazione aziendale. Per un’azienda con quelle caratteristiche produttive è fondamentale che l’opinione pubblica locale sia coinvolta in una narrazione positiva delle attività estrattive. E’ fondamentale evitare conflitti con il territorio e comunque attenuarli il più possibile. Il conflitto ha un costo che spesso si traduce nell’erosione del capitale di prestigio e di reputazione dell’azienda. Ha costi di transazione, nel rapporto azienda e cittadini, tra azienda e istituzioni interessate alla sua attività (controlli, autorizzazioni, permessi, iter burocratici, procedimenti amministrativi, giudiziari, ecc.). In breve possiamo dire che queste iniziative di promozione e comunicazione sono finalizzate a minimizzare i costi di transazione nella “dinamica contrattuale” tra Eni e popolazioni, tra Eni e istituzioni.

Eppure i conflitti e quindi i costi di transazione nel corso di questi 25 anni hanno rappresentato per l’Eni una vera e propria “calamità aziendale”. Sono cresciuti e tendono continuamente a crescere per una ragione semplice: la multinazionale ha sottovalutato i costi di transazione ex-ante, cioè prima che l’attività estrattiva avesse inizio.

Questi costi sono in larga parte derivanti da informazioni imperfette (e asimmetriche). L’asimmetria informativa su cui l’Eni ha giocato all’inizio e nel corso degli anni successivi si è trasformata in un boomerang per l’azienda.  Le informazioni imperfette nel caso specifico sono servite a coprire “dettagli dell’accordo tra Eni e territorio” che, in caso di informazioni simmetriche, ossia corrette, avrebbero spinto il contraente, e cioè l’opinione pubblica a rifiutare lo scambio.

Inquinamento, scarse opportunità di sviluppo, scarsa intensità di lavoro, disastri, inchieste giudiziarie, distruzione di aree agricole, rischi per la salute umana e degli animali, modalità di controllo dei processi produttivi, e così via, sono campi di informazione omessi ex ante. Se una parte, l’opinione pubblica, non conosce (o gli è costoso conoscere) le informazioni, o non sa (o gli è costoso sapere) dove reperire tali informazioni, allora questa potrebbe essere scoraggiata a realizzare una transazione efficiente. Dunque il “contraente” Eni, a suo tempo, per non scoraggiare la transazione, ha giocato sull’asimmetria informativa occultando dettagli o, addirittura, falsificandoli. E la politica e le istituzioni che avrebbero potuto accedere alle necessarie informazioni, hanno invece aderito alla narrazione scritta e diffusa dall’Eni sull’eldorado del petrolio. Per cui è evidente che gli unici a ricavare vantaggi da uno scambio fondato ex ante e in itinere su informazioni imperfette sono stati Eni e i politici, tenendo fuori dalla transazione il territorio e i suoi abitanti.

Il problema attuale, dunque, va inquadrato diversamente. Caramelle o non caramelle, si tratta di prendere atto che l’Eni è un contraente sleale, di cui non ci si può fidare, che ha disatteso continuamente gli accordi sottoscritti e che, oggi sappiamo, ha occultato le informazioni corrette in sede di transazione originaria e in quelle successive. Sarebbe a dire che una politica seria e istituzioni serie dovrebbero annullare unilateralmente il “contratto con l’Eni” per gravi e colpevoli inadempienze.

Ma questo, per ovvie ragioni, non accadrà. E allora che siano l’opinione pubblica, il territorio, i cittadini a sancire il tradimento del cane a sei zampe e delle istituzioni, rifiutando qualunque tentativo di marketing da parte della Multinazionale. Disertare le iniziative organizzate in tal senso: dagli eventi, alle sponsorizzazioni, dai gadget ai seminari di educazione ambientale, e così via. Lo stesso discorso vale per la Total, senza nemmeno cambiare una virgola.