Direttore abusivo al Parco dell’Appennino lucano. Legambiente: “gestione affaristica e personalistica”
“Non ha mai avuto i titoli per ricoprire quel ruolo”
Lo dicevamo da tempo e, puntualmente, è stato rilevato anche dalla Corte dei Conti: il Direttore del Parco nazionale dell’Appennino lucano non ha avuto mai avuto i titoli per ricoprire quel ruolo.
Oggi, tuttavia, rientrando nell’Albo specifico per Direttori di Parchi Nazionali, grazie all’esperienza maturata, pare, illegittimamente, rischia seriamente la riconferma.
“Perplessità e scoramento – sottolinea Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata – sono i sentimenti suscitati dall’ennesima manifestazione di incompetenza ed approssimazione nella gestione dell’Ente Parco Nazionale, strumento strategico per lo sviluppo territoriale la cui istituzione abbiamo prima per anni sostenuto con forza e poi, nel 2007, accolto con grande entusiasmo”.
“Peraltro – continua Lanorte – questa è solo l’ultima evidenza di una gestione affaristica e personalistica che, nel corso degli anni di attività dell’Ente Parco, si è andata sempre più consolidando”.
Le prime anomalie furono segnalate già in fase di selezione delle ‘guide del parco’ (primo ricorso promosso da un ammesso peraltro), seguite da numerosissime assunzioni urgenti a tempo determinato, e incarichi ‘creativi’ che hanno sempre più allontanato l’Istituzione dalla sua mission e dal territorio di competenza, fino a determinarne la conformazione in un elitario comitato d’affari.
L’episodio della devastazione evitata in extremis dell’area di importanza comunitaria Murge di Sant’Oronzo a Gallicchio – habitat del capovaccaio – resta un’altra chicca di incompetenza, ma anche la ‘dimenticanza’ dello scorso anno di prevedere una posta finanziaria per l’educazione ambientale la dice lunga sulla percezione che gli interpreti principali hanno della funzione di un Ente Parco Nazionale.
“Nella idea originaria il Parco – sostiene Ennio Di Lorenzo, Presidente del Circolo Legambiente Val d’Agri – doveva rappresentare un’avanguardia culturale capace di promuovere uno sviluppo effettivo e duraturo, un formidabile moltiplicatore di opportunità, capace di valorizzare e rilanciare saperi, tradizioni, abilità, competenze, tecnologie, professionalità, servizi, aggiungendo nuovo valore e maggiori benefici economici alla presenza dell’uomo con la sua operosità”.
“L’Ente Parco dell’Appennino lucano – continua Di Lorenzo – non ha dimostrato alcuna capacità ad interpretare il suo ruolo in questo senso.
Appiattito in un approccio di ‘buon vicinato’ con Eni, non ha saputo essere il motore di alcun cambiamento. Emblematica è la vicenda del bando di gara del progetto Security, da circa 3 milioni di euro, gentilmente concessi da Eni con l’obiettivo della ‘ricognizione visiva’ delle condotte petrolifere”.
“Questo Parco – continua Lanorte – manca completamente di sensibilità e consapevolezza del suo ruolo, ragionando ormai come parte dell’indotto Eni invece di essere garante e promotore della compensazione ambientale, oltre che motore di un percorso che porti ad una moratoria dell’attività estrattiva e l’avvio di una progressiva riconversione produttiva”.
La mancanza dei titoli del Direttore può spiegare ma non giustificare un andazzo simile: è un’aggravante, non una scusante, ovviamente; ma il futuro non offre nessun motivo di conforto. L’attuale Direttore, peraltro, pare ineluttabilmente destinato a rimanere al suo posto.
Il bando di reclutamento per il ‘nuovo’ Direttore dello scorso luglio, infatti, contenendo una clausola di dubbia legittimità, riserva la possibilità di anticipare la pubblicazione dell’Albo nazionale aggiornato dei Direttori di Enti Parchi Nazionali ai partecipanti.
Mossa indispensabile per garantire la carica all’attuale direttore che, comparendo oggi nel suddetto elenco, è già in pole position essendo uno dei tre nomi trasmessi dall’Ente al Ministero, nonostante l’esperienza sarebbe stata maturata illegittimamente secondo la Corte dei Conti.
“L’opinione pubblica e gli operatori del territorio – conclude Di Lorenzo – chiedono e meritano trasparenza, competenza e affidabilità. Non è più possibile accettare una gestione così affaristicamente novecentesca e così poco efficace di un Ente così strategico per un’area di rilevanza essenziale per l’intera Regione.
E’ necessario resettare l’intero impianto del parco e l’approccio dei suoi interpreti verso le istituzioni, l’ambiente e il territorio, anche commissariando nuovamente l’Ente, ripristinando condizioni di legittimità e trasparenza, indispensabili ad un rapporto empatico con le popolazioni locali, altrimenti avranno avuto ragione i detrattori che, anche contro Legambiente, hanno per oltre un quindicennio ostacolato la nascita del Parco in Val d’Agri e nel Lagonegrese”.