I giorni dell’inganno. L’Arpab ammette la cantonata e Pittella sbanca al gioco delle tre carte
Costa Molina 2. E’ accaduto quanto di peggio avevamo temuto: l’Eni avrebbe ragione, l’Arpab ha dato un’altra mazzata alla sua credibilità, la Regione ha chiuso il solito cerchio circense della politica cerchiobottista e gattovolpesca del suo presidente
La Giunta regionale ha deliberato ieri la revoca della sospensione della reiniezione delle acque di strato mediante il pozzo “Costa Molina 2”. La sospensione era stata disposta il 6 ottobre scorso a seguito dei risultati delle analisi svolte da Arpab su campioni prelevati il 4 settembre 2017. Questa è la prima scena del teatrino.
La decisione del governo regionale- si legge in una nota ufficiale- tiene conto dei risultati comunicati dall’Agenzia regionale di protezione ambiente che, anche con il supporto di Ispra, ha effettuato nelle scorse settimane una serie di puntuali accertamenti. Questa è la seconda scena del teatrino.
Il riavvio delle attività di reiniezione è condizionato dal rispetto di ulteriori prescrizioni, che prevedono, per i prossimi 18 mesi, campionamenti con cadenza settimanale da parte dell’Eni sulle sostanze rinvenute. A sua volta, l’Arpab effettuerà con cadenza mensile per i primi due mesi e semestrale per il prosieguo ulteriori campionamenti presso le aree pozzo campionabili. Questa è la terza scena del teatrino.
Ultima scena del teatrino: “Le metodiche da impiegare nelle analisi sui campioni, anche da parte della Società, dovranno essere quelle sviluppate dall’Agenzia regionale di protezione ambientale”.
Cerchiamo di capire
Il 6 ottobre viene disposta dalla Regione la sospensione dell’attività di reiniezione. Perché? Perché dalle analisi effettuate da Arpab all’inizio di settembre, è risultata la presenza di ammine nelle acque da reiniettare. Si tratta di sostanze pericolose, da smaltire come rifiuti speciali.
L’Eni reagisce immediatamente al provvedimento di sospensione, smentendo le analisi dell’Arpab, con una nota ufficiale: “Fisicamente impossibile la presenza delle sostanze rilevate dall’Agenzia nelle acque di strato. Facciamo controlli giornalieri”. E aggiunge: “Nessuna fermata degli impianti al Cova, non c’è motivo”.
In quei giorni capiamo che qualcosa non quadra. E in un editoriale a mia firma avanziamo dei dubbi. “L’istinto ci porterebbe a riflettere dinanzi a un trivio: O siamo di fronte a un braccio di ferro Eni-Regione costruito ad hoc, una fiction abilmente creata per confondere l’opinione pubblica, oppure questa storia delle sostanze tossiche rilevate dall’Arpab è vera. Oppure, se dobbiamo dare credito a Eni, l’Arpab ha preso una cantonata. Se l’Eni avesse ragione, acquisterebbe autorevolezza e credibilità che le consentirebbe di inquinare con maggiore tranquillità. A danno dell’Arpab, già ampiamente considerata dall’opinione pubblica una fregatura scientifica e politica al servizio degli inquinatori.”. Vi invito a rileggere quell’editoriale, alla luce di quanto successo.
Oggi l’Arpab ammette: “Siamo capre”
Con il provvedimento di revoca della sospensione di ieri, basato su dati Arpab che dimostrano il contrario dei dati Arpab del settembre scorso, l’Agenzia ammette di aver sbagliato e la Regione ammette di aver preso una cantonata. E’ accaduto quanto di peggio avevamo temuto: l’Eni avrebbe ragione, l’Arpab ha dato un’altra mazzata alla sua credibilità, la Regione ha chiuso il solito cerchio circense della politica cerchiobottista e gattovolpesca di Marcello Pittella. E come se ciò non bastasse, a rendere tristemente ridicola la posizione odierna della Giunta Regionale è quella prescrizione da “giocoliere” che impone all’Eni di effettuare campionamenti con le stesse metodiche utilizzate dall’Arpab. Sarebbe a dire? Eni deve fare i campionamenti con lo stesso metodo che avrebbe indotto l’Arpab in errore? Chi ci capisce è bravo.
Pittella ha svelato l’inganno
Lui, il presidente della Basilicata, agisce sulla base di dati certi, su documenti ufficiali. Non prende mai decisioni sull’onda emotiva degli ambientalisti o dei “gufi da salotto”. Ed è vero. Tutti i dati certi, come quelli Arpab, vanno a finire sul tavolo da gioco delle tre carte. Alla fine vince sempre chi tiene il mazzo. Ma non sempre, perché altrimenti nessuno più punterebbe un euro. Ed è questo il gioco ingannevole continuo a cui sono sottoposti i cittadini lucani. Alla luce di quanto accaduto, quali sono i dati certi? Quelli Arpab che hanno determinato la sospensione nell’ottobre scorso? Quelli che, al contrario, hanno motivato la revoca della sospensione ieri? I dati dell’Eni? Quella della Vis del professor Bianchi? Quello degli esperti convocati dall’Eni per affossare la Vis? Ci dica lei, una volta per tutte, a chi dobbiamo credere? La domanda è retorica, naturalmente, perché la questione è chiarissima. La Basilicata è sotto il ricatto delle compagnie petrolifere, grazie ai cervelloni che ci hanno amministrato fino a quest’ora; Pittella deve fare gli interessi delle multinazionali in nome dell’interesse strategico nazionale per mantenere la benevolenza dei suoi superiori e salvaguardare la carriera; Nello stesso tempo, il governatore, deve tenere a bada tutti i potenziali elettori rassicurandoli sul fronte ambientale e sanitario. Il circo equestre delle decisioni assunte sulla base dei dati ufficiali, serve a questo. Ma è la somma che fa il totale, diceva Totò. E la somma non certo favorisce i lucani.