Paziente legato al letto per 14 giorni nell’ospedale di Potenza

26 settembre 2017 | 18:29
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Paziente legato al letto per 14 giorni nell’ospedale di Potenza
Paziente legato al letto per 14 giorni nell’ospedale di Potenza
Paziente legato al letto per 14 giorni nell’ospedale di Potenza
Paziente legato al letto per 14 giorni nell’ospedale di Potenza
Paziente legato al letto per 14 giorni nell’ospedale di Potenza
Paziente legato al letto per 14 giorni nell’ospedale di Potenza

Le foto choc scattate dai familiari che denunciano : “Contenzione applicata senza consenso”. Ricoverato tra giugno e luglio 2017 per 15 giorni. “Quindici giorni di inferno”

Ci sono dei motivi per cui una persona ricoverata debba essere legata al letto? Privata della dignità, ferita nell’umanità, umiliata? Sì, è possibile in casi specifici. Si chiama “Contenzione fisica del malato”. In particolare quando il paziente versa in uno stato confusionale, quando è incapace di autodeterminarsi e presenta gravi alterazioni psichiche tali da mettere in pericolo la sua incolumità e quella degli altri. Non è una passeggiata per il personale ospedaliero. Chi sbaglia viola la Costituzione e calpesta i diritti umani.

In realtà si tratta di un intervento raramente appropriato, specie nelle persone anziane, a causa delle conseguenze su molte funzioni fisiche e psichiche, non più stimolate adeguatamente. Si riducono la massa e il tono muscolare, peggiora l’osteoporosi, si perdono progressivamente le funzioni di vita quotidiana, come alimentarsi, vestirsi, lavarsi. A questo devono necessariamente aggiungersi le lesioni provocate da presidi inadeguati o nel tentativo di liberarsene.

Che cosa è capitato al papà della nostra fonte, 88 anni, ricoverato nel reparto di rianimazione dell’Ospedale San Carlo di Potenza? (continua nelle pagine seguenti)

Ricoverato tra giugno e luglio 2017 per 15 giorni. “Quindici giorni di inferno. Lo hanno legato mani e piedi.” Nel tentativo di liberarsi si è provocato delle lesioni. Eppure nella cartella clinica c’è scritto: “Paziente tranquillo, apre gli occhi allo stimolo visivo, accenna ad eseguire gli ordini semplici”. Tranquillo ma legato. Legato per 14 giorni prima mani e braccia, e poi anche i piedi. Eppure era tranquillo!

Legato con cosa? Con fasce bianche simili a lenzuola. Strano. Esistono sistemi di contenzione ben noti al personale medico e paramedico. Le lenzuola o altre similitudini sono davvero roba creativa. Si voleva nascondere la contenzione? E poi vi è traccia di come è stata trattata questa contenzione? Ci sembra di aver capito, dallo studio del caso, che la contenzione non dovrebbe essere imposta per più di 12 ore. Comunque andiamo a vedere che cosa sarebbe successo. Le foto sono state scattate di nascosto dai familiari dell’uomo.

Perché lo hanno legato? Non sarebbe un caso isolato

La contenzione, in quanto atto medico, necessita sempre di prescrizione medica che, per essere valida, dovrà essere preceduta dal consenso informato. Solo in questo modo la contenzione assumerà dignità propria. E’ chiaro, quindi, che la contenzione rimane una pratica illegale, laddove applicata senza il consenso del paziente oppure dei familiari. In questo caso, che non sembra l’unico, la circostanza è aggravata dal fatto che non v’è traccia della prescrizione e quindi dei motivi della contenzione fisica, nella cartella clinica. I familiari non sono stati informati, né a loro è stato chiesto il consenso. Altri pazienti sarebbero stati legati, nello stesso reparto, senza alcun consenso. Sembrerebbe una pratica di consuetudine, adottata sulle persone anziane. Alla faccia della Costituzione, dei diritti umani, dei codici deontologici.

Perché nascondere la contenzione fisica?

Va detto, prima di ogni cosa, che la contenzione non è mai un processo statico, ma sicuramente di tipo dinamico: la rivalutazione del processo, sia nel perseguimento dei suoi obiettivi (mettere in sicurezza il paziente e gli altri), sia nei suoi standard procedurali, va affrontato e rivisto periodicamente. Nella cartella clinica non v’è traccia. Silenzio. Occultamento. Perché? Possibile che nessuno del personale medico e paramedico di quel reparto abbia avuto sentore di questa pratica di “contenzione facile”?

Ipotizziamo due ragioni per cui la contenzione fisica sembrerebbe essere, in quel reparto, metodica abituale di accadimento: a) è un’implicita risposta alle necessità istituzionali (mancano gli infermieri e quindi non è possibile accudire degnamente i pazienti che, legati, “danno meno fastidio”; b) consapevole ed esplicita violazione dei codici deontologici, della Costituzione, del Codice penale, per pura negligenza o superficialità o pigrizia.

Ci auguriamo che, se davvero la contenzione fosse una pratica consuetudinaria, siamo di fronte alla prima motivazione. Il che non giustifica nessuno. Anzi, la posizione di garanzia rivestita dal sanitario pubblico costituisce espressione dell’obbligo di solidarietà garantito dalla Costituzione, funzione che gli conferisce addirittura l’obbligo giuridico di intervenire sancito dall’articolo 40 del Codice penale secondo il quale “non impedire un evento che si ha l’obbligo di impedire equivale a cagionarlo”.

Nel diario clinico del nostro paziente c’è dell’altro

Nel diario clinico del paziente sarebbero presenti altre anomalie in ordine alle cure prestate, ai farmaci somministrati e ad alcuni documenti inseriti nel fascicolo medico non si capisce a quale titolo. Ricostruire quei giorni, con una cartella clinica così redatta, sarebbe difficile anche per un esperto.

La terapia somministrata è carente di informazioni. Non sempre sono indicati il giorno e l’ora, così come non sempre è riportata la firma di chi ha somministrato la terapia. Lo stesso si dica per gli esami diagnostici effettuati.

Sono presenti cancellature sotto cui non è possibile leggere cosa c’era stato scritto. Cancellature che richiederebbero, trattandosi di un documento ufficiale, una firma che ne attesti l’errore che dovrebbe essere a sua volta comunque leggibile. E invece solo macchie nere.

Il diario in alcuni giorni non è firmato e in altri giorni, quando è firmato, non si capisce chi lo ha firmato.

Il paziente e i familiari chiedono con insistenza di abbandonare l’ospedale, ma…

E’ stata dura “fuggire” da quel reparto. Lo dice uno delle figli dell’uomo ricoverato. “Non volevano in alcun modo che mio padre lasciasse il reparto.” Finalmente, un giorno, grazie all’intervento del primario Libero Mileti, che tra l’altro in quei giorni era in ferie, lo lasciano andare. Dimissioni volontarie, con assunzione di responsabilità da parte della moglie dell’uomo. Nella cartella clinica invece cosa c’è scritto? Dimissioni ordinarie domiciliari. Santo denaro! Santa aziendalizzazione spregiudicata della sanità! Falso. Si è trattato di dimissioni volontarie. Tant’è che in un’altra pagina del fascicolo medico c’è scritto il contrario: “Dimissioni volontarie”. Insomma fate voi. Noi, per adesso, ci fermiamo qui.