La meritocrazia e le ricompense al merito. Un problema democratico

23 settembre 2017 | 14:48
Share0
La meritocrazia e le ricompense al merito. Un problema democratico
La meritocrazia e le ricompense al merito. Un problema democratico
La meritocrazia e le ricompense al merito. Un problema democratico
La meritocrazia e le ricompense al merito. Un problema democratico

Il potere del merito, in un’economia allo sbando per causa del dominio del capitalismo finanziario, è rischioso. Rischiosa anche la falsa meritocrazia nella pubblica amministrazione e nelle aziende pubbliche

Chi oggi invoca più meritocrazia forse rischia di ottenere risposte diverse da quelle che crede di sollecitare.

Il potere del merito, in un’economia allo sbando per causa del dominio del capitalismo finanziario, è rischioso. Rischiosa anche la falsa meritocrazia nella pubblica amministrazione e nelle aziende pubbliche.

I meritevoli senza meritorietà

Non raramente il principio meritocratico viene applicato come se si trattasse di ricompensa al merito, non legato al consenso pubblico, né al consenso delle parti, ma attribuito unilateralmente dal capo. Il capo ( politico, manager…) assegna così la medaglia utilizzando criteri che non sempre hanno a che fare con la meritorietà che è e dovrebbe essere un’altra storia. Nel migliore dei casi, sia nel privato sia nel pubblico, qualora venisse applicato il principio meritocratico nella selezione dei potenziali assunti, si preferisce osservare i meriti tecnici e i titoli perché più facilmente traducibili in quantità e quindi più oggettivi. Fa testo il curriculum con le sue quantità. Si finisce così per assumere gente con tre lauree, due master a Roma, cinque anni di esperienza a Londra, che però non hanno alcun talento relazionale e qualitativo. Spesso sono analfabeti relazionali ed emozionali. E in alcune aziende, specie pubbliche, saper usare parole come “scusa”, “perdonami” è tanto importante quanto le risorse economiche.

Esiste un altro curriculum con titoli che non si possono acquisire sul mercato, ma che sono legati alla nostra storia, alle nostre scelte e ai nostri investimenti personali nella vita, al nostro essere umani unici, che nessun mercato può vendere. Scrive Luigino Bruni, professore di economia alla Lumsa di Roma: “Tante donne, soprattutto mamme, sviluppano, per natura e per necessità, capacità di gestire la complessità (figli, famiglia, genitori, parenti, lavoro, rapporti sociali…): capacità che hanno pure un grande valore organizzativo ed economico, se opportunamente viste e valorizzate…” Al contrario il requisito di mamma o di futura mamma nei curriculum è visto come un ostacolo. Eppure loro sarebbero meritevoli, ma senza meritorietà nella dittatura della meritocrazia senza meriti.

Si può essere d’accordo con l’idea di meritocrazia proposta da R. Abravanel per cui ”i migliori vanno avanti in base alle loro capacità e ai loro sforzi, indipendentemente da ceto, famiglia di origine e sesso.”

Chi decide chi è il migliore?

Certo, ma chi assegna la medaglia di migliore? Come abbiamo visto la scelta è determinata da fattori meritori che non sempre sono meritevoli. Non è semplice stabilire il più meritevole, poiché i meriti spesso sono molti e diversi in base alle persone, ai contesti, alle organizzazioni. E’ più semplice quando si cercano competenze tecniche specifiche, dai settori tecnologici alla cucina tibetana. Meno semplice nei settori della pubblica amministrazione. I nostri politici, “avvezzi alla meritocrazia”, hanno stabilito da tempo criteri quantitativi e qualitativi per loro rassicuranti. Bastano un curriculum, spesso costruito grazie alle spintarelle, che assomigli alle competenze richieste, e una buona dose di fedeltà al politico protettore.  A loro il capo assegna la ricompensa al merito.

Certi “meritevoli” hanno provocato disastri nelle Ferrovie, in Alitalia, nelle banche, nelle faccende di Stato. Certi meritevoli in Basilicata hanno provocato altri disastri che qui sarebbe lungo elencare, ma che il cittadino più avveduto conosce bene.

Quindi esistono due facce della meritocrazia, ambedue rischiose per la democrazia. Quella dell’idea medievale della “ricompensa al merito”, “dell’onore al merito”; quella del merito tecnico e dei titoli.

Stefano Zamagni, professore di Economia Politica all’Università di Bologna, afferma: “In buona sostanza il pericolo serio insito nell’accettazione acritica della meritocrazia è lo scivolamento- come Aristotele aveva chiaramente intravisto- verso forme più o meno velate di tecnocrazia oligarchica. Una politica meritocratica contiene in sé i germi che portano alla lunga alla eutanasia del principio democratico”

Dovremmo riflettere meglio quindi sul principio della meritocrazia. Al momento preferisco la demo-crazia alla merito-crazia.  Il potere del popolo al potere delle oligarchie tecnocratiche o delle oligarchie tecno- politiche dei raccomandati.

Non riesco ad accettare un dirigente scolastico pieno di titoli e lauree, ma intimamente pedofilo. Né preferisco un dirigente generale della Regione che porta sul petto la medaglia al merito perché combina disastri.