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Barcellona e la vita spezzata in due. Dove finiscono i valori quando evaporano?

18 agosto 2017 | 11:38
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Barcellona e la vita spezzata in due. Dove finiscono i valori quando evaporano?
Barcellona e la vita spezzata in due. Dove finiscono i valori quando evaporano?
Barcellona e la vita spezzata in due. Dove finiscono i valori quando evaporano?
Barcellona e la vita spezzata in due. Dove finiscono i valori quando evaporano?

C’è stato un attentato, con morti e decine di feriti. Eppure c’era più gente a fotografare che a soccorrere le vittime. Perché?

A Barcellona, ieri, molti passanti dalle parti della Rambla, si affannavano a fare fotografie e video coi telefonini. C’è stato un attentato, con morti e decine di feriti. Eppure c’era più gente a fotografare che a soccorrere le vittime. Perché? Forse perché, come pensa il sociologo Zygmunt Bauman, siamo nel secolo degli spettatori: “L’accesso d’informazione ha smesso di avere bisogno persino della vicinanza a una presa telefonica». Non esistono più distanze. Per questo siamo ormai tutti “spettatori. Credo che da queste considerazioni di Bauman, possano derivare altre riflessioni.

La continua catena di episodi terroristici, negli ultimi anni, pone, secondo me, altre questioni. L’eccesso di informazione, la ridondanza delle notizie e la ripetitività del dibattito intorno agli accadimenti, sempre uguali. Tutto questo ci porta al superamento della condizione di “spettatori tout court”, rendendoci “spettatori distratti, superficiali, annoiati”. Del dolore degli altri facciamo un’esperienza distante che diventa sempre più “distaccata”. Dopo un episodio terroristico, fateci caso, si scatenano i media indossando lo stesso vestito dell’episodio precedente. Stesse parole, medesime considerazioni, dibattiti fotocopia, discorsi sempre uguali, solita litania per le vittime. Nulla cambia. Intanto ci sarà un altro episodio.

E questo vale per la cronaca in generale, per le vicende umane che si ripetono e non trovano mai soluzione. Uno stupro, un femminicidio, una guerra, l’eccidio di bambini, immigrati morti, sono accadimenti che producono dibattiti mediatici ai quali ormai siamo abituati perché, da “spettatori”, ascoltiamo sempre le stesse cose. Come nel film “Nuovo cinema paradiso” di Tornatore. Conosciamo a memoria le parole degli ospiti mentre il dibattito nel talk show è in onda. Facciamo fatica a diventare attori, direttamente impegnati sui fronti del cambiamento e delle soluzioni. Quando non siamo spettatori, siamo comparse, mai attori. Che sta succedendo? Ritornano qui le considerazioni di Bauman: “Il nostro è il tempo dell’interregno, un tempo sospeso tra ciò che non è più e ciò che non è ancora”.

Siamo, dunque, in una parentesi, sospesi nel tempo. Perciò è tutto fermo in un presente confuso e inafferrabile, caotico. Una parentesi aperta che non siamo capaci di chiudere. Attenti però. Di questo passo, altro che società liquida. Qui evapora ogni cosa, soprattutto i valori. Un’evaporazione silenziosa, strisciante, che azzera ogni speranza rivoluzionaria. Come un gas invisibile che annienta le coscienze e collassa le menti. Quella parentesi è una gabbia che dondola come un pendolo instabile tra desiderio di libertà e desiderio di sicurezza e che quindi spezza la vita in due. Perché libertà e sicurezza nella vita devono stare insieme. Quella parentesi è aperta per renderci schiavi, ma non è ancora chiusa per darci la sensazione di essere liberi.