Inchiesta Fenice, condannato a tre anni l’ex dg Arpab Sigillito

24 luglio 2017 | 20:24
Share0
Inchiesta Fenice, condannato a tre anni l’ex dg Arpab Sigillito

Il Tribunale di Potenza ha condannato a una pena di tre anni l’ex direttore generale dell’Arpab, Vincenzo Sigillito,per falso ideologico, abuso d’ufficio e rivelazione di segreti d’ufficio, 

Il Tribunale di Potenza ha condannato a una pena di tre anni l’ex direttore generale dell’Arpab, Vincenzo Sigillito,per falso ideologico, abuso d’ufficio e rivelazione di segreti d’ufficio, 

nell’ambito del processo sulle attività dell’ex inceneritore Fenice di Melfi: assolti altri 15 imputati. La condanna di Sigillito, riguarda il filone relativo ad alcune assunzioni  “facili” all’Arpab. Il giudice ha disposto per l’ex dg dell’Arpab il “non doversi procedere” e l’assoluzione per gli altri capi d’imputazione. Alcune accuse sono cadute in prescrizione. Sono quindi stati assolti Vincenzo Bove (dirigente dell’Arpab), l’agenzia interinale Tempor, Luigi Montano (ex amministratore Tempor), Claudio Dresda, Ferruccio Frittella e Francesco Pesce (Arpab), Giancarlo Grano (dirigente del Comune di Potenza) e Domenico Antonio Iacobuzio (ex presidente dell’Acta), Salvatore Lambiase (ex dirigente della Regione) e Domenico Antonio Santoro (dirigente della Provincia di Potenza), Mirco Maritano e Giovanni De Paoli, Giorgina Negro, Norberto Zambellini e Vincenzo Grassia (questi ultimi ex responsabili della società che gestiva l’impianto).

Per Lambiase e Santoro il Tribunale ha comunque disposto l’invio degli atti alla Procura per il reato di rifiuto e omissione di atti d’ufficio, e per violazione del Codice dell’Ambiente in riferimento ai controlli sulle attività dell’impianto. Saranno trasmessi alla Procura anche gli atti relativi ai delitti colposi contro la salute pubblica per tutti gli imputati, “essendo emersi – è scritto nel dispositivo – indizi di reita’” e “con riferimento ai ritardi emersi nella procedura di bonifica del sito, ancora in atto”. Il pm aveva chiesto condanne per circa 30 anni per nove degli imputati. La vicenda, per chi l’ha seguita sin dall’inizio, sembra concludersi, almeno in primo grado, a “tarallucci e vino”.