Il pianeta giustizia sta ancora vivendo in Italia l’età della pietra

8 luglio 2017 | 09:55
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Il pianeta giustizia sta ancora vivendo in Italia l’età della pietra

E’ di queste ore la notizia dell’assoluzione della signora Daniela Poggiali, caposala dell’ospedale di Lugo di Ravenna, condannata in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di un’anziana ricoverata ed oggi assolta con formula piena dalla Corte di Appello competente. Dopo che la Giustizia, quella con la G maiuscola, che non ha nulla a che vedere con la giurisdizione manettara, aveva fatto registrare una prima vitoria, per almeno 5 a zero, contro una ricorrente e frequente interpretazione ed applicazione delle norme di taglio colpevolista ed accusatorio, giungeva nelle redazioni la notizia bomba secondo cui la Corte di Cassazione, vero giudice del diritto, aveva revocato la sentenza con cui il Bruno Contrada, dirigente SISDE, era stato condannato per mafia appena 25 anni fa, restando peraltro detenuto durante la maggior parte della pena inflitta ed usufruendo nella parte finale degli arresti domiciliari solo perché gravemente malato. Il già condannato, intervistato dal giornalista di un quotidiano, dichiarava tra l’altro di essere rimasto assolutamente sbigottito per la decisione a lui favorevole, che non si aspettava, considerate le tante delusioni ricevute nel passato. Allo sbigottimento di Contrada fa eco la nausea più totale che proviamo nei confronti di un sistema che si permette di sottrarre alla vita di esseri umani anni ed anni passati in carcere, senza che nessuno sia poi chiamato a pagare in prima persona il conto, anzi facendo registrare inopinabili candidature al nostro Parlamento di non pochi PM, già protagonisti di analoghe vicende giudiziarie, costellate da suicidi di imputati e da assoluzioni postume e tardive. Cè qualcosa che non va, anzi c’è quasi tutto che non va in un sistema democratico solo a parole, assolutamente irreale, ingiustificato ed inaccettabile nei fatti, cui spesso viene consentito non di esercitare la giurisdizione ma di infliggere attraverso il carcere preventivo del tutto immotivate torture a cittadini spesso inermi e non in grado di difendersi adeguatamente, come pure era riuscito a fare Giulio Andreotti,che, imputato di mafia,tenne testa per circa 20 anni alla solita linea colpevolista,conseguendo un’ inevitabile assoluzione: ma Andreotti era Andreotti e disponeva di grandi avvocati, capitali e mezzi per affrontare e battere una macchina così potente mentre i poveri Contrada e Poggiali si sono fatti anni ed anni di carcere prima di vedere conclamata la loro sacrosanta innocenza. Il pianeta giustizia sta ancora vivendo in Italia l’età della pietra.

Gaetano Bonomigià Procuratore generale e Consigliere di Cassazione