Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole…

28 giugno 2017 | 11:01
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Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole…

Non diamo e non daremo mai giudizi pubblici su processi in corso a carico di colleghi, essendo un eventuale diverso comportamento decisamente in contrasto con i canoni dell’etica, che pure presiede le nostre attività. Siamo però esonerati dal rispetto di qualsiasi vincolo e limitazione quando si tratta di analizzare e valutare condotte tenute non da magistrati ma da giornalisti che pure si occupano di cronaca giudiziaria. Il riferimento è al giornalista Lillo, del Fatto quotidiano, che, in un evidente delirio di onnipotenza, si propone quale teste di difesa di un collega inquisito e al tempo stesso quale scrittore di fatti di cronaca su storie di rilevanza penale, schierandosi a favore di una ben individuabile tesi e venendo perciò stesso meno a quel dovere di imparzialità e di equidistanza che dovrebbe presiedere all’attività di informazione pubblica. Non sembra sia possibile andare sulla famosa carrozza e fare…la pi… Sulla carrozza l’onnisciente Lillo invece ci sale e cerca di rimanervi ben assiso e dalla cassetta impartisce un po’ a tutti lezioni sui vari mestieri ed in particolare su quello di magistrato in genere e pm in particolare. Ed allora apprendiamo nel corso di una recente trasmissione televisiva dal nome greco notizie essenziali su come e su quando il pm deve procedere ad un sequestro probatorio, ed in particolare veniamo resi edotti del fatto che quando un sequestro riceve l’approvazione di Lillo allora è ben eseguito, mentre quando un sequestro andava eseguito e non lo è stato allora secondo Lillo il pm ha sicuramente sbagliato. Non abbiamo dubbi sulle immense capacità tecniche e professionali del citato giornalista, mentre fieri dubbi ci assalgono quando lo stesso soggetto si presenta quale tuttologo enciclopedico, maestro di giornalismo e di diritto, difensore di magistrati ed accusatore di ministri poiché da sempre aborriamo la presunzione e l’autoreferenzialità, ritenendo che ognuno avrebbe facoltà ed obbligo di parlare solo delle cose che ben conosce, sia pure in parte, e non anche del “tutto”. 

Gaetano Bonomi, già Procuratore generale e Consigliere di Cassazione