La bufala del Blue Whale e i danni collaterali

6 giugno 2017 | 14:50
La bufala del Blue Whale e i danni collaterali

Chiudere le tabaccherie servirebbe a debellare il tabagismo? Vietare la vendita di alcolici negli esercizi commerciali, servirebbe a debellare l’alcoolismo? Gli sciocchi risponderebbero di sì. Il tabaccaio, al contrario, non ha alcuna responsabilità sul mio maledetto vizio del fumo. Il barista non c’entra nulla con quel mio gomito alzato oltre i limiti. La responsabilità è mia, della mia fragilità, dei miei scompensi, delle mie incapacità, dei miei disturbi psicologici, delle mie debolezze. E la causa di questa mia condizione è da ricercare altrove.

La bufala del Blue Whale

Un gioco, magari stupido, violento, macabro, può essere la causa delle mie tendenze autolesionistiche o suicide? Gli sciocchi direbbero di sì. Un gioco, al contrario, non ha alcuna responsabilità sulla mia fragilità emotiva sui miei tratti depressivi, sui miei disagi. E’ la cattiva gestione di questa condizione che mi espone a diversi pericoli. Non un gioco. Semmai quel gioco può rendere ancora più pericolosa quella mia condizione. Ma le cause di quella condizione vanno cercate altrove. Senza fragilità, debolezze, disturbi depressivi, quel gioco non avrebbe alcun effetto su di me. Eppure dilaga l’abitudine a confondere le cause con gli effetti. La gestione mediatica del cosiddetto Blue Whale (esiste davvero?) in queste settimane ha mostrato il volto superficiale dell’informazione. Di questo gioco nessuno sapeva nulla in Italia, adesso tutti ne sanno qualcosa, tutti vanno a cercarlo. Genitori e ragazzi. Soprattutto i ragazzi.

Allarmismo gratuito e ingiustificato

Maura Manca, presidente dell’’Osservatorio nazionale sull’adolescenza, osserva sul Corriere della Sera del 29 maggio scorso che “Il 95% dei ragazzini che incontriamo, e mi creda ne vediamo tantissimi, ci pongono la questione del Blue Whale”. Manca aggiunge che “se da un lato c’è qualche caso sospetto, dall’altro il guaio di questi giorni è che adesso ogni forma di autolesionismo viene etichettata come Blue Whale e non va bene. Anche perché due adolescenti su dieci sono autolesionisti e vogliono mostrarsi perché cercano attenzione. Così ci sono migliaia di profili con foto di autolesionismo e quindi migliaia di allarmi falsi sul Blue Whale. Sta diventando una psicosi”.

Danni collaterali

Se i fumatori sono vittima del tabaccaio, gli adolescenti autolesionisti sono vittima del Blue whale. E’ questa l’equazione che sta passando grazie alla cattiva informazione dei media. E’ un modo, pericoloso, per non affrontare i problemi alla radice. E’ un modo per allontanare la questione dalla realtà dei fatti esibendola, scorrettamente, sulla scena mediatica. Anna Collier, fondatrice di The Net Safety Collaborative (TNSC), spiega che il caso Blue Whale è un “tale pantano che è difficile persino per coloro che hanno indagato dire dove si fermi la disinformazione e inizi la cattiva informazione, le falsità non intenzionali. Diffondere falsa informazione e paura è particolarmente ingiusto nei confronti dei più giovani, perché hanno poca voce in capitolo rispetto agli adulti male informati che decidono per loro. E i giovani possono identificarsi ed essere influenzati da storie di questo tipo, che parlano dei loro simili, siano queste false o meno – che è l’esatto opposto di quello che consigliano di fare gli esperti ai media quando si parla di suicidio. Il punto non è più l’esistenza o meno del gioco, ma quello che la bomba mediatica ha portato con sé. Ciò che non va minimizzato in nessun modo è il potenziale dannoso di informazioni false diffuse a livello globale, soprattutto per i giovani privi di resilienza, prospettiva e supporto”.

Un problema di serietà dei media

Diversi studi scientifici hanno dimostrato come una particolare copertura dei media su un caso di suicidio possa effettivamente incoraggiare altre persone in condizione di vulnerabilità a commettere lo stesso gesto. E questo è vero a maggior ragione per gli adolescenti.  Più a lungo il suicidio iniziale rimane sulle prime pagine, più alto è il numero di quelli successivi. Il caso scuola è rappresentato, secondo il sociologo David Phillips, dalla morte di Marilyn Monroe: il suicidio dell’attrice, che ha avuto una grossissima copertura mediatica al tempo, è stato messo in correlazione con oltre 300 atti emulativi, ben sopra la media attesa per gli anni tra il 1948 e il 1967.(Fonte: http://www.valigiablu.it/bluewhale-suicidi-iene/#Werther)

Altro che Blue Whale

Migliaia di adolescenti spaesati, fragili, disturbati, sono figli di una società malata. Vittime della fascinazione del vuoto. Ricercatori di visibilità in un mondo invisibile. Narcisisti timidi e fuggitivi nati nella crisi della genitorialità della Scuola, della politica, feriti sotto il crollo degli archetipi della vita vera. Altro che Blue Whale. Abbiamo trasformato l’economia di mercato in società di mercato per cui l’individualismo mercenario di massa acceca o confonde i ruoli nelle relazioni sociali. Sono scomparsi i miti che traghettavano il senso (significato e direzione) dal presente verso il futuro. Sostituiti da “Mitoidi”, frammenti mitici a scadenza determinata, bussole provvisorie, meteore del senso che appaiono e scompaiono velocemente. Adolescenti che non sanno fare domande e cercano risposte improbabili. Vittime della società di mercato, persi nei mitoidi, sedotti dall’inutile, pronti a vincere facile e a perdere sempre. Altro che Blue Whale! Non prendetevela col tabaccaio se vostro figlio fuma, non inveite contro il barista se vostro figlio beve schifezze, non accusate internet delle vostre mancanze. Se a vostro figlio date da mangiare merendine chimiche e porcherie cancerogene, la colpa non è dello scaffale del supermercato.