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E’ questo il lessico del Sud che verrà. Oppure sarà la solita vecchia “questione”

16 giugno 2017 | 16:01
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E’ questo il lessico del Sud che verrà. Oppure sarà la solita vecchia “questione”

Impoverimento in termini di capitale umano e di opportunità per i giovani che intendano restare al Sud

Le cronache degli ultimi giorni ci consegnano ulteriori riduzioni delle risorse per i dipartimenti meridionali (87% agli atenei del Centro-Nord, in base a uno studio del prof. Baccini) e la maggior propensione (registrata proprio nell’ultimo biennio), dei giovani del Sud a immatricolarsi in aree diverse da quella di provenienza (Fonte: G. Viesti).

Impoverimento in termini di capitale umano e di opportunità per i giovani che intendano restare al Sud: non proprio quello che ci aspetteremmo per sostenere il Mezzogiorno. Occorre, invece, un nuovo patto tra Nord e Sud. Come negli anni 60, unico momento della storia unitaria in cui il paese “cresceva” nella sua totalità. Certo, il concetto di crescita va rivisto e relativizzato selettivamente, in base alle attuali esigenze e sensibilità. Il concetto stesso di benessere richiede nuove declinazioni idonee a identificare le priorità dell’uomo del nostro tempo. È stato osservato dagli economisti come le scelte dell’austerity e la progressiva contrazione del welfare riescano solo ad acuire i contrasti sociali, senza offrire alcun beneficio. Lo dimostrano a scena aperta gli anni appena trascorsi, all’insegna della macelleria neoliberista. Occorre intervenire al Sud per dare contraccolpi positivi al Nord: investimenti, infrastrutture, energia.

In via assolutamente prioritaria, occorre metter mano al vulnus della corruzione e alla pervasività della criminalità organizzata. Dotarsi degli anticorpi che mancano in tutto il paese. Ridurre la permeabilità del mondo degli appalti, ma anche di molte fasce della popolazione soggette al cappio della strategia mafiosa del consenso. Le mafie, infatti, offrono welfare sostitutivo proprio dove lo Stato recede. Il binomio mafie-corruzione costituisce il vero tallone d’Achille del sistema paese e rischia d’inficiare l’efficacia di qualsiasi misura. È stato dimostrato che, mentre intervenire al Sud giova al paese tutto, non necessariamente avviene il contrario. Ma in quale direzione intervenire? Ad esempio, sfruttando le stesse caratteristiche del territorio meridionale, senza stravolgerlo o deturparlo: se ne potrebbe fare un vero e proprio hub energetico.

Ma non delle vecchie energie fossili, bensì delle rinnovabili innovative. Il Sud può cominciare a ospitare interventi di piccola scala, fino a diventare un laboratorio a cielo aperto per la sperimentazione delle cosiddette Comunità dell’energia, basandosi su nuove tecnologie per la produzione, lo stoccaggio e l’uso dell’energia. A livello di edificio e di quartiere. Senza invasività sul territorio. La produzione di energia rinnovabile deve essere la chiave per reinterpretare il rapporto tra cittadino ed energia in modo virtuoso: da consumatore a produttore-consumatore coinvolto nelle sfide di quartiere per il conseguimento dei target di approvvigionamento. In modo consapevole e soprattutto responsabile. L’energia può diventare il cemento con il quale costruire nuove forme di comunità. Energie rinnovabili e open data, partecipazione e trasparenza. È questo il lessico del Sud che verrà. Oppure sarà la solita vecchia “questione”.