Ancora proteste dei penalisti, in sciopero fino al 5 maggio

4 maggio 2017 | 11:53
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Ancora proteste dei penalisti, in sciopero fino al 5 maggio

Terminerà domani 5 Maggio il terzo sciopero dei penalisti che hanno dismesso la toga dal 2 maggio scorso. Il punctum dolens continua ad essere il disegno di legge di riforma del processo recentemente approvato dal Senato. Tra i motivi dello sciopero, la prescrizione e l’uso del c.d. processo a distanza, ovvero in videoconferenza. Quella che è stata definita una riforma “ingiusta”, prevede l’allungamento dei termini di prescrizione. Il principio non condivisibile della riforma è sicuramente la sospensione della decorrenza dei termini prescrizionali tra la sentenza di primo grado ed il giudizio di secondo grado. Assistiamo al soffocamento della esigenza, da un lato che i procedimenti penali abbiano una ragionevole durata nel loro svolgimento naturale e complessivo, dall’altro che la fase dell’accertamento dibattimentale sia posta al centro del processo penale. Soltanto in questo modo può realizzarsi il principio del “giusto processo”. E per giusto processo si intende garanzia di tutela della persona in quanto essere umano e titolare, pertanto, di irrinunciabili diritti. Il giusto processo deve concludersi in tempi ragionevoli. Se si attuasse questo punto cardine della riforma, l’imputato rimarrebbe in lunga, estenuante attesa di una sentenza di secondo grado. E l’attuazione dei princípi della salvaguardia della dignità umana? E della funzione rieducativa della pena? Il processo va celebrato subito, senza allungamenti forieri di pregiudizi per l’imputato, per la parte offesa e per il difensore. Altro aspetto che ha fatto insorgere l’avvocatura riguarda la partecipazione dell’imputato al processo a distanza. La partecipazione in videoconferenza al processo è previsto solo per i detenuti in regime del c.d. “carcere duro”, vale a dire per gli assoggettati al regime dell’art.41 bis c.p. La riforma prevede l’estensione di questo principio anche agli imputati non soggetti al regime dell’art.41 bis c.p. È evidente che se questo principio trovasse applicazione, il diritto inviolabile della difesa e della dignità della persona sarebbe irrimediabilmente compromesso dalla estensione dell’istituto della partecipazione a distanza. Il processo penale è istituzionalmente preordinato al raccoglimento ed alla valutazione del bagaglio probatorio. Questo iter si svolge in aula, l’imputato deve essere presente, al fianco del suo difensore, senza ricorrere a snaturazioni del rapporto tra imputato ed avvocato. Si realizzerebbe il duplice, inevitabile risultato di calpestare la dignità del primo e di svilire la funzione e la figura del secondo. Siamo, insomma, in presenza del marcato contrasto con i princípi costituzionali l’immediatezza, del contraddittorio, della presunzione di innocenza e della ragionevole durata del processo. Un mix letale, per i cittadini che si rivolgono fiduciosi al sistema giustizia e per la classe forense, che ad oggi, purtroppo, altri mezzi non ha se non incrociare le braccia. L’auspicio è quello di leggere nuove pagine nella storia del processo penale sí da far riconquistare fiducia nel sistema giudiziario. Chissà che anche la classe forense riconquisti il prestigio che l’ha da sempre contraddistinta.

Marinica Cimadomo, responsabile regionale del dipartimento giustizia FdI-AN