L’amministratore delegato dell’Eni annuncia investimenti nella bio petrolchimica in val d’Agri. E’ un’altra di quelle frottole che hanno distrutto interi territori nel nostro Paese
Tutta roba ad alta intensità di capitale (e d’inquinamento) e a bassa intensità di lavoro umano. Nulla ha insegnato a taluni politici di vecchio e nuovo pelo, la storia della chimica e della petrolchimica in val Basento e a Tito. Il disastro provocato dal ricatto occupazionale è noto a tutti. Su questi inganni si sono ingrossati i consensi elettorali e le carriere di decine di politicanti locali. Intanto la gente moriva, il territorio si desertificava, le speranze annegate nel disincanto del senno di poi. Adesso l’Eni, per compensare i danni al territorio e alla salute della gente, per fare pace con le popolazioni della Val d’Agri, “per fare esplodere l’occupazione”, promette la realizzazione di progetti di bio petrolchimica. Non a caso “per produrre dall’agricoltura componenti plastiche ed energia a ciclo chiuso”. Tradotto, vorrebbe dire fabbrichette ad alta tecnologia, magari per produrre guanti di gomma con l’impiego di una trentina di lavoratori. Tradotto, potrebbe anche voler dire l’insediamento di un centro di formazione e ricerca di alta tecnologia sulle filiere energetiche, con l’impiego di poche decine di ragazzi fortunati. E quindi? Siamo alle solite. Si conferma un dato storico: l’incapacità di dare un’identità allo sviluppo della Basilicata. Tutto quanto è accaduto dal dopo guerra in poi, in termini di “sviluppo”, questa terra lo deve non all’intuizione strategica dei suoi politici, non alla sua capacità di mettere a valore economico le proprie risorse, no. La storia ci racconta di eventi esogeni, spesso subiti dalle popolazioni, ma sfruttati dai politici e dai pescecani del business. La chimica, l’auto, il petrolio, non sono opera buona dei nostri rappresentanti eletti, delle nostre classi dirigenti, sono l’esito d’interventi dall’esterno. Sono esiti di convenienze e d’interessi altrui, su cui hanno spolpato mediocri e spudorati personaggi locali. Fino ad oggi ci hanno guadagnato solo loro. Il fumo negli occhi della chimica, della petrolchimica, della bio chimica o come la volete chiamare non è aria di terra nostra. Coltivereste l’aglianico nell’area industriale di Sesto San Giovanni? Non sarebbe aglianico. Portereste nel Vulture un insediamento industriale tipico della realtà di Sesto San Giovanni? Sarebbe come il cavolo a merenda. Ebbene, la storia del nostro sviluppo o sottosviluppo, è una storia di cavoli a merenda. Anche se, negli ultimi anni, si è svegliato un pionierismo, spesso romantico, a volte velleitario, nel settore del turismo e dell’agro alimentare che lascia sperare un futuro di cacio sui maccheroni. Petrolchimica permettendo.