Gasdotto Tap non è conveniente per consumatori pugliesi e italiani

20 aprile 2017 | 17:29
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Gasdotto Tap non è conveniente per consumatori pugliesi e italiani

La nostra indagine sul Trans-Adriatic Pipeline (TAP) prosegue con questa intervista all’ingegnere Alessandro Manuelli, uno dei più attenti studiosi della questione, sotto il profilo tecnico. Lo abbiamo incontrato per rivolgergli alcune domande sul gasdotto.

Il gas di Tap è conveniente per i consumatori pugliesi e italiani?

Non vedo come sia possibile, visto che gli azeri non hanno il gas di cui tanto si discute. Non lo dico io, ma uno studio di Simon Pirani, dell’Oxford Institute for Energy Studies, risalente al luglio 2016 [clicca qui per leggere lo studio]. In più, secondo la rivista Sputnik, non certo antirussa, l’8 agosto 2016 si sarebbero riuniti a Baku (capitale azera) Aljev (premier azero), Putin e l’iraniano Rouhani, per discutere di corridoio azero e trasporto di prodotti petroliferi…russi! [clicca qui per leggere]. Dove sarebbe la tanto propagandata alternativa ai prodotti russi, per garantire la diversificazione delle fonti di approvvigionamento? Se lo si ricorda, proprio pochi mesi prima la tensione tra Turchia e Russia era arrivata alle stelle sul confine siriano. Ma, giusto in vista dell’incontro, Erdogan scelse di porgere le proprie scuse alla Russia per l’abbattimento del jet (27 giugno 2016) e si unì agli altri per stringere accordi sulle infrastrutture di trasporto e Tanap, il tratto a monte di Tap. E tornò il sereno.

Lei sostiene che già da tempo si sapesse che gli azeri non potranno approvvigionare decenni di gas attraverso Tap.

Le spiego: in base al terzo pacchetto energia della UE, se sei proprietario di giacimenti di gas non puoi detenere, contemporaneamente, quote azionarie delle infrastrutture di trasporto per veicolare il medesimo gas. Socar e BP sono proprietarie dei giacimento Shah Deniz 2 e contemporaneamente azionarie di Tap al 20%. Prima deroga al cosiddetto unbundling proprietario. Le esenzioni della Ue per il caso specifico non finiscono qui: Tap ha avuto anche l’esenzione all’eccesso terzi: per le regole UE, l’azionista della infrastruttura di trasporto non può opporsi al passaggio di altro gas, avente prezzo concordato dalla UE. Tap ha avuto anche questa esenzione, senza la quale, almeno, avremmo potuto utlizzare Tap per diversificare, in base alla nostra convenienza, le fonti di approvvigionamento. Non le pare strano?

E cosa ci dice circa la necessità di importare il gas per far funzionare le nostre caldaie? Dovremmo rinunciarvi?

Consiglio la lettura di qualche dato sul vero mercato del gas, perché le informazioni circolanti sembrano strumentali solo a creare panico tra le popolazioni, salentine e italiane. Da ben dieci anni il consumo di gas cala e in questo senso vanno anche le previsioni [clicca qui per leggere]. Sono dati dell’Autorità energetica europea, e sono perfettamente coerenti con il progressivo sviluppo delle rinnovabili e con gli effetti del progressivo efficientamento del nostro patrimonio edilizio, incentivato con norme che hanno recepito apposite direttive comunitarie. Esse hanno come naturale effetto la riduzione degli sprechi e dei consumi di gas. E poi, dia un’occhiata al tasso di reale impiego delle infrastrutture di trasporto del gas: i gasdotti fissi già esistenti vengono utilizzati al 50% (fonte ENI). I rigassificatori come quello di Livorno sono fermi o sottoutilizzati. E, attenzione, il 75.5% dei mancati guadagni per i gestori delle infrastrutture di trasporto del gas gli viene comunque corrisposto da noi consumatori per una scelta in tal senso operata dallo Sblocca Italia di Renzi & co.

Perché sostenete che i rischi e gli impatti di Tap non siano così blandi come si legge sui media?

La retorica del tubo aiuta molto chi intende giocare al ribasso sui rischi potenziali. Immagini un tubo di circa 1m pieno di gas ad alta pressione (da 80 a 145 bar, a seconda dei tratti percorsi), che percorrerà 8 km dal punto di approdo a San Basilio, fino a Melendugno, dove sorgerà la centrale di depressurizzazione, e per capire quale tipo di danni possa provocare un incidente ad un tubo del genere, si veda quello che successe a Ghislenghien in Belgio il 30 Luglio 2004 (Study Report Seveso, Directorate-General Environment, Dec. 2001, pag. 30). La centrale avrà un’estensione superficiale di circa 12 ettari: un impianto industriale in campagna, a poche centinaia di metri da centri densamente abitati. Nonostante esplicite richieste in tal senso, questo impianto non è stato ritenuto assoggettabile alle valutazioni della legge Seveso, nota ai più come legge “sui rischi di incidente rilevante”. Rispetto ai tempi in cui, con circa 40 tecnici, redigemmo le controdeduzioni alla Valutazione di impatto ambientale redatta da Tap, sono emerse altre criticità non certo trascurabili: a dispetto di quanto inizialmente dichiarato, la stessa società svizzera ha rinvenuto in prossimità dell’approdo, coralli bianchi del basso Adriatico e praterie di cymodocea nodosa, ossia habitat protetto analogo a quello della posidonia (habitat 1110 della Rete Natura 2000). Le dirò di più, sul tratto in cui il microtunnel (conci di cemento armato di 3 metri di diametro, aventi pareti di circa 30 cm di spessore) dovrà passare sotto la spiaggia frequentata dai turisti, i sondaggi geologici hanno rilevato la presenza di solo sabbia e acqua, fino a 30 m di profondità. Mi dica lei se si possa pensare, in mancanza di un fondo stabile, di creare un tunnel di oltre un chilometro e mezzo e con quale livello di confidenza circa la sua stabilità, per poi farci passare dentro un tubo con una portata di gas di 1.141.552,5 m3/h. I calcoli finora presentati sul microtunnel concernono i singoli conci (pezzi di tubo), ma non su tutta la catenaria che essi andranno a costituire per mutuo infilaggio, ma senza ulteriori elementi di vincolo, in quanto i singoli conci vengono tenuti insieme a pressione, a parte la questione sulla stabilità del pozzo di spinta dei conci e fresa. Per chiudere, consideri che Tap, pur avendo tanta fretta di iniziare col cantiere e lo spostamento degli ulivi, ancora non ha presentato il progetto esecutivo del microtunnel, il quale potrebbe essere soggetto anche a nuova Valutazione di Impatto Ambientale.

Ma un tubo, in esercizio, che danno ambientale potrà mai arrecare? Quali le emissioni?

Vede, la centrale PRT conterrà al suo interno una caldaia da 2 Megawatt di potenza elettrica in continuo esercizio e due caldaie che bruciano parte del gas proveniente dal tubo, da 3.5 MW termici cadauna. Queste, secondo quanto dichiarato da Tap, lavoreranno 160 ore all’anno, emettendo 2000 tonnellate di fumi di combustione, contenenti un mix di gas climalteranti e nocivi, quali CO2, nitrati, PM10, anidridi solforose, idrocarburi incombusti e monossido di carbonio, in diverse quantità. Si sommino anche le emissioni di gas naturale dagli sfiati freddi (~10 t/anno) e le emissioni che questi gasdotti hanno sotto forma di piccole perdite (ISO 14000 “Environmental Management System”). Il gas naturale ha un effetto serra 21 volte superiore alla CO2 sui 100 anni. Queste emissioni non erano dichiarate in Via e lo furono solo dopo la presentazione delle osservazioni della Commissione tecnica istituita a Melendugno dal sindaco Potì.