Pertusillo e Costa Molina 2: idrocarburi sì o anche no, forse, però, ma…

24 febbraio 2017 | 18:00
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Pertusillo e Costa Molina 2: idrocarburi sì o anche no, forse, però, ma…
Pertusillo e Costa Molina 2: idrocarburi sì o anche no, forse, però, ma…
Pertusillo e Costa Molina 2: idrocarburi sì o anche no, forse, però, ma…
Pertusillo e Costa Molina 2: idrocarburi sì o anche no, forse, però, ma…

Rileggendo un po’ di documenti, da giornalisti, e non da scienziati, ci siamo accorti che in tutta la controversa vicenda inquinamento delle falde acquifere e del lago Pertusillo, si aggira un dubbio. Questo dubbio si traduce in alcune domande alle quali sarebbe 

opportuno che, sia gli organismi preposti al controllo, sia l’Eni, diano una risposta. 

Quando l’Arpab impose la procedura “siti contaminati”

Nel 2011 l’Arpab fa il monitoraggio del tratto di suolo attraversato dalla condotta che trasporta le acque di reiniezione dal centro Olio di Viggiano al pozzo Costa Molina2 . Il monitoraggio evidenzia superamenti dei limiti Tabellari in tre piezometri posti lungo la condotta. In pratica l’Agenzia evidenzia che, “all’esame della documentazione, risulta l’utilizzo di alcune sostanze pericolose immesse nella condotta di reiniezione. Ciò impone l’attivazione della procedura “Siti contaminati”. Nella nota n. 11070 del 13 dicembre 2011, l’Arpab fa notare alla Regione che non può esprimere proprio parere sulla procedura amministrativi “siti contaminati”, se non a valle del procedimento. Il tira e molla sulle nuove autorizzazioni di scarico all’Eni dura un bel pezzo. Intanto tutte le prescrizioni relative ai provvedimenti di autorizzazione allo scarico rilasciati all’Eni testualmente stabilivano che “lo scarico non deve contenere altre acque o sostanze pericolose per qualità e quantità diverse da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi.” Le evidenze dell’Arpa dunque fanno emergere una violazione della prescrizione autorizzativa allo scarico. Gli stessi Noe, il 29 marzo 2016, nell’ordinanza relativa all’ultima inchiesta della magistratura sull’Eni, scrivono che “effettivamente le acque reimmesse da Eni per il tramite del Pozzo Costa Molina 2, contengono altre acque o sostanze pericolose, per qualità e quantità, diverse da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi.” Detto questo, a noi interessa soprattutto quella frase “altre acque o sostanze pericolose”.

Quelle analisi del 2 gennaio 2014

Il 13 dicembre 2013 il tenente Giuseppe Di Bello e altri effettuano dei prelievi in acqua da suolo in località Fruscio di Montemurro. Le analisi di quei prelievi, fatte il 2 gennaio 2014 da un laboratorio pugliese accreditato, fanno emergere molti valori sopra soglia, ma c’è un particolare che impone dei dubbi. Il diclorometano (o cloruro di metilene), sostanza della famiglia dei Clorurati cancerogeni, segna un valore pari a 976 microgrammi per litro. Quelle acque sono state prelevate in montagna, a qualche centinaio di metri dal pozzo Costa Molina 2. A naso, 976 microgrammi sono troppi, incredibili. Ora, è vero che non esiste un parametro minimo di legge per il diclorometano, per cui non è scientificamente o normativamente verificabile se quei valori sono eccessivi, però, c’è un però. Alcuni, compreso l’Istituto Superiore di Sanità, sostengono che dal punto di vista tossicologico, eco-tossicologico e di comportamento ambientale, il diclorometano sarebbe affine al triclorometano. La concentrazione limite di triclorometano nelle acque sotterranee è stabilita in 0,15 microgrammi. Se così fosse, la concentrazione di diclorometano accertata nelle analisi del 2 gennaio 2014, è davvero preoccupante. Ancor più preoccupante se ricordiamo che intorno all’area dei prelievi, non pare vi siano attività antropiche.

A che cosa serve il diclorometano e quali sono i tempi di dimezzamento

Da solo, o mescolato con alcol o altri agenti, è un ottimo solvente per olii, resine, cere. Come solvente viene usato nell’industria tessile, del cuoio artificiale, dei lubrificanti, e non solo. I tempi di dimezzamento in acqua del cloruro di metilene sarebbero di un’ora in fiume e di quattro giorni in lago.

Le domande per cui chiediamo risposte scientifiche

In conclusione facciamo le nostre domande. Ci auguriamo risposte scientifiche, non politiche.

Il diclorometano è un solvente utilizzato nelle fasi di estrazione e/o di reiniezione?

Qualcuno fa il monitoraggio dei clorurati cancerogeni nelle acque di falda o anche nel lago?

E’ possibile che gli idrocarburi sversati in acqua possono subire processi di dissolvenza grazie all’uso di solventi come il diclorometano?

E’ possibile trovare tracce di idrocarburi oltre soglia in acqua perché “opportunamente” trattati prima con solventi cancerogeni?

Grazie a chi vorrà rispondere.