Marcello Pittella questa volta ha ragione

10 febbraio 2017 | 14:41
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Marcello Pittella questa volta ha ragione

Non siamo mai stati docili con Marcello Pittella. Anzi. Lo abbiamo continuamente criticato e continueremo a farlo, senza sconti.

Io stesso, i lettori lo sanno bene, ho scritto molto sul presidente della Basilicata, facendo le pulci a ogni sua mossa politica o elettorale. La nostra linea editoriale è chiara: criticare il Potere a prescindere. Qualunque potere, da chiunque rappresentato, in qualsiasi momento. Su questa linea, mai abbiamo ceduto, né tentennato. Abbiamo il dovere, però, di essere sempre intellettualmente onesti e di onorare la verità, anche quando a essere sul banco degli imputati sono i giornali. Almeno questa volta, Pittella ha ragione, quando reagisce ad un articolo di un giornale locale, a proposito della vicenda appalti e tangenti Consip: Mi sento totalmente estraneo dalle notizie riportate in queste ore da alcuni giornali. Non conosco assolutamente l’ex onorevole Italo Bocchino. Non ho mai avuto richieste di incontro e non ho mai avuto contatti su gare da appalti dal signor Romeo. Mi duole ancora una volta, a distanza di una settimana, costatare come un giornale locale nella edizione on line, abbia già tradotto una conversazione telefonica, tra l’altro non mia, in un titolo che lascia intendere ciò che non è mai avvenuto…” Ha ragione. Ho letto il titolo di quel giornale, non nuovo a certe “forzature”. Il titolo, oggi scomparso dal web, è questo: “In Basilicata decidono tutto i Pittella”: gli intrecci lucani dell’inchiesta napoletana sugli appalti. Devo dire che sono rimasto basito. Fare un titolo che lascia intendere fatti estranei alla realtà, non è onesto, né professionalmente corretto. In questi ultimi tempi sta accadendo di tutto. A parte questo ennesimo episodio di disinformazione, assistiamo a giornali che usano l’informazione per colpire tizio o caio a seconda delle convenienze economiche e di sopravvivenza dei loro editori. Organi cosiddetti di informazione che agiscono esclusivamente nell’interesse di qualcuno contro qualcun altro. Informare, raccontare, criticare, cercare la verità dei fatti è diventato un optional. Ciò che conta è racimolare qualche soldo di pubblicità, non importa da chi, ottenere contributi pubblici non importa come. Assistiamo al proliferare di testate pseudo giornalistiche che assomigliano molto a opuscoli da comitato di quartiere o a blog improvvisati. Un imbarbarimento mai visto, cresciuto grazie a un malinteso senso del pluralismo dell’informazione e all’eccessiva interferenza della politica.  Giovanotti alla ricerca di visibilità, personaggi vanitosi che si auto attribuiscono il distintivo di giornalisti o addirittura di scrittori. Personaggi, cosiddetti giornalisti, che usano la loro pagina sui social network come se fosse una testata di informazione. Quasi nessuno fa il proprio mestiere, in molti giocano a simulare quello degli altri. Ecco come si sviluppano il giornalismo della miseria e la miseria del giornalismo.