Basilicata: a 18 anni dal terremoto ancora senza casa

8 settembre 2016 | 18:05
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Basilicata: a 18 anni dal terremoto ancora senza casa

“Speriamo che queste persone non debbano aspettare 18 anni prima di poter entrare nelle loro abitazioni”. Ad augurarselo è Serafina Ferraro, 93enne di Trecchina, che commenta così la notizia del sisma che lo scorso 24 agosto ha colpito il Centro Italia.

Serafina sa bene cosa significa essere sfollata a causa di un terremoto. Vive ancora oggi, a distanza di 18 anni dal sisma che colpì l’area sud della Basilicata (il 9 settembre 1998), in una casa in affitto. La sua, come quella di altri suoi concittadini, entrata nel programma di ricostruzione regolato dalla legge 226 del 1999, ancora non è stata consegnata. 

I lavori iniziano solamente 7 anni dopo il sisma. Notevoli sono i danni alle abitazioni dell’area colpita dal sisma. Trecchina, il paese in cui vive Serafina Ferraro, non fa eccezione. E se la legge per la ricostruzione non tarda ad essere approvata, nella piccola cittadina lucana non avviene lo stesso per l’avvio dei lavori. Le autorizzazioni, infatti tardano ad arrivare, così come le graduatorie di coloro che possono usufruire dei benefici di legge. Il contratto d’appalto, con l’impresa che deve effettuare le opere di ricostruzione, viene firmato solo nel settembre 2005, sette anni dopo il terremoto. 

Dopo due anni il nuovo stop. Il cantiere  si avvia, i lavori proseguono fino al 2007 quando subiscono un primo stop. I due anni di fermo servono per approvare l’ingresso nel comparto, in cui rientrava anche la casa di Serafina, di due nuove unità immoboliari che, secondo i tecnici della Direzione Lavori prima, e dell’Ufficio Tecnico Comunale poi, presentavano danni prodotti dal terremoto di dieci anni prima. Intanto, l’impresa costruttrice chiede il riconoscimento di lavori che, a suo dire sono stati eseguiti ma non riconosciuti dalla Direzione lavori, e avanza una richiesta danni per essere stato fermo in attesa delle autorizzazioni comunali per l’ingresso dei due nuovi appartamenti nel comparto originario. E così gli anni di fermo cantiere diventano cinque. 

Nel 2013 i condomini si rivolgono al Tribunale di Lagonegro. Chiedono la contabilizzazione dei lavori da parte di un CTU (consulente tecnico d’uffico). A settembre 2014, alla presenza del Ctu del Tribunale, l’impresa costruttrice ritira le riserve, accetta la contabilità fatta dalla Direzione Lavori e prende l’impegno di completare i lavori alle stesse condizioni pattuite alla stipula del contratto di appalto e di completare i lavori entro la data che stabilirà il Comune di Trecchina, ovvero l’11 luglio 2015. Il cantiere viene riaperto e tutto procede secondo programma. Alcuni giorni prima dell’11 luglio 2015 l’impresa edile, attraverso raccomandata inviata al condominio, conferma l’ultimazione dei lavori per la data indicata dal Tribunale di Lagonegro e dal Comune di Trecchina per 4 delle 5 unità immobiliari ad essa assegnate per la ricostruzione e comunica che consegnerà le unità abitative ai proprietari solamente dopo il Collaudo (Il collaudo strutturale viene consegnato in comune dall’ingegnere collaudatore in data 10 luglio 2015) e la liquidazione della contabilità finale che dovrà fare la Direzione Lavori unitamente agli uffici tecnici del Comune di Trecchina. Dopo di che recinta parte del cantiere senza consegnare le chiavi a nessun proprietario. I condomini nel frattempo chiedono all’impresa di poter fare un sopralluogo per visionare gli appartamenti ultimati. Si fissa la data, 16 agosto 2015, i proprietari delle abitazioni sono tutti presenti, tanti sono arrivati da luoghi distanti da Trecchina. Sperano che sia la volta buona per poter riavere le proprie case, ma il titolare dell’impresa edile non si presenta. Pochi giorni dopo, il 19 agosto 2015, la Direzione Lavori, nell’Ufficio ricostruzione del Comune di Trecchina consegna lo stato di avanzamento lavori fino al 10 luglio 2015. Serafina tenta il tutto per tutto pur di rientrare a casa. A metà agosto da’ la sua disponibilità a versare in anticipo la quota iva di sua competenza prima ancora che il comune di Trecchina versi alla Impresa edile l’imponibile riferito ai lavori inclusi nello Stato d’Avanzamento n. 12 appena depositato in Comune. Neanche questa ipotesi è utile per ottenere l’uso della casa. 

Il caso finisce in tv. Intanto Serafina, indebolita nel fisico da alcuni problemi di salute, non si arrende. Della sua storia si occupa la stampa. A Trecchina, a fine settembre 2015 arrivano le Iene che riescono a strappare la promessa che entro 20 giorni tutti potranno finalmente rientrare nelle loro case. Unica condizione dell’impresa: lo sblocco dello stato di avanzamento e l’approvazione da parte del condominio della contabilità finale detta Variante di assestamento. Nel frattempo arriva una lettera dall’Ufficio Tecnico del Comune di Trecchina che chiede ai condomini di sbloccare il pagamento e di provvedere alla contabilità finale del condominio per non incombere nell’immediata revoca dei contributi concessi per la ricostruzione. Per evitare la perdita del contributo i condomini accettano di sbloccare il pagamento e approvano velocemente anche la variante di assestamento senza riuscire a verificare i lavori fatti (l’impresa continua a non far controllare i lavori ai legittimi proprietari, come invece previsto dalla legge). Approvano a scatola chiusa insomma. Ma non basta. Il tempo passa e le case restano chiuse. E intanto paese si mormora che il Comune non abbia gradito gli onori della cronaca. 

I conti non tornano. Quando a fine giugno 2016 Serafina Ferraro riceve una lettera dal Comune crede si tratti di uno scherzo. Le comunicano che il suo accollo spese passa da 3900 euro (pagato quasi totalmente nel 2008) a circa 29mila euro. Gli aumenti, apprenderà la donna, sono stati richiesti a tutti i condomini. Alla richiesta di spiegazioni il Comune risponde: “ci siamo sbagliati”. La cifra infatti scende a 19 mila euro. Ma i conti ancora non tornano. Ed infatti la Direzione lavori fa presente che sono stati effettuati conteggi non corretti. Il Comune ricalcola gli accolli e la cifra di accollo a carico di Serafina scende a 12mila euro circa. Ancora un errore nei calcoli. La Direzione Lavori e il condominio inviano una nuova lettera al Comune: gli accolli a carico della famiglia Ferraro sono di 5.400 euro per cui il Comune deve correggere le richieste effettuate. Da questa cifra poi vanno detratti circa 3100 euro di accolli già versati dalla donna. E Serafina, così come altri proprietari, la casa può guardarla solo da lontano. Mentre il Comune liquida la faccenda come “una questione tra privati”. 

9 settembre 2016. Serafina si appresta a lasciare Trecchina, per andare in Toscana dal figlio. Le sue condizioni di salute non le consentono di rimanere nella casa in fitto che ha in paese: troppa umidità. Porta con sé il coraggio di aver cercato la via d’uscita da un labirinto di mala bruocrazia e mala gestione della ricostruzione post sisma.  E il desiderio- come lei stessa oramai ripete- di poter morire nella sua casa. Altre persone, come lei in attesa di poter avere le loro abitazioni, questo desiderio non hanno potuto realizzarlo.