La grande illusione del petrolio in Val d’Agri

25 maggio 2016 | 15:21
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La grande illusione del petrolio in Val d’Agri

 La grande illusione del petrolio in Val d’Agri è iniziata negli anni 90 del secolo scorso quando l’Eni ha scoperto un grande piacimento di petrolio nell’area che comprende Viggiano, Grumento Nova, Marsico Nuovo, Marsicovetere, Calvello. E’ stato calcolato dall’Eni che il giacimento è di 490 milioni di barili ed è, il più grande giacimento di petrolio in terraferma d’Europa. Più di 20 anni prima è stato estratto petrolio anche dal pozzo Costa Molina 2 in agro di Montemurro, ma questo pozzo è risultato subito sterile e quindi abbandonato, salvo poi di essere riutilizzato per la reiniezione delle acque di strato proveniente dal petrolio di altri pozzi. Questa illusione non ha portato il lavoro e la ricchezza che le popolazioni lucane si aspettavano. L’industria petrolifera di per se non crea molta occupazione e quindi non molti posti di lavoro (290 al Cova, 1700 circa l’indotto). Lo sfruttamento del territorio condiziona in maniera pesante la vita delle persone dei paesi vicini al Cova e limita lo sviluppo della Regione con inevitabili ripercussioni di carattere sociale, ambientale, economico. Dal punto di vista economico l’attività petrolifera non ha portato i benefici auspicati dalle comunità locali, essa finisce col mortificare proprio quelle valenze del territorio in grado di avviare l’area verso la sostenibilità ambientale ed economica (agricoltura, turismo, artigianato). Dal punto di vista sociale ci sono i gravissimi danni arrecati agli abitanti di Viggiano che risiedono attorno al Centro olio (contrada Le Vigne) a causa degli sforamenti della fiamma continua prodotta dalla torcia che nasce proprio dal Centro olio, la quale brucia continuamente una parte del gas proveniente dal petrolio, immettendo sostanze inquinanti in atmosfera, nel sottosuolo, nei corpi idrici. Per quanto riguarda il rispetto dell’ambiente, le recenti indagini della magistratura hanno stabilito che l’inquinamento riguarda il Centro oli, i pozzi e Costa Molina 2, in agro di Montemurro,dove venivano reiniettate le acque di strato che si ricavano dal processo di desolforizzazione del petrolio , che contengono sali potenzialmente nocivi e secondo la Procura di Potenza sostanze inquinanti. Anche le vasche al Centro oli non hanno rispettato l’AIA per quanto concerne la classificazione dei rifiuti che accolgono e per questo sono state sequestrate. Ritornando a Costa Molina 2 il pozzo è anche pericoloso per gli effetti che queste acque possono avere sugli strati geologici profondi del pozzo(oltre 4.000 m di profondità), scatenando faglie e producendo microsismi di cui alcuni abbastanza intensi da essere percepiti dall’uomo. Non dimentichiamo che l’alta Val d’Agri è zona sismica di prima categoria e che nel 1857 vi è stato un terremoto tra i più intensi della storia della Regione , distruggendo totalmente Montemurro, Viggiano e Grumento Nova. L’inquinamento ambientale suscita un crescente allarme di tipo sanitario nella popolazione residente preoccupata dall’aumento delle patologie delle vie respiratorie, circolatorie e tumorali. Tutto questo in mancanza fino ad oggi di un sistema di monitoraggio completo di tutte le matrici ambientali e di adeguate indagini epidemiologiche sulla popolazione della Val d’Agri. A conti fatti l’industria del petrolio non ha arricchito la Basilicata né la Val d’Agri, non ha risolto il problema dell’occupazione giovanile (48% di disoccupazione giovanile ), non ha portato benefici significativi sullo sviluppo economico e sociale di tutti. Il petrolio consente di fare profitti enormi alle compagnie che lo estraggono, un barile costa 6-7 dollari e viene venduto sul mercato ora a 30-40 dollari, qualche tempo fa addirittura a 120 dollari. L’occupazione è bassa , bastano poche decine di tecnici per controllare i pozzi in esercizio, il tutto avviene in modo meccanico ; il petrolio viaggia attraverso l’oleodotto per Taranto dove viene raffinato e immesso sul mercato Ai residenti in Val d’Agri, ai lucani che resta? Le royaltes nella misura del 10 % del prezzo del barile ; il possibile inquinamento dell’aria da parte dell’H2S,SO2,CO2 ed idrocarburi non metanici (NMHC), dell’acqua (metalli pesanti) , del suolo , una seria minaccia alla salute dei cittadini, danni all’agricoltura, al turismo, all’ambiente . Il processo va monitorato seriamente e controllato dall’Arpab, dai Comuni, dalla Regione, dai cittadini . Questi sono gli attori del territorio e si meritano una sorte migliore del subire continuamente la volontà altrui, di chi pensa solo a sfruttare il suolo ed a fare profitti. Ora è intervenuto un organo terzo che è la Magistratura che ha indagato , ha trovato irregolarità e non rispetto delle norme vigenti , per cui l’industria del petrolio è ferma perché sotto sequestro giudiziario. Come ce ne usciamo da tutto questo ? gli ambientalisti della valle chiedono con grande fermezza che , una volta ristabilita la legalità , non si parli più di raddoppio della produzione, si rispetti il protocollo d’intesa del 1998, si attuino tutte le pratiche migliori per controllare il fenomeno. Per noi associazioni ambientaliste bisogna ripartire con gli impianti attuali,e la produzione di 80mila barili al giorno, rispettando in modo veramente rigoroso le norme che regolano la coltivazione degli idrocarburi in Italia .Occorre una legge regionale ad hoc che tenga conto della situazione locale e di un Centro Olio collocato tra due Centri abitati, in Contrada Le Vigne, popolata da cittadini che volevano godersi la vita di campagna e si sono trovati, molte volte a contatto con un vero e proprio inferno. Non si può barattare la salute con l’occupazione, le 2000 persone che vi lavorano vanno rispettate, ma va rispettato l’intero popolo lucano, la sua integrità, la sua dignità la sua salute. La Basilicata è vocata per altre attività che sono conformi alla sua natura, alla sua morfologia, alle sue caratteristiche ambientali. Questo è il suo modello di sviluppo, non si va ad estrarre idrocarburi tra le montagne, tra i boschi, vicino ai laghi, in zone che meritano di essere valorizzate in altra maniera. I maggiori paesi produttori estraggono in zone desertiche o poco abitate. Ci vogliono idee diverse, per questo popolo serio e intelligente, rispettoso e incantato, che vuole uscire dalla sua povertà senza essere schiavo.

Vito Mazzilli, geologo naturalista, WWF Basilicata