Petrolio in Basilicata: Il (finto) progresso è finito. Andate in pace

3 aprile 2016 | 20:17
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Petrolio in Basilicata: Il (finto) progresso è finito. Andate in pace

Pare siano in molti a non averlo ancora capito, almeno a giudicare dai discorsi che si continuano a fare, anche da parte di “autorevoli” uomini politici, economisti e opinionisti: il (finto) progresso legato al petrolio è finito, è finito davvero.

Eppure, dopo le dimissioni da parte del ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi per le note vicende legate alle attività etrattive in Basilicata, il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, da Washington, ha fatto sapere che: “Il progetto di cui stiamo parlando (si riferisce a Tempa Rossa) dà posti di lavoro, è una cosa sacrosanta da fare, aver consentito a delle persone di venire in Italia e fare degli investimenti è una cosa sacrosanta, io lavoro perché si creino posti di lavoro” . Qualunque cosa si pensi del petrolio, dall’ideologia che si è costruita sulle sue promesse a partire dal famoso accordo di programma del 1998, se non prima, ora è tempo di prendere atto della sua conclusione. È finito, irrimediabilmente,  e non tornerà. Attenzione, il mio pensiero va anche alle centinaia di persone che lavorano attualmente per le compagnie petrolifere, ma credo sia arrivato il momento di cambiare approccio sulla questione perché siamo, forse, giunti al punto del non ritorno.

Dire che il Progresso è finito significa che siamo in presenza di una “bancarotta della storia, se per “storia” abbiamo inteso questo tipo di civiltà, basata sulla produzione di idrocarburi a tutti i costi senza tener conto dell’inquinamento, della distruzione delle risorse e dell’ambiente; della compromissione della salute dei cittadini. Dunque, è tempo di bilanci, di riflessioni: forse qualcuno dovrebbe interrogarsi, dovrebbe fare i conti con la propria coscienza, dovrebbe rendere ragione di quel che ha detto e di quel che ha fatto.

Almeno, le persone intelligenti farebbero così.

Davanti ad uno “scacco”, davanti ad un fallimento, davanti a una cosa così grave quale quella di ipotesi di disastro ambientale, si fermerebbero, s’interrogherebbero, si domanderebbero dove abbiano sbagliato. Farebbero il punto della situazione, smetterebbero di raccontarsi frottole: capirebbero che anche per loro è arrivato il momento della verità.

Non più menzogne, non più maschere, non più finzioni: l’ipocrisia è diventata inutile, l’auto-assoluzione non serve a niente, perché il castigo è comunque arrivato. Qui si parla di danni irrimediabili alla salute dei cittadini e all’ambiente.

Dunque, è arrivato il momento del coraggio, ora o mai più.

La gente si è resa conto della gravità. Ha capito bene come stanno le cose. Invece, assistiamo, come al solito, ad un desolante spettacolo di mezze ammissioni, a dichiarazioni di “qualcuno” che tenta di difendersi scimmiottando il personaggio di Fëdor Dostoevskij in “Memorie dal Sottosuolo” (giusto per restare in tema), di mezze verità, di balbettanti furberie, di astuzie da quattro soldi, perfino di giochi di parole. Tutto, pur non di non assumersi le proprie responsabilità.

Noi ambientalisti, noi attivisti dei quattro “comitatini”, non avevamo sbagliato a fare previsioni. Del resto, non ci voleva molto a capire che la politica energetica legata alle fonti fossili in Basilicata era destinata a fallire.

Caro Renzi, ma soprattutto cari amici di Renzi, il finto progresso legato al petrolio è finito. Mettetevi l’anima in pace.

Terenzio Bove