“Impariamo ad ascoltare i giovani”

23 aprile 2016 | 12:34
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“Impariamo ad ascoltare i giovani”

“Parlatene. Si parlatene non abbiate paura. Quando c’è un problema tra di noi non possiamo tenercelo dentro. Dobbiamo parlarne con i nostri genitori, con quelli che consideriamo i nostri amici, con i nostri educatori, a Scuola, all’Università. Tu ci dicevi Maurilio: io sto bene nel fare del bene agli altri. Ed io che ti conoscevo, forse, più degli altri non sapevo del tuo disagio. Ti lamentavi che il gruppo degli amici si era sfaldato ed invece, oggi, siamo tutti qui a piangere per te”. Credo che dopo il messaggio e il grido di aiuto lanciato ieri da Attilio e dagli altri amici (Alessia, Michela, Pierluigi) che hanno voluto portare il loro saluto al caro Maurilio dobbiamo parlarne; non possiamo più tacere. Dobbiamo imparare ad ascoltare i giovani, a parlare con loro, a confrontarci, ad essere anche meno accondiscendenti e indifferenti di fronte ai loro disagi, ai loro silenzi, alle loro preoccupazioni, alle loro emozioni. La notizia della morte di un giovane di soli 26 anni, che ha deciso, purtroppo, di suicidarsi nell’ingresso dell’Università che frequentava a Roma e che, forse, gli aveva causato disagio per non essere al passo con gli esami, merita di essere analizzata sotto tutti gli aspetti e non limitarci a liquidarla come la classica notizia di cronaca lanciata a freddo dalle agenzie di stampa. Sono ormai sempre più i casi di suicidio di giovani adolescenti, di studenti che di fronte alle avversità e agli ostacoli della vita, decidono di farla finita ed il più delle volte senza dare alcun segnale di preoccupanti cambiamenti. Dopo Carlo, 24 anni, che non aveva sostenuto alcun esame, o Alessandro di 28 anni, che aveva annunciato di laurearsi quel giorno, poco prima di morire senza aver dato nemmeno un esame o di tanti altri episodi, è giunta anche la tragica notizia della morte di Maurilio. Un ragazzo per bene, di famiglia per bene, che si era sempre prodigato per gli altri (come hanno preferito ricordarlo i suoi amici) e che di fronte al suo disagio ha preferito, invece, essere per la prima volta egoista, di non pensare al dolore che avrebbe causato ai suoi genitori e soprattutto a tutti coloro con i quali aveva condiviso tanti momenti di allegria e goliardia. Può capitare a tutti di attraversare momenti difficili, periodi in cui il crudele cammino della vita può apparirci improvvisamente più faticoso o irto di ostacoli che con testardaggine finiamo per immaginarli anche insuperabili. Ed invece no! Tutto si può affrontare; anche le situazioni più impensabili e difficili avendo sempre la consapevolezza di non essere mai lasciati soli e di avere sempre il sostegno e l’incoraggiamento di chi ci sta più vicino. Per questo dobbiamo poterci fidare di qualcuno. “Di parlarne”: come invocato dal pianto di Attilio con tutti o almeno con le persone che ci vogliono bene. E’ davvero assurdo che proprio nell’era della socializzazione virtuale, in cui ciascuno di noi preferisce interagire con persone sconosciute sui social e nella rete, anche dai falsi profili e senza alcuna generalità, poi finiamo per perdere la buona abitudine di confidare i nostri timori, le nostre preoccupazioni con chi ci ha messo al mondo, con un nostro fratello, con i nostri più cari amici, per non parlare dei nostri educatori, dei “professori”; forse, anche loro sono fin troppo distratti dall’evoluzione dei tempi. C’era tanta gente ieri a Potenza, per salutare Maurilio, tantissimi gli amici che aveva conosciuto sin dai tempi del Liceo e poi all’Università, durante la sua permanenza a Roma e tanti altri che non sono potuti venire e che sicuramente, ciascuno a modo loro, hanno avuto la possibilità di lasciare dei messaggi, di piangere in silenzio per l’improvvisa morte di un ragazzo che avrebbe potuto ricevere ancora tanto dalla vita anche non avendo alcun titolo universitario. Si. Bisogna assolutamente parlarne perché di fronte a questa ennesima tragedia, non possiamo che siano solo i genitori, la famiglia e le persone che hanno avuto l’onore e il piacere di conoscere e frequentare Maurilio ad interrogarsi sulle motivazioni del suo gesto. La morte di Maurilio non può passare sotto silenzio. Nelle scuole, all’Università, durante le ore di assemblee inutili, sarebbe anche il caso che i giovani parlino anche di questi problemi, dei loro disagi e che i docenti li ascoltino. Purtroppo, anche di fronte a questa morte, siamo tutti quanti noi, con i nostri silenzi e la nostra indifferenza fin troppo responsabili.

Gianluigi Laguardia giornalista