L’estetica della mediocrità e la morte degli ideali

25 febbraio 2016 | 18:37
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L’estetica della mediocrità e la morte degli ideali

Quando ero appena adolescente, d’estate sfidavo i miei amici: “Scommettete che ballo con la luna?”

Prendevo un secchio, lo riempivo di acqua e cercavo il punto esatto in cui la luna appariva di riflesso nell’acqua del secchio. Appena catturata l’immagine nel recipiente, mi fermavo e parlavo alla luna, la accarezzavo, la baciavo. Ruotavo il secchio sottobraccio e facevo ballare la luna. Il solito mediocre e presuntuoso mi riprendeva: “Ma dai! Quella non è la luna, quella è l’immagine riflessa!” Ed io replicavo: “Vuoi dire che la mattina quando ti guardi allo specchio, quello dall’altra parte non sei tu?” Questa piccola storia mi ricorda che la gente è cresciuta in modo diverso in questi decenni. Tante persone hanno continuato a ballare con la luna. Hanno cercato nella semplicità dell’immaginazione l’incanto della vita. Queste persone hanno fatto della loro esistenza un percorso di idee e di idealità. Per loro, fare è soprattutto dare. Agiscono inseguendo la bellezza, cercando l’autenticità delle cose e trovandole in un semplice sorriso, o nel coraggio delle idee. Tante altre persone hanno continuato a vedere e a credere nelle immagini riflesse, si sono lasciate avviluppare nel pensiero calcolante. L’idea per cui tutto è calcolabile. Queste persone sono continuamente occupate a cercare ciò che è utile. Loro non pensano, loro fanno i calcoli. Per loro, fare è soprattutto avere. Per loro la luna è un satellite della terra, niente di più. Ed è vero. Ma chi, vede nella luna sogno e incanto, immaginazione e bellezza, stupore e amore, afferma un’altra verità. Una verità diversa, ma umanamente più bella e più vera. Il giornalismo che vuole informare avvicinandosi alla verità dei fatti, non può fare i calcoli, ma deve avere il coraggio delle idee, deve saper ballare con la luna. L’immaginazione e il paradosso sono una chiave fondamentale per scoprire i fatti e per cercare la verità. Certo bisogna scrupolosamente documentare, ma ai documenti ci si arriva immaginando che esistano.  Il calcolo spesso calpesta la verità in nome dell’utilità. Di quella utilità da pianerottolo, per cui il foglietto appeso nell’atrio del condominio diventa la mia unica possibilità di comunicare con il “mondo”. L’estetica della mediocrità è fatta di parole inutili affidate a mezzi improbabili. Certa gente, come abbagliata dalla moda del giorno, insegue futili calcoli egoistici, fatue forme di protagonismo per poi cadere nelle braccia della delusione. Dare senso alle cose è importante quanto vivere la profondità dell’esistenza. L’estetica della mediocrità sopravvive nella banalità di questi tempi. Una banalità che trova forma e sostanza nell’inseguimento delle percezioni senza fondamento. Nell’immaginazione senza fantasia. Nei surrogati della realtà. La finzione, l’ipocrisia, hanno occupato il posto del coraggio. La mediocrità ha ucciso quelli che un tempo si chiamavano ideali. L’estetica della mediocrità risiede anche negli argomenti di chi giustifica i delinquenti confondendoli con le vittime,come accade spesso nelle vicende di femminicidio.