Referendum anti-trivelle non servirà a nulla

19 gennaio 2016 | 18:04
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Referendum anti-trivelle non servirà a nulla

A costo di passare per l’unico “bastian contrario” ma, confermando la posizione espressa in Consiglio Regionale nel dibattito sui referendum anti-trivelle, penso che la decisione della Corte Costituzionale di dichiarare ammissibile il referendum sulle trivelle, o meglio il quesito che riguarda la durata delle autorizzazioni a esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti già rilasciate, l’unico dei sei sopravvissuto dopo l’intervento della Cassazione, non servirà a nulla. Forse a tacitare la coscienza di quei presidenti delle Regioni che hanno sostenuto il referendum come strumento risolutivo ma di fatto l’emendamento presentato dal Governo alla Legge di Stabilità che vieta le trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa sposta la ricerca solo di qualche miglia. Intanto è bene ricordare che, come testimonia la bassa affluenza degli elettori in altre consultazioni referendarie recenti, ci sono difficoltà certe per il raggiungimento del quorum e se pure si dovesse raggiungere ci sono davvero poche possibilità che lombardi, veneti, piemontesi votino a favore della nostra tesi. Ritengo perciò che i Governatori delle Regioni del Sud quasi tutti del Pd e comunque espressione del centrosinistra devono fare ben altro, perché questa operazione del referendum finirà per legittimare il Governo Renzi che vuole ricercare ed estrarre il petrolio dappertutto e ridurre la Basilicata in gruviera. Del resto la linea politica al Governo Renzi è dettata dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, che un paio di giorni fa, in un’intervista ad un programma Rai Tre ha criticato il movimento anti-trivelle, proprio nei giorni in cui va in scena lo scontro tra il governo, le associazioni ambientaliste e i governatori contrari alle trivellazioni per cercare idrocarburi nel mare Adriatico e nello Jonio, minacciando il blocco di investimenti e di nuova occupazione, ammesso che l’occupazione temporanea sia l’unica possibile. Francamente non so se sia questo il modo di affrontare il delicato rapporto fra petrolio e sviluppo dei territori e il rapporto fra Stato e Regioni che da noi in Basilicata è ancora più determinante per il futuro delle nostre comunità. La modifica del Titolo Quinto della Costituzione è il vero snodo che però non può vederci attendere, a braccia conserte, scelte centralistiche e calate dall’alto e tanto meno scaricare sulle Giunte precedenti i mancati risultati nell’equazione fra sviluppo e petrolio che si traducono in profonda delusione, malessere e legittima protesta”. Nicola Benedetto, consigliere regionale Centro Democratico Basilicata