La Basilicata per sopravvivere vende l’ossigeno ai petrolieri
La Basilicata, nella previsione di bilancio 2016, deve registrare un mancato incasso di 100 milioni di euro. Per causa del calo del prezzo del petrolio e, quindi, della riduzione delle royalties. Cento milioni di euro sono tanti, troppi. E una regione che deve fare i conti con questa dinamica di prezzi non è una regione indipendente. E’ dipendente dal petrolio. O meglio dal mercato petrolifero. Il primo paradosso che qui voglio esporre riguarda appunto questa dinamica. In teoria la Basilicata dovrebbe sperare in un aumento del prezzo dell’oro nero. Ma che succede quando il prezzo aumenta? I consumatori subiscono delle vere e proprie sciagure, mentre le multinazionali della finanza e i giocatori di borsa possono arricchirsi dalla mattina alla sera. Dunque la Basilicata, dovendo sperare in un aumento del prezzo del greggio, deve mettere in conto l’impoverimento della sua economia reale. Nell’illustrare la manovra finanziaria 2016 alle competenti commissioni consigliari, il direttore generale del dipartimento presidenza della Giunta, Vito Marsico, racconta: …“Per quanto riguarda le royalties oggi vengono estratti 70 mila barili al giorno con quotazioni al di sotto dei cinquanta dollari. Rispetto alla cifra prevista nell’assestamento nel 2015 c’è stata una ulteriore riduzione. I fondi a disposizione per la spesa corrente si attestano fra i 400 e i 500 milioni di euro ed una contrazione di 100 milioni di euro rispetto a queste cifre comporterà inevitabilmente il rinvio di alcune spese agli anni successivi”. E poi aggiunge: “Nell’ambito del dialogo con Eni ci sarà il tentativo per spingere il colosso petrolifero ad acquistare quote di CO2 anche dalla Regione Basilicata. Questa possibilità è subordinata al fatto che venga certificato il patrimonio forestale”.Vendere l’ossigeno a Eni fa emergere un altro paradosso. Il senso è il seguente: Si tratta del cosiddetto “carbon trading scheme” Il sistema viene applicato attualmente solo in determinati settori e prevede l’acquisto del diritto a inquinareda parte delle industrie che, per la loro attività, sono costrette a emettere ogni anno tonnellate di CO2 (Anidride Carbonica). E’ chiaro dove siamo arrivati? Dipendiamo dal prezzo del barile e siamo costretti a vendere ossigeno all’Eni. In questa Regione bisognerebbe spingere la politica ad acquistare quote di intelligenza. Questa possibilità è subordinata al fatto che i “coglioni” si tolgano di mezzo.