Auguri insoliti e necessari. Anno nuovo? Vedremo
Il 2016 tra un anno farà la fine del 2015. Abbandonato in quel calendario ormai vecchio, che ancora respira grazie al ricordo di un giorno qualunque. Alla fine e all’inizio di ogni anno, come stampi di memoria, raccontiamo a noi stessi e agli altri le identiche cose, con le stesse parole, dell’anno passato. Siamo tutti ricercatori di speranze. Esploratori di nuovi indizi nelle vecchie tracce. Siamo ripetitori di litanie e liturgie che fanno da cornice alla banalità del quotidiano. Anche il 2016 sarà l’anno del letargo della ragione o magari l’anno del terrore dei cuori? Certo è che agire l’indifferenza, nel dilemma globale della sofferenza umana, è sempre più difficile. Nel secolo degli spettatori, per dirla con il sociologo Bauman, non possiamo più ignorare ciò che accade nel mondo, non saremmo credibili. La televisione e internet, sono “vedere” e “sapere”, e ci inchiodano in quella che Karl Jaspers chiama “la colpa morale”. Ora siamo tutti spettatori, testimoni delle guerre, dei disastri ambientali, delle sofferenze per fame e sete, indipendentemente da come ce li raccontano. Ora noi vediamo con i nostri occhi, veniamo a conoscenza del dolore di persone in luoghi lontani. Tuttavia vedere, non è la stessa cosa che “sapere”. Spesso non comprendiamo le cause di ciò che accade. I giornali e le televisioni non ci dicono della distruzione della vita a causa del “commercio senza frontiere” e della “finanza senza frontiere”. Tra vedere e agire, tra sapere e agire, però, rimane un forte divario. E’ difficile agire quando ci si trova a centinaia o migliaia di chilometri di distanza da chi soffre, magari seduti comodamente davanti al televisore nel proprio salotto. Non basta formare un numero di telefono per versare qualche euro a sostegno della causa. E quando ci troviamo a pochi metri di distanza da chi soffre? “Faccio quello che posso”, senza interrogarci sulle cause di quella sofferenza e su come agire per rimuovere quelle cause. In breve, cerchiamo soluzioni biografiche a contraddizioni sistemiche. E dunque? Tra “fare il male” e “non opporsi al male” esiste una forte affinità. Bisogna, perciò, opporsi al male, che vuol dire trasformarsi da spettatori in attori. Passare cioè da una dimensione di vita semplicemente vivente (spettatore) a una dimensione di vita come messa in gioco di un senso (attore). Colpire le radici del male. E’ l’augurio per il prossimo anno. Anno nuovo? Questo lo vedremo.