Attività petrolifere: evidente la mancanza di un sistema di controllo pubblico

2 dicembre 2015 | 16:51
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Attività petrolifere: evidente la mancanza di un sistema di controllo pubblico

É evidente la mancanza di un sistema di controllo pubblico e trasparente sulle attività petrolifere in Val d’Agri e sulla gestione dei rifiuti speciali. Abbiamo appreso dalla stampa della notizia del blitz dell’antimafia in Val d’Agri che ha, ancora una volta, posto sotto i riflettori la gestione dei rifiuti speciali provenienti dalle attività del Cova di Viggiano. Fiduciosi nell’operato della magistratura che speriamo porti al più presto all’individuazione precisa delle eventuali responsabilità, non possiamo esimerci dall’esprimere la nostra posizione al di là della vicenda giudiziaria. L’ipotesi di traffico illecito di rifiuti connesso ad un settore “sensibile” come quello dello smaltimento delle acque provenienti dalle lavorazioni petrolifere, delinea uno scenario particolarmente preoccupante per la salute dei cittadini e la salubrità dell’ambiente, gettando ancora una volta ombre sull’operato dell’Eni in Val d’Agri, di Tecnoparco in Val Basento e di un sistema pubblico ormai chiaramente incapace di svolgere un autorevole servizio di monitoraggio ambientale. L’inchiesta in corso apre inoltre uno squarcio su tutta la partita della gestione dei rifiuti speciali in Basilicata. Già dal 2011 infatti con l’elaborazione del dossier Rifiuti Speciali, l’associazione ha denunciato anomalie e stranezze nella gestione dei rifiuti speciali in Basilicata, con un sistema che non appare “governato” dall’interesse pubblico ma piuttosto dall’interesse delle imprese private. Un settore nel quale si hanno difficoltà a reperire dati certi sui flussi, le quantità, le tipologie, gli impianti e i siti di destinazione: informazioni che sfuggono per incapacità o collusione, a chi è chiamato ad autorizzare, vigilare e controllare. In un contesto così nebuloso, si continuano inoltre ad importare in Basilicata rifiuti speciali, per essere trattati e smaltiti impianti lucani. Sempre dal nostro rapporto Rifiuti Speciali emergeva inoltre che nel solo anno 2006, preso in considerazione, erano spariti dalla contabilità ufficiale ben 140 mila tonnellate: che fine hanno fatto e perché sono spariti nel nulla? Questa domanda meritava allora una risposta, nell’interesse di tutti i lucani. Risposta che non è mai arrivata. Una risposta ancor più urgente alla luce dell’inchiesta che oggi commentiamo. Le fiammate quotidiane, i valori delle emissioni costantemente in over, dati sul monitoraggio ambientale cronicamente e volutamente carenti e confusi, rendono ormai inaccettabile questa situazione in cui l’attività dell’Eni, sempre pronto a continue e poco credibili rassicurazioni, continua ad essere avvolta da un alone di mistero. Il petrolio inquina e offusca non solo l’ambiente, ma anche le menti e le coscienze di tanti: è ora di cambiare rotta, per i cittadini di una Basilicata che chiede sempre con più forza trasparenza e sostenibilità.