Cyberbullismo, al Comprensivo 1 di Lavello se ne parla con la Polizia

25 novembre 2015 | 12:22
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Cyberbullismo, al Comprensivo 1 di Lavello se ne parla con la Polizia

Al Comprensivo 1 di Lavello la Polizia postale spiega i rischi del cyberbullismo. La dirigente scolastica Lucia Scuteri ha promosso, nell’ambito dell’educazione alla legalità, una serie di importanti incontri formativo/informativi con gli esperti del Filo rosso di Potenza (agenti di Polizia postale, avvocati e psicologi). Soddisfatta la dirigente per l’esito degli incontri che afferma “tramite lezioni coinvolgenti e interattive i nostri alunni hanno compreso che alcune azioni considerate dall’opinione pubblica “marachelle” sono, al contrario, veri reati e qui l’informazione gioca un ruolo molto importante, al fine di prevenire situazioni rincresciosissime soprattutto per le famiglie , spesso completamente ignare e innocenti. Quali sono i principali rischi che si corrono a 10-14 anni navigando in rete? Essere adescati da sconosciuti, furti d’identità e violazione della privacy sono i casi più frequenti e si verificano quando i fruitori delle social network sono giovani e disinformati. I responsabili dei progetti educativi sulla navigazione dei minori sulla rete internet della polizia postale e delle comunicazioni hanno fornito informazioni chiare e precise.

Cosa si intende per cyberbullismo? Per definizione la presenza di un insieme di azioni di prevaricazione, violenza, ingiuria, diffamazione reiterate nel tempo e messe in atto da un minore nei confronti di altri minori attraverso mezzi elettronici. Il bullo insegue la vittima ogni volta che si mette in rete. Per un nativo digitale internet equivale al mondo reale ed essere escluso ad esempio da una chat è come essere cacciato dal gruppo del muretto.  E’ una forma di bullismo più grave rispetto a quella tradizionale, perché non si ha davanti fisicamente la vittima e non ci si rende conto del male che le si sta facendo e la persecuzione diventa sempre più dura. Distinguiamo poi due casi: quello tra gli 8 e i 12 anni prevaricazione e molestie sono inconsapevoli, tra i 13 e i 17 subentra la consapevolezza di fare del male. Di quali reati si tratta? Il cyberbullismo in sé non esiste come reato, ma sotto questo nome si configurano reati come violenza privata, stalking, diffamazione, ingiuria, minacce, molestie, furto di identità, diffusione di materiale pedo pornografico, violazione della privacy. Quanti i casi stimati? In base alla nostra esperienza nelle scuole possiamo affermare che per ogni denuncia fatta ce ne sono 100 sommerse. Abbiamo notato però che da quando, come polizia postale, andiamo nelle scuole e parliamo di rischi, pericoli, comportamenti da evitare quando si naviga, i ragazzi cominciano a trovare il coraggio di denunciare le violenze legate al cyberbullismo senza vergognarsi. Per questo motivo le denunce cominciano ad  aumentate in modo vertiginoso. Perché così tanti casi sommersi? Vince la vergogna di raccontare oppure il timore che per punizione i genitori possano proibire l’accesso a internet. Spesso- aggiunge la dirigente Scuteri- manca anche la consapevolezza di quello che si fa, di cosa sia un reato, l’importante è apparire sulla Rete. Abbiamo notato che bambini e ragazzi riconoscono i furti di identità ma  non comprendono, ad esempio, la gravità della pubblicazione di dati privati associati a inviti a contattare la vittima, credono si tratti di un atto scherzoso. Cosa succede dopo la denuncia? Si identifica il minore , si contattano i genitori, in base a quello che è successo si procede. Per alcuni reati si procede d’ufficio, altri invece solo su querela di parte. Spesso si patteggia al primo grado. Abbiamo a questo proposito un commissariato online per chiedere informazioni e porgere denuncia. Perché si casca nella rete di cyberbulli e adescatori? Alcuni genitori non realizzano che i bambini e i ragazzi, davanti a un pc o con lo smartphone sempre in mano, corrono rischi reali. Sono loro, talvolta, ad aprire un profilo su internet ai figli. Ci capita di ricevere, purtroppo,  segnalazioni da parte degli insegnanti che si accorgono del malessere e disagio del minore ancor prima che dai genitori. Talvolta il dialogo tra genitori e figli è inesistente Cosa manca in concreto? “La normativa esiste, quello che manca spesso è il dialogo tra genitori e figli e l’adozione di regole da adottare durante la navigazione. Potrebbero ad esempio utilizzare dei filtri su smartphone e computer che usano i figli. E’ molto importante, sostiene la Dirigente Scuteri, una campagna di informazione nelle scuole dedicata ai giovani che faccia anche capire agli adulti che il problema esiste, è reale. Lasciare un bambino da solo davanti a un pc con accesso a internet è come lasciarlo da solo in casa con la porta d’ingresso aperta.” Il Filo Rosso di Potenza e la Polizia Postale hanno messo a disposizione delle scuole e delle famiglie le migliori risorse umane della polizia di stato (medici pediatri, psicologi, sociologi, criminologi e poliziotti altamente specializzati ). Gli incontri sono incominciati in novembre e proseguiranno nel corso dell’anno scolastico 2015/16 , rivolti agli alunni della scuola secondaria di primo grado.