Ambiente e pareri scientifici tra scienza e ‘affari’

29 settembre 2015 | 08:53
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Ambiente e pareri scientifici tra scienza e ‘affari’

Portiamo avanti l’inchiesta sull’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che tra pubblico e privato, tra scienza e business, tra crisi economica e lobby, sembra essere un crocevia intricatissimo di equilibri politico-affaristici, una zona franca dove tutto è possibile.

Il ‘mercimonio’ dei pareri scientifici e la scienza lobbystica. Amra è una società pubblica (AMRA = Analisi e Monitoraggio Ambientale – Società Consortile a Responsabilità Limitata) con amministratore delegato Paolo Gasparini (il presidente – geologo della commissione Ichese, consulente di diverse compagnie petrolifere), conta un bilancio di 8 milioni di euro con soli 8 fortunati addetti a tempo determinato che sarebbero stati assunti con chiamata diretta. Nata da un consorzio pubblico, nel Napoletano, con soci Cnr, Ingv, Università Federico II di Napoli, Seconda Università di Napoli, Università di Salerno, Università del Sannio, Università degli studi di Napoli Parthenope, Stazione Zoologica Anton Dohn. Interessante anche il parco consulenti di Amra che annovera tra gli altri Luigi Nicolais, attuale Presidente Cnr. Difficile capire come si muove Amra, che tra pubblico e privato spaccia sul proprio sito internet come fossero proprie, le strumentazioni scientifiche pubbliche dell’Ingv o del Cnr, così come i suoi soci e consulenti che paradossalmente agiscono in doppia veste (si pensi a Warner Marzocchi direttore di ricerca o a Giuseppe de Natale entrambi già stipendiati Ingv). Amra trarrebbe profitto anche dalle stesse valutazioni d’impatto ambientale Via o Vas alla cui compilazione partecipa, tra le quali quella recente assai chiacchierata per un impianto pilota geotermico nei Campi Flegrei. In poche parole sembra che ricercatori pubblici si fanno la propria impresa per lavorare nel pubblico rilasciando pareri scientifici da privati presso enti pubblici terzi, nel qual caso il Ministero dell’Ambiente. Studi pagati a volte anche centinaia di migliaia di euro le Via/Vas, per andare a perforare zone vulcaniche ricadenti a ridosso di aree densamente abitate; paradossalmente studiate da tecnici che invece di collaborare gratuitamente in un progetto congiunto tra enti pubblici, escono dal pubblico per lavorarci con lucro da privati. E proprio il prof. Gasparini nel suo curriculum vitae riporta che Amra è una società no-profit (?), ma con un bilancio da 8 milioni di euro che nel cv non viene citato come non viene riportato neanche dal sito internet della stessa Amra. Lo stesso Gasparini è stato chiamato dal Ministero dello Sviluppo Economico che ha stranamente esautorato quello dell’Ambiente, muto e fermo sulla questione, nella gestione della Commissione Ichese per capire le conseguenze sismiche delle attività petrolifere in Emilia. Gasparini è stato consulente di Agip, UnoCal (compagnia petrolifera californiana coinvolta nello scandalo birmano della Total e nell’utilizzo di schiavi nei lavori estrattivi ) Texaco, Snam ed Enterprise Oil UK. Il dubbio sorge forte e spontaneo: se pretestuosi e fuorvianti sono stati i quesiti della Ichese attraversata da laceranti conflitti d’interesse interni, e dopo le parole del Sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo che durante la festa del Pd del 2014 a Policoro (Matera), ammise: “lo Sblocca Italia lo ha scritto il Ministero dello Sviluppo Economico non quello dell’Ambiente” è lecito pensare che il settore delle scienze della terra sia diventato in Italia il grimaldello per nuove speculazioni su vasta scala? Le nuove linee guida ministeriali “bluff” del Mise utilizzate per i nuovi pozzi in cui iniettare acque petrolifere paradossalmente nascerebbero, secondo fonti accreditate, proprio dalle competenze/mission di Amra, che avevano trovato nel campo Cavone di Gas Plus il capro espiatorio emiliano, stando alle pubbliche accuse lanciate da noti studiosi come Boschi e Quattrocchi sulla stampa nazionale. Esiste in tal senso una interrogazione parlamentare M5S a cui non vi è mai stata risposta. Tuttavia Miur e Società Geologica italiana cosa fanno dinanzi questi doppi-tripli incarichi di questi scienziati pubblici-imprenditori privati? Amra può con strumentazioni pubbliche di proprietà statale fare profitti privati? E mentre ì i vertici pensano alle consulenze d’oro, tanti ricercatori di Cnr ed Ingv stanno da anni a stipendio minimo privi del loro articolo 15 e degli scatti di carriera.

Sotto Napoli una camera magmatica senza piano d’emergenza. Da anni il vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo ed il prof. Benedetto De Vivo avvertono le istituzioni del grande pericolo che corrono i napoletani, ossia il vivere all’interno del raggio d’azione di un vulcano attivo ed esplosivo ma nonostante tutto politica e cemento hanno continuato il loro corso, su tutti l’esempio dell’Ospedale del Mare costruito a 7 km dal cratere del Vesuvio, considerando solo il rischio sismico e non quello piroclastico, ossia il materiale incandescente che emetterebbe il vulcano in caso di eruzione. La magistratura indaga sulla costruzione dell’ospedale ma i limiti tra zona di rischio rossa e zona gialla pare non li abbia decisi la scienza ma il partito del mattone e l’ospedale rimane in zona gialla pur essendo in zona rossa secondo scienza: vale a dire per salvare l’ospedale sulla carta si espone ad un rischio ulteriore una fetta della città densamente abitata. In aggiunta Mastrolorenzo, Vulcanologo e Ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano – Sezione di Napoli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, sottolinea da tempo l’elevato rischio vulcanico dell’area napoletana ed i rischi derivanti da attività di trivellazione, per lo sfruttamento di energia geotermica, progetto avallato proprio dall’Amra di De Natale, Gasperini e Nicolais. Il lavoro di Mastrolorenzo e del suo staff è stato pubblicato sulla prestigiosa testata internazionale Scientific Reports/Nature Group e parla di un lago di magma presente sotto i Campi Flegrei alla profondità di circa 3 Km dalla superficie, con ampia estensione orizzontale dell’ordine di alcuni chilometri. In tali condizioni, l’assenza di un piano di emergenza locale operativo e comprensivo di piano di evacuazione, espone a rischio permanente l’intera popolazione residente nell’area vulcanica napoletana. Chi ha permesso dal luglio 2012 che nell’area ex Ilva di Bagnoli, sito pesantemente inquinato e “farloccamente” bonificato, ricadesse un progetto privato energetico dall’incalcolabile impatto ambientale e sanitario, sotto la coordinazione di un dipendente pubblico, ossia Giuseppe De Natale, attuale direttore dell’Osservatorio Vesuviano? Nonostante tali segnalazioni, le autorità comunali autorizzavano l’inizio della prima fase delle trivellazioni della Geoelectric srl, condotta sempre sotto il coordinamento di De Natale dell’Ingv ma in seguito dopo il sequestro giudiziario dell’area di Bagnoli, la Procura della Repubblica di Napoli apriva un fascicolo sulle attività di trivellazione condotte. Perché la Protezione Civile non tiene conto degli articoli scientifici pubblicati da Mastrolorenzo?

Il ringraziamento per l’impegno di Mastrolorenzo: una bella sanzione. Nel dicembre 2013 Franco Gabrielli, attuale super prefetto di Roma e Capo Dipartimento della Protezione Civile, scrive all’Ingv per chiedere ufficiale conferma o smentita alle dichiarazioni di Mastrolorenzo ed in caso affermativo di comunicare subito gli eventuali rischi alla Protezione Civile. L’unico risultato della vicenda è stato un provvedimento disciplinare interno, risultato in seguito infondato, ma che ha comunque comportato per il ricercatore una sanzione (caso riportato in una interrogazione parlamentare del Gruppo Misto – Pd della Senatrice Puppato n.650 del 14 maggio 2015 a cui nè Gresta nè De Natale hanno mai dato risposta). Tra le accuse alla base del procedimento disciplinare: l’ufficio in disordine ed i suoi rapporti con i massmedia con effetti “ansiogeni” sul pubblico. Oltre a Mastrolorenzo, un altro ricercatore Ingv, Giovanni Chiodini che aveva osteggiato per iscritto le perforazioni ai Campi Flegrei, è stato trasferito alle sede Ingv di Bologna.

Ed Amra intanto si affacciava anche in Basilicata nel 2013. Con Unibas avviava il progetto di ricerca AT-3 sulle Tecnologie per il monitoraggio e la gestione del rischio sismico di cui è ignoto lo stato di avanzamento come la gestione dei pubblici danari. Fatto sta che l’Ingv è costato oltre 50 meuro nel 2014 per il solo personale (1.060 unità) ed in Basilicata come nel resto d’Italia manca un piano scientifico serio e libero che indichi le zone in cui bloccare l’antropizzazione, dove l’impatto ambientale potrebbe non essere mitigabile, o dove preservare i principali acquiferi sotterranei, o l’interferenza tra attività estrattive e terremoti indotti/innescati. Non bastavano 1060 unità e centinaia di milioni di euro di patrimonio, serviva anche la Commissione Ichese per arrivare ad un nulla di fatto nonostante lo Sblocca Italia. E’ chiaro che il modello Basilicata sta facendo scuola in Italia: decide il Mise sia in materia ambientale che sanitaria, ed ministeri dell’Ambiente, o delle Politiche Agricole, o della Salute stanno a guardare, così come gli enti tecnici, tipo Ispra o Iss, che chissà perché arrivano sempre a sfacelo concluso, forse.

Giorgio Santoriello