Sito unico rifiuti nucleari, le cicale e gli avvoltoi

10 agosto 2015 | 12:46
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Sito unico rifiuti nucleari, le cicale e gli avvoltoi

Lo abbiamo scritto in tempi non sospetti. La Basilicata stia attenta. E’ probabile che il sito nazionale di stoccaggio dei rifiuti nucleari si faccia qui

I segnali a sostegno di questa ipotesi arrivano da lontano. C’è Craco, ossia Peschiera a valle, a un passo c’è Tecnoparco, a due passi c’è la Trisaia, intorno le industrie della Val Basento. E poi il prossimo mega-impianto di stoccaggio dal gas della Geogastock a Grottole-Ferrandina-Pisticci. Ancora a due passi ci sono i pozzi petroliferi. Tutta questa zona della Basilicata è interessata da processi di industrializzazione eterodiretti ed esogeni fondati sulla chimica, sull’energia, sui rifiuti. Una specie di mega distretto in cui ci sono tutte le condizioni per realizzare il deposito unico nazionale. Altri segnali arrivano oggi. Una strategia raffinata che parte dalla campagna di comunicazione della Sogin e che trova in certa stampa ottimi fiancheggiatori. Su un quotidiano locale, Andrea Di Consoli scrive che sono maturi i tempi perché la Basilicata proponga l’autocandidatura spontanea ad ospitare il sito unico di stoccaggio. Non sono tra chi dice sempre no, a prescindere. Ritengo, però, che, anche se volessi sostenere quella sciagurata proposta, i tempi non siano per niente maturi. E ritengo, soprattutto, che tenere insieme il diavolo e l’acqua santa, non sia possibile. La Basilicata non è la Finlandia, né il Texas. La classe politica di questa regione non è stata capace di dare un’identità allo sviluppo. Né oggi è capace. Piuttosto è ed è stata subalterna ad altri poteri, pasticciona nelle decisioni, confusa nella programmazione dello sviluppo. Molto capace a creare sistemi territoriali malati di clientelismo, soffocati dalla miseria economica e civile. Molto capace a conservare se stessa nel tempo, a qualsiasi condizione.  No. La nostra non è una “grande” Regione, E’ un “piccolo” territorio, povero. Nonostante la moltitudine di risorse a disposizione, comprese quelle petrolifere, la Basilicata è misera. E’ perciò vulnerabile. Esposta alle prepotenze dello Stato e delle multinazionali. Se fossimo ricchi, avremmo più potere, anche nel contrastare gli abusi e le violenze ambientali e culturali perpetuate dai veri padroni del territorio. Trivelle ed estrazioni in aree altamente antropizzate. Pozzi a ridosso di ospedali. Inquinamento e malattie. Tutto questo che cosa c’entra con lo sviluppo? Nessuno vuole una Basilicata vergine. Non più. E’ un desiderio antistorico. La Basilicata è stata sventrata da tempo. Molti però vorrebbero una Basilicata normale. Dove le regole valgono per tutti. Dove non si oscurano i dati sull’inquinamento e sulle malattie. Dove le risorse sono intelligentemente impiegate per creare sviluppo. No, cari fiancheggiatori della Sogin, certi processi la Basilicata di oggi non riuscirebbe a governarli. Sarebbero altri ad avere, come il solito, il pallino in mano. In nome dell’interesse nazionale, si sono consumate infinite tragedie. In nome dell’interesse dell’Europa si sono consumate inaccettabili ingiustizie. Adesso pare che il problema siano “i gufi”. Io credo, invece, che il problema siano le cicale e gli avvoltoi.