In Basilicata impianti industriali a rischio d’incidente rilevante

24 agosto 2015 | 17:25
Share0
In Basilicata impianti industriali a rischio d’incidente rilevante
In Basilicata impianti industriali a rischio d’incidente rilevante
In Basilicata impianti industriali a rischio d’incidente rilevante
In Basilicata impianti industriali a rischio d’incidente rilevante
In Basilicata impianti industriali a rischio d’incidente rilevante

La Basilicata non è solamente terra di boschi, acqua e petrolio, ma anche di attività a rischio d’incidente rilevante. Attività rientranti tra quelle previste dalla Direttiva Seveso III (2012/18/UE) recentemente recepita dall’Italia con il decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105 entrato il vigore il 29 luglio scorso. 

Nove gli stabilimenti a rischio. Nella regione Basilicata sono presenti 9 stabilimenti a Rischio d’Incidente Rilevante (RIR) rispetto ai quali la norma in questione trova applicazione: 6 stabilimenti in provincia di Potenza e 3 nella provincia di Matera (fonte Ispra, aggiornamento maggio 2015). Sicuramente il più noto stabilimento suscettibile di causare incidenti rilevanti è il Cento Oli Val D’Agri (COVA) nel Comune di Viggiano della Eni S.p.A. I restanti stabilimenti si trovano a Matera, Pisticci Scalo, Ferrandina, S. Nicola di Melfi, Venosa, Potenza, Vaglio ed a Viggiano oltre al COVA dell’Eni. Direttiva Seveso che porta il nome di un Comune della Regione Lombardia investito, il 10 luglio 1976, da una nube tossica contenente elevate quantità di diossina sprigionatasi in seguito ad un incidente verificatosi in prossimità dell’abitato presso gli impianti chimici della società ICMESA. Una nube di tetraclorodibenzo-p-diossina, indicata con l’abbreviazione TCDD, conosciuta come la più pericolosa delle diossine (vedi foto 1).  Un disastro ecologico che causò l’evacuazione di migliaia di persone con ricadute sulla salute indecifrabili. Proprio per ridurre i rischi ed evitare conseguenze devastanti a seguito di possibili esplosioni, incendi e rilasci di sostanze pericolose, l’Unione Europea si è dotata di norme severissime: Direttiva Seveso I nell’anno 1982, Direttiva Seveso II nell’anno 1996 e Direttiva Seveso III nell’anno 2012 recentemente recepita dall’Italia. Importante fu il passaggio dalla Direttiva Seveso I alla Seveso II che permise una migliore interpretazione della sicurezza industriale passando a focalizzare l’attenzione non più sul tipo di attività bensì sul tipo sostanze utilizzate così da allargare il campo d’applicazione ad impianti che con la Seveso I non erano inclusi. Il recente decreto legislativo, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.161 del 14 luglio 2015, va a sostituire il D. Lgs. n. 334/1999 (in precedenza modificato dal D.Lgs. n. 238/2005, dalla Legge n. 98/2013 e dal D.Lgs. n. 48/2014) con il quale si era recepita la Direttiva Seveso II e la Direttiva 2003/105/CE.

Che significa incidente rilevante? È opportuno ricordare che con la dizione «incidente rilevante» ci si riferisce ad un particolare evento quale un’emissione, un incendio o un’esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verifichino durante l’attività di uno stabilimento, soggetto alla Direttiva Seveso, che dia luogo a un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze pericolose. Quella dell’incidente rilevante è una minaccia che sta vivendo anche l’area a ridosso del Comune di Palazzo San Gervasio per la presentazione di un progetto, denominato “solare termodinamico”, anch’esso sottoposto alla Direttiva Seveso. Infatti, trattasi di un impianto che era soggetto al D.Lgs. n. 334/1999, oggi abrogato dal D.Lgs. n. 105/2015 “Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose”. L’impianto si classifica come «stabilimento di soglia superiore» per la presenza di sostanze pericolose in grandi quantità: olio diatermico (Dowtherm *A) per una quantità complessiva di 2.100 tonnellate (50% presente nella centrale di produzione ed il restante 50% nei tubi ricevitori e nella miriade dei collettori, ad elevata pressione ed alla temperatura di circa 390°C) e per la presenza di sali fusi  (60% nitrato di sodio e 40% nitrato di potassio) utilizzati per l’immagazzinamento del calore per una quantità pari a 38.000 tonnellate. Sali che raggiungono una temperatura massima di circa 550°C al di sopra della quale i sali fusi diventano corrosivi. Inoltre, la temperatura dei sali fusi non può andare al di sotto dei 290°C perché presenterebbero il problema della loro solidificazione. Per questo motivo, e non solo, si ricorre al riscaldamento tramite una fonte esterna fossile quale il gas metano per oltre 7.7 milioni di normal metri cubi ogni anno (vedi immagine 2).

Superficialità sulla sicurezza. Ovviamente, per coloro che vivono del “tutto a posto”, non dovrebbero esserci problemi e le “carte bollate” metterebbero al sicuro tutto e tutti. Noi siamo di parere completamente diverso sia per la superficialità con cui sono stati analizzati gli scenari incidentali ipotizzati nel rapporto preliminare di sicurezza (rilascio di olio diatermico con innesco e conseguente scenario di incendio; rilascio senza innesco di olio diatermico che potrebbe dare origine a un potenziale danno ambientale) sia per la descrizione sommaria della geologia e idrogeologia del sito interessato dall’intervento. Alquanto irrealistico pensare che con soli 6 sondaggi diretti e la valutazione della permeabilità su due soli campioni si possa parlare di attendibili analisi del rischio per la stima delle conseguenze incidentali legate al percolamento di olio diatermico nel sottosuolo. Irrealistico pensare che le simulazioni svolte possano avere credibilità a fronte di una geologia e idrogeologia del sito caratterizzata con un numero di sondaggi irrisori a fronte della vastità dell’area (oltre 226 ettari) interessata nella sua interezza da una strategica falda nel sottosuolo a pochi metri dal piano campagna. Alquanto surreale l’aver eseguito le indagini per la caratterizzazione idrogeologia nel periodo estivo (luglio 2012) non considerando quindi le condizioni più conservative. Quelle condizioni che non sono non certo riscontrabili in un periodo a scarso apporto di acqua, per le scarse precipitazioni meteoriche, e con il maggior emungimento della stessa dai 20 pozzi artesiani presenti nell’intera area interessata (vedi foto 4 e 5).

Eventi incidentali. Emblematico osservare come il recente D.Lgs. n. 105/2015 all’Allegato C, punto C.4 “analisi degli eventi incidentali”, prevede di “valutare le conseguenze degli scenari incidentali in base alle condizioni meteorologiche caratteristiche dell’area in cui è insediato lo stabilimento, con particolare riferimento a quelle più conservative”; al punto C.4.4 prevede una “descrizione dettagliata dell’ambiente circostante” ed un “modello idrogeologico-idrologico del sito volto alla individuazione delle vie di migrazione delle sostanze pericolose nel suolo, in acqua superficiali e sotterranee”. Impianti solari termodinamici a concentrazione (CSP) che destano preoccupazione a ragion veduta, constatato che in passato alcuni di essi sono stati interessati da incendi ed esplosioni come nel caso dell’impianto Andasol CSP 2 nella città Aldeire, in Spagna, nel marzo 2012. Dai media spagnoli si è appreso che: “l’incendio si è originato in una delle caldaie del complesso energetico all’incirca alle ore 5:00. L’incendio è stato controllato all’incirca alle ore 8:00″ (cfr. https://www.youtube.com/watch?v=78OYlvAwXyA). Così come nel dicembre 2009, con riferimento ad un altro incendio riguardante una centrale solare termodinamica a concentrazione (CSP), i media spagnoli annunciavano che: “il fuoco ha provocato un gigantesco pennacchio di fumo visibile a chilometri di distanza. La centrale solare Andasol ha registrato, durante la giornata di ieri pomeriggio, un altro incendio. Il fuoco ha causato una grande colonna di fumo nero visibile dalla città di Guadix in Spagna” (cfr. https://www.youtube.com/watch?v=aGyvicfgZm0).

Donato Cancellara Associazione Intercomunale Lucania Associazione VAS per il Vulture Alto Bradano