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Report dell’Eni sulla Basilicata: Val d’Agri come mondo di frutta candita

31 luglio 2015 | 09:34
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Report dell’Eni sulla Basilicata: Val d’Agri come mondo di frutta candita

Come ogni anno leggo con un po’ di attenzione e tanto disincanto il “local report Basilicata” dell’Eni. Questo anno la lettura, quasi in contemporanea con il rapporto Svimez che dipinge un Sud Italia con dati economici

di base peggiori di quelli della Grecia, mi riempie la bocca di un sapore amaro indescrivibile.

L’Eni dipinge la Val d’Agri come un mondo di frutta candita. Il local report, redatto con una grafica accattivante forse per nascondere una realtà allarmante, dipinge la Val D’Agri come un mondo di frutta candita dove “va tutto bene madama la Marchesa” e dove l’Eni proprio non riesce a capire come i cittadini della Val D’Agri non si sprofondino in “osanna” costanti al cospetto dell’Ente Nazionale Idrocarburi. Vediamo se gli osanna sono dovuti. Sfoglio il report e subito a pagina quattro sorgono le prime domande. Le attività estrattive dell’Eni danno lavoro a 1.695 lucani. Bene! Ottimo! Peccato che, a dar retta all’Istat, negli ultimi cinque anni il distretto del sistema lavoro di Marsicovetere abbia aumentato il tasso di disoccupazione dal 8,6% al 14,7% e che gli occupati in agricoltura siano praticamente scomparsi. Sempre a pagina quattro del report si afferma che le royalties versate dall’Eni dal 1998 ad oggi ammontano a un miliardo e trecento milioni di euro. Cifra considerevole se si pensa che in aggiunta a queste somme la Regione Basilicata ha ricevuto dall’Europa nello stesso periodo altri sette/otto miliardi di euro (vado a memoria: 3 miliardi gestione Filippo Bubbico, 2,5 Vito De Filippo, 2 Marcello Pittella) per uscire dalle secche del sottosviluppo. La teoria economica ci dice che per ogni euro di spesa pubblica si può mettere in moto un euro di spesa privata e un euro di finanziamento bancario. Tradotto la Regione Basilicata avrebbe potuto mettere in moto dal 1998 ad oggi oltre ventisette miliardi di euro per far sviluppare questa territorio. Invece le royalties petrolifere sono servite per finanziare la spesa corrente clientelare e i soldi dell’Europa sono stati spesi poco e male. Basti pensare che del quinquennio della gestione dei Fondi comunitari dell’epoca De Filippo su 2,5 miliardi solo il 25% sono stati spesi e polverizzati in micro progetti ancora una volta di chiaro stampo clientelare e senza visione e costrutto. La gestione di Pittella appare in sconcertante e drammatica continuità con la precedente. Stiamo parlando di cifre colossali se commisurate al territorio e alla popolazione lucana che rappresenta meno dell’uno per cento della popolazione nazionale. E’ come se il governo nazionale avesse avuto a disposizione nello stesso periodo una somma cento volte superiore ossia 2700 miliardi di euro per lo sviluppo, ossia una cifra pari all’intero debito pubblico italiano!

La lettura del riquadro a pagina 22 sull’impatto sul Pil delle attività estrattive in Basilicata è sconcertante. Si afferma che l’attività estrattiva è in contro tendenza rispetto al resto dell’industria e che senza l’incremento dell’attività estrattiva il calo del 15% delle attività industriale del periodo 2011-2012 sarebbe ulteriormente calato di un altro 0,5%. Ridicolo! Forse sfugge ai redattori del report che nella visione di Mattei il petrolio serve proprio per realizzare le infrastrutture necessarie allo sviluppo industriale e proprio in queste affermazione del local report c’è tutta l’evidenza del fallimento dell’esperienza estrattiva dell’Eni in Basilicata. Per inciso a pagina 91 del report viene riportata la fiscalità generale delle attività estrattive. Basta fare qualche conto per calcolare che a fronte degli 1,3 miliardi di euro versati dall’Eni alla regione ben 13 miliardi sono stati versati dall’Eni alle casse dello Stato. Lascio ad ogni lettore le considerazioni del caso a partire da quali siano le infrastrutture fatte dallo Stato Italiano per lo sviluppo della Basilicata.

Qualità dell’aria. Da pagina 44 a pagina 46 del report ci sono molti grafici sulla qualità dell’aria rilevata in Val D’Agri dalle stazioni di monitoraggio dell’Eni. Anche qui sorgono alcune domande spontanee. La prima è perché mai dovremmo fidarci del monitoraggio dell’Eni? Insomma ormai credo che tutti condividano, almeno nei Paesi civili, la necessità che tra controllato e controllore ci sia una netta separazione e interessi concorrenti. Dove sono i dati pubblici rilevati da enti pubblici? E’ sufficiente il monitoraggio su un’area molto limitata (solo dieci km per dieci km) rispetto al territorio della Val D’Agri tenendo conto che gli inquinanti si propagano per decine di kilometri? Per quale motivo, se non il Centro Oli di Viggiano, la Val D’Agri produce inquinamento in misura paragonabile a quello di città come Napoli, Genova, Taranto? Mi sembra che si tratti di una implicita ammissione di come l’unica industria presente nella zona (il Centro Oli di Viggiano) inquini come intere città con presenza significativa di industrie inquinanti. Il report ci dice che sono stati istallati anche 8 nasi elettronici, fotografati a pagina 52 del report e posizionati più o meno ad un metro di altezza dal suolo, per rilevare sostanze “odorigene”. L’altezza delle colonne di flaring e degli altri camini del centro oli mi sembrano molto elevate, di proposito elevate, per disperdere gli inquinanti nell’aria. Credo che i nasi elettronici, posizionati ad altezza “ru cul’ ri vacc’” (per i redattori del report Eni “ru cul’ ri vacc’” significa “del culo delle vacche”) siano in grado di rilevare una unica sostanza “odorigena”: “u’ pirit’ r’ vacc’” (sempre per i redattori dell’Eni “pirit r’ vacc’” significa scorreggia di vacca). Mi permetto di chiedere ai signori redattori del report cosa sia l’insopportabile sostanza odorigena (da noi si chiama puzza!) che sento la sera o la mattina presto in alcuni giorni dell’anno dal mio balcone della casa di San Chirico Raparo quando questo si trova sottovento al centro oli: “pirit r’ vacc’”?

La sdolcinata propaganda dell’Eni. Sono tante le cose che vorrei ancora chiedere all’Enima ci vorrebbe veramente un contro report redatto seriamente invece di quello di sdolcinata propaganda prodotto dall’Eni ma visto che nel report c’è una lunga e rassicurante dissertazione sui rifiuti prodotti dall’attività Eni e sul loro trattamento io per essere rassicurato vorrei semplicemente avere contezza e pubblica evidenza delle indagine della procura di Potenza sul trattamento dei rifiuti Eni fatto nella struttura di Tecnoparco e della perizia fatta dal chimico Mauro Sanna. Processo e indagini su cui l’opinione pubblica ha pochissime informazioni. Altro che osanna! Tra l’Eni e le inutili passeggiate propagandistiche sulla spiaggia di Policoro di Marcello Pittella sento solo un insopportabile olezzo di gas metano … ‘pirit ri vacc’, appunto!

Pietro De Sarlo