Intercettazioni: bufala, segreto istruttorio o acquisizione illegale?

21 luglio 2015 | 12:05
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Intercettazioni: bufala, segreto istruttorio o acquisizione illegale?

Intercettazioni telefoniche ed ambientali: un problema spinoso e da tempo allo studio della politica. In assenza di una chiara regolamentazione circa l’acquisizione e l’utilizzo, ecco che di tanto in tanto scoppia il caso. Oggi Sicilia sotto i riflettori. L’Espresso pubblica il testo di un’ intercettazione telefonica nella quale il medico personale di Rosario Crocetta – Matteo Tutino – avrebbe pronunciato la frase “ Lucia Borsellino va fatta fuori come suo padre”. Scatta la gogna mediatica e politica contro il Governatore siciliano. Bene, ma al di là del giudizio etico circa il contenuto della frase che, se pronunciata, sarebbe da condannarsi senza dubbio alcuno, il vero problema è un altro che, con il trascorrere delle ore, alimenta il mistero. Chi ha disposto l’intercettazione? Secondo l’Espresso l’intercettazione è oggetto di indagine investigativa disposta dalla Procura di Palermo in procedimento “correlato e secretato”. La Procura di Palermo in più dichiarazioni ufficiali nega l’esistenza agli atti dell’intercettazione oggetto di diffusione. Tanto dovrebbe bastare per chiudere il caso: trattasi di bufala. E invece no. Qualcosa evidentemente non quadra. Il direttore del rotocalco insiste “l’intercettazione c’è, è stata ascoltata e verificata”. A questo punto c’è da porsi qualche quesito tenendo ben chiaro quanto dispone la legge in tema di intercettazioni: Se esiste un’indagine inerente e non ancora conclusa, come sostenuto da l’Espresso è chiaro che qualcuno dei pubblici ufficiali preposto alle indagini ha violato l’art.326 c.p. che recita: “Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni” ne consegue che la Procura dovrebbe immediatamente avviare un procedimento penale d’ufficio nei confronti del pubblico ufficiale che ha rivelato la notizia e poi nei confronti del rotocalco per aver contravvenuto all’art. 114 c.p.p. che recita: “E’ vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto”. Ma se la Procura, ad oggi, non ha formalmente avviato nessun procedimento e di contro si continua a sostenere l’esistenza dell’intercettazione pubblicata al punto da trarne conseguenze politiche come di fatto è avvenuto, allora l’intercettazione c’è ma è stata illegalmente acquisita o non autorizzata dalla magistratura. In tal caso si è violato l’art. 617 c.p. che recita: “ Chiunque, fraudolentemente prende cognizione di una comunicazione o di una conversazione, telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o comunque a lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”. Si precisa che il reato è perseguibile da parte della persona offesa quindi nel caso in questione Crocetta dovrebbe sporgere querela. Di conseguenza la Procura secondo quanto dispone la legge n. 281 del 2006 , acquisita da chi detiene la documentazione illegalmente formata, ne dovrebbe disporre l’immediata distruzione, vietando di eseguirne copia in qualunque forma. Di tutto questo ad oggi non se ne fa menzione e quello che dovrebbe essere un caso dalla semplice soluzione legale diviene un caso politico, il tutto senza accertare realmente tre cose: se l’intercettazione esiste davvero; da chi è stata disposta e assunta; chi ne trae vantaggio dalla diffusione. In assenza di investigazioni in tal senso sorge un atroce dubbio: forse si è voluto creare un caso politico per defenestrare un Governo, scomodo o semplicemente antipatico, se pur democraticamente eletto. Rivolta l’Italia che ha a cuore l’alto principio della Libertà e della Giustizia non può rimanere in silenzio ma esige dalle Autorità preposte delle risposte chiare. 

Avv. Dina Sileo Presidente Rivolta l’Italia di Basilicata